Da qualche mese a questa parte mi ritrovo a frequentare il centro di Milano in maniera molto più assidua rispetto al passato. Ritrovarsi a trascorrere la pausa pranzo in un luogo che offre qualche distrazione in più rispetto alla ridente Manno comincia ad assumere un suo valore.
Dopo pranzo ho preso l’abitudine di fare una mezz’oretta di cammino per le prestigiose vie del centro.
Era davvero molto tempo che non avevo l’occasione di osservare da vicino il rutilante mondo della alta moda. Senza soluzione di continuità incontri griffe del calibro di Missoni, Cavalli, Armani e tante altre nuove di cui non avevo nemmeno conoscenza.
Confesso che il mio concetto di eleganza è probabilmente rimasto ancorato al passato. La mia alta uniforme consiste tuttora in un abito a tre bottoni stirato a due, una camicia bianca od azzurra con polsino alla Francese, accessori coordinati con calzini e cravatta e quest’ultima tendenzialmente di Marinella in colori scuri. No big deal.
Oggi facendo scorrere il mio sguardo sul contenuto delle vetrine ho provato a verificare come i grandi stilisti immaginano io debba vestire. Una sola osservazione: “Ma che davero?”
Non sono una grande frequentatore delle notizie e dei trend dell’alta moda ma in questi anni qualcosa deve essere andato decisamente storto.
Ho sempre rifuggito le camicie slim fit, come va di moda chiamarle ora, ma queste non sono camicie slim fit, sono uno strumento di tortura degno della Santa Inquisizione. Dubito che si possa respirare quando indossi una di queste. Al massimo puoi boccheggiare.
Sul colore delle camicie non mi pronuncio. Il bianco e l’azzurro sono banditi da qualsiasi proposizione ed offerta. Sembra che tu debba essere coloratissimo a tutti i costi.
Lo stesso principio si applica ai pantaloni. Strettissimi! Ora, io laggiù ospito qualcosa a cui tengo molto e a cui sono molto affezionato. L’idea di costringere il mio impianto idraulico in un pantalone così stretto non mi attira affatto, senza considerare il fatto che mi verrebbe una voce che Farinelli, lèvati.
Le cravatte sono altrettanto terrificanti e sembrano una esplosione sulla tavolozza di Picasso, lui di per sé già abbastanza complesso in termini di colori.
Anche il tema delle scarpe risulta essere particolarmente articolato. Enorme varietà di stili che non conosco. La zeppa va, comunque, per la maggiore. Il problema è che per portare una zeppa io dovrei probabilmente allenarmi tanto quanto mi servirebbe per attraversare un dirupo su una fune tesa tra le due sponde.
Abbandonando il classico e passando al casual, noto questo stile post-atomico che mi crea una certa ansia. Il suo opposto pare essere altrettanto di moda. Stile minimalista assoluto con orli grezzi, colli alla coreana e colori tenui. Niente da fare. Anche sul casual non ce la facico.
Non mi azzardo nemmeno a parlare di quando è destinato alle signore perchè non è davvero il mio campo.
Guardo queste vetrine e poi mi guardo intorno. In fondo sono tutti vestiti come me. Rivolgo di nuovo il mio sguardo alla vetrina cercando di sbirciare all’interno. Dentro ci sono davvero dei clienti, e credo anche che stiano comprando.
La mia curiosità mi spingerebbe a fermarli all’uscita del negozio e chiedergli quando li mettono quesi vestiti.
Mi astengo perchè di sta facendo tardi.
Insomma, io non ho idea di come questi pensano io mi debba vestire ma credo proprio che, per il momento mi tengo stretti i miei vestiti.