La narrazione del fallimento

Mi capita ieri l’ennesimo articolo su Medium che parla della necessità del fallimento come strumento fondamentale per arrivare ad una qualche forma di successo.

Confesso che questo genere di articoli mi lascia sempre molto perplesso.

E’ innegabile il fatto che il fallimento è uno strumento utile per comprendere i propri errori e migliorare nel futuro.

La narrativa, specialmente quella Americana, dimentica un elemento fondamentale nel racconto del fallimento.

Quello che viene sempre omesso è il dolore e la frustrazione che il fallimento porta con sé. Non è affatto un elemento trascurabile.

Personalmente sono sempre stato un grande produttore di fallimenti, personali e professionali. Se da un lato è vero che mi sono sempre stati utili per comprendere i miei errori e cercare di correggerli è altrettanto vero che sono sempre stati molto dolorosi.

Questo è un aspetto che credo sia fondamentale. E’ vero che possiamo essere educati ad accettare il fallimento e trattarlo come elemento educativo. E’ altrettanto vero che è necessario educare a gestire il fallimento dal punto di vista emotivo perché altrimenti non se ne esce.

Questo aspetto è il grande assente nella narrativa del fallimento.

Ho sempre la sensazione che si tenda sempre a fare emergere sempre il lato positivo delle cose, a mostrare una scorciatoia che ci permetta di raggiungere un obiettivo in maniera più semplice.

La realtà delle cose è che spesso scorciatoie non ne esistono e, in alcune occasioni, il fallimento è una porta sbattuta in faccia senza possibilità di appello.

Qualche anno fa ho avuto occasione di pranzare con Gene Kranz, direttore di volo di tante missioni della NASA tra le quali quella famosissima dell’Apollo 13. Per curiosità chiesi della famosa frase “Failure is not an option” e mi disse che lui non la disse mai. Mi disse invece che nel caso dell’Apollo 13 nessuno si fece mai prendere dal panico, si studiarono tutte le opzioni disponibili e tra queste quella del fallimento non fu mai presa in considerazione.

La preparazione aiuta a prevenire il fallimento e, forse, aiuta a nasconderlo e a gestire la pressione.

Non sempre il fallimento può essere evitato.

Per questa ragione bisognerebbe essere preparati a gestirlo.

Photo by Maksym Kaharlytskyi on Unsplash
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Barb

Interessante! Concordo. La narrativa attorno al ‘fail fast, fail often’ e’ un po’ strampalata…come se l’iterazione fosse un loop infinito senza rebound psicologico, finanziario, temporale. E personalmente credo che non sempre failing fast corrisponda a learning fast, a volte servono multipli fallimenti per arrivare da qualche parte e il prezzo da pagare puo’ essere elevato.