È tardi

Esco dal parcheggio di Piazza Meda a Milano e mi immergo nel traffico caotico e complesso della fine della giornata lavorativa.

Osservo le persone all’interno degli abitacoli dei loro veicoli. Facce scure, sguardo vacuo, sorrisi tirati, poca felicità. Mi sembra.

I passanti non sono poi molto diversi. Molti di loro con il volto illuminato dal bagliore dello schermo del loro smartphone. Il timido tentativo di fare svoltare la giornata. La speranza di una serata migliore. La possibilità. finalmente, di un sorriso, di un morso di felicità.

Lentamente mi muovo nel traffico e l’entrata dell’autostrada è sempre più vicina. Comincio a spostarmi con maggiore velocità. Il paesaggio si dirada insieme al traffico.

Da lontano cominciano a comparire le montagne. Le cime sono già innevate. Spingi leggermente sull’acceleratore e loro si fanno più vicine. Il trillo del Telepass risuona nel silenzio e realizzi che sei vicino a casa. Ancora pochi chilometri e comincerai a vedere il lago.

Sì, eccolo. È alla mia destra e la sua superficie riflette le luci della sera. C’è la luna all’orizzonte. Questa sera è piena.

Arrivo a casa e, mentre il cancello si apre, volgo lo sguardo dietro di me e osservo il lago. Lascio l’auto nel parcheggio e salgo in ascensore. Un ascensore moderno, ma lento. È come se volesse darti il tempo di staccare da quello che c’era prima. Le porte si aprono e mi incammino verso la porta di casa.

Incontro i miei vicini e mi fermo a scambiare qualche parole. Parole convinte, non di cortesia. Un “come stai?” che suona vero, interessato, consapevole. La dimensione di questo piccolo paese mi affascina. Mi riporta a quando ero piccolo e ci si conosceva tutti. Ecco, qui è come allora. Sono diventato amico di diverse persone in questi pochi mesi di permanenza e la cosa mi rende felice. Una dimensione umana che avevo dimenticato.

Entro in casa. I miei sistemi si sono già accorti che sono arrivato. Le luci si sono accese e una delle mie playlist preferite è partita e già riempe il silenzio della casa. Sono le mie cose quelle che ho intorno. Quelle che ho scelto io e che mi piacciono.

Lascio lo zaino e la giacca recuperando sigarette e accendino.

Scendo le scale e apro la porta finestra che mi porta in giardino. Spengo le luci e mi accendo una sigaretta. Mi gusto il primo tiro. Profondo e gustoso.

Appoggio una spalla allo stipite e chiudo gli occhi.

Si sente il rumore delle onde che sbattono sulla chiglia di una barca. Il resto è silenzio.

Pace. Finalmente.