Chiunque si ritrovi tra le mani una qualsiasi carriera professionale si ritrova, prima o poi, a pensare come sarebbe la sua vita se si trovasse a posare le sue terga sulla sedia di un amministratore delegato di una grande azienda del suo settore.
Dai, confessate. Lo avete fatto anche voi. Non c’è niente di cui vergognarsi.
Io confesso che in passato ho avuto delle fantasie, non erotiche, pensando di ritrovarmi ad essere amministratore delegato di Apple. In passato ho pensato anche a Nokia, giuro.
Posso, invece, affermare con tutta onestà che non vorrei mai essere amministratore delegato di Samsung.
Tu sei lì che amministri al tua bella multinazionale e le cose tutto sommato vanno bene. Per qualche semestre sei tra i primi player del mercato, in altri momenti sei secondo ma la verità è che gli azionisti sono contenti.
E per una trasposione del detto “Se mia moglie è contenta, io sono contento” pensi che “Se gli azionisti sono contenti, io sono contento”.
Una sera stai per andartene a casa dopo una dura giornata di lavoro quando qualcuno ti dice che dovresti guardare quello che sta dicendo un ex hippie californiano che mai nella sua vita si è occupato di telefoni cellulari.
Lo vedi sul palco che racconta ad una folla di fedelissimi che è arrivato il momento di cambiare le regole del gioco.
In fondo tu non ti preoccupi più di tanto. Ma chi sarà mai questo occhialuto spilungone che vuole entrare in un mercato difficile, complesso e sostanzialmente governato dalla tirannia delle compagnie telefoniche.
Già te lo vedi negoziare con l’amministratore delegato di quella grande compagnia telefonica che vuole un telefono verde fluo giusto perchè la sua amante si è colorata le unghie di quel colore la settimana prima.
Purtroppo per te non è così. Sono passati dieci anni e loro hanno venduto un miliardo di telefoni, hanno in banca 230 miliardi di dollari in contanti e ti hanno preso a schiaffi tanto che hai acquisito una azienda che produce crema idratante per curarti l’irritazione sulle guance.
In realtà hai provato a reagire e, diciamocelo, sei stato anche bravino. Negli ultimi due anni ve la giocate come numeri sebbene ci sia ancora molto da fare in termini di iconicità dell’azienda.
Gli azionisti si sono ripresi dallo shock e sono tornati a sorridere.
Sai che il tuo grande rivale sta per annunciare qualcosa di nuovo e tu lo anticipi. Chiami tutti i giornalisti in riunione offrendogli un buffet luculliano e annunci il tuo ultimo prodigioso prodotto.
Confesso, ho lavorato per molti anni in questo settore e ti confesso che io lo comprerei. Hai fatto un grande lavoro e sono davvero molto contento per te.
Almeno questa sera non ti ritroverai a piangere da solo davanti allo specchio del bagno come se ti avesse lasciato la tua prima fidanzata del liceo.
Senti il tuo telefono squillare.
Rispondi.
All’altro capo del telefono c’è un dipendente della tua azienda che è stato incaricato di chiamarti per darti una brutta notizia. E’ un kamikaze estratto a sorte con la tecnica dei legnetti. Nessuno voleva darti questa notizia.
Dipendete: “Capo…”
CEO: “Si?”
Dipendente: “Pare che il nostro ultimo prodotto esploda nelle mani dei nostri clienti….”
Segue silezio imbarazzato. La mentre del CEO fatica a razionalizzare l’informazione.
CEO: “Come?”
Dipendente: “…. Si… Pare che qualcuno abbia commesso un errore nella progettazione della batteria e questa esplode o, nella migliore delle ipotesi, prende fuoco.”
Ora io mi vedo il CEO che reagisce come Alex Drastico quando diventa consapevole del fatto che qualcuno gli ha rubato il suo motorino.
CEO: “Ma chi? Ma come? Ma che c….”
Ovviamente nel suo interloquire il dipendente ha saggiamente usato la locuzione “qualcuno ha commesso un errore”… non sono stato io… io ti sto solo rendendo nota la ferale notizia. Non c’entro nulla. Io mi ero occupato solo del buffet. Sono avanzate anche due tartine.
Così, dopo una rincorsa durata anni, quando ti trovi a pochi passi dall’affiancare il tuo più agguerrito avversario nella finale dei 100 metri alle olimpiadi, ecco che inciampi e cadi. Malamente.
E alla fine ti ritrovi davanti al tuo specchio a piangere, come negli ultimi dieci anni. Nulla è cambiato, si ricomincia, e gli azionisti non sono contenti.