La solitudine del panino

Chi fa un lavoro come il mio si ritrova spesso fermo in un’area di servizio per addentare un panino e rimettersi in viaggio per l’appuntamento successivo.

Considero le aree di servizio come dei non luoghi di una tristezza assoluta e per questo motivo tendo a rimanerci il meno possibile. Spesso evito anche di pranzare o cenare per riuscire ad evitarli.

Al di là della fauna peculiare che li frequenta, tra cui non possiamo non annoverare anche il sottoscritto ciò che mi rende profondamente triste è la qualità di ciò che viene offerto. Attenzione, qualità espositiva, non di materie prime di cui non saprei dirvi proprio nulla.

Oggi a mezzogiorno mi sono nutrito con il grande classico: Camogli e acqua naturale.

Il Camogli è una istituzione per chiunque frequenti le aree di servizio appartenenti ad una notissima catena. E’ come la torta di mele di Nonna Papera o l’hamburger di Poldo. Ovunque lo trovi sei in quel posto. Vive solo lì, non viene esportato al di fuori della rete autostradale. Poche e rare sono le sue manifestazioni al di fuori dei caselli.

Un tempo era decisamente meglio, più accattivante, più farcito e poteva quasi piacere nella sua semplicità. Voi non lo sapete ma il panino Camogli è nato nel 1981 ed in assoluto è il panino più venduto con almeno 4 milioni di pezzi all’anno. Tanta roba.

Oggi ho contato una misera fettina di prosciutto sovrastata da due fettine di formaggio dello spessore di un foglio di carta velina. Il tutto riposto tra due sproporzionati strati di focaccia.

La solitudine del panino, davvero.

Non che i suoi colleghi di fianco brillasero maggiormente, purtroppo.

Mi sono accontentato della tradizione in attesa di tempi migliori.