Oggi sono andato a fare degli acquisti in un supermercato. Arrivato alle case avendo dimenticato a casa le buste riusabili ho dovuto chiedere delle buste alla cassiera. I fighetti queste buste le chiamerebbero shopper.
Mi sono state consegnate queste buste biodegrabili e compostabili fatte di Mater-Bi, un derivato del mais.
Siamo tutti daccordo che le vecchie buste di plastica fossero una potentissima arma non convenzionale contro l’ambiente ma queste che mi hanno consegnato sono uno strumento perfetto contro il mio quieto vivere.
La prima considerazione che faccio è che queste buste della spesa sono più piccole e più costose delle precedenti. Direi che le motivazioni sono due. Credo che siano più piccole semplicemente perchè la resistenza del materiale è inferiore alla comune plastica. Il costo credo che sia diretta conseguenza della scelta del materiale.
Per quanto attiene al costo diciamo che sono più che disposto a sostenerlo se si tratta di salvaguardare l’ambiente. Per le dimensioni mi posso adattare anche se la capacità delle mie mani di portare dieci sacchetti è prossima al limite naturale dell’arto.
La seconda considerazioni riguarda il fatto che lo spessore di queste buste è inferiore a quello della carta velina. Si rompono solo a guardarla di traverso da lontano.
Questo fatto è aggravato dal fatto che il packaging della maggior parte dei prodotti sembra non curarsi affatto di questo problema. Basta un prodotto la cui confezione abbia una parvenza di spigolo vivo e addio borsa. Si apre istantaneamente uno squarcio.
Io credo che si debba ripensare in toto il tema del packaging in modo che sia l’intero sistema ad avere un approccio strutturato alla salvaguardia dell’ambiente da un lato e alla esigenza di evitare rotture di palle agli utenti. Credo che sarebbe un perfetto esempio in cui il Service Design potrebbe dire la sua.
Tutto questo per dire che ho rovinosamente sparpagliato un chilo di mandarini sul pavimento del centro commerciale a seguito della rottura di una delle buste.