Data la posizione che ricopro in Sketchin mi capita spesso di incontrare persone che ricoprono posizioni apicali all’interno delle loro organizzazioni. In questi incontri mi lascio sempre andare all’ascolto ed all’analisi del loro approccio nei confronti del lavoro che svolgono.
Una delle cose che mi colpisce maggiormente, in negativo, è l’uso della espressione “Le mie persone”.
Quando la sento proferire la tentazione è sempre quella di rivoltare gli occhi ed esclamare “Vade retro!”.
Ora se da un lato è vero che molte aziende sono organizzate come un esercito è altrettanto vero che lo schiavismo, ed il possesso di schiavi, è stato abolito parecchio tempo addietro.
Quando parlo del mio lavoro con altre persone del mio lavoro il mio approccio è sempre quello dell’understatement. Generalmente dico sempre che “Mi occupo di design per uno studio Svizzero.”. Non sento la necessità di fare show off del mio job title. Se la persona con cui sto parlando ne vuole sapere di più c’è Google pronto a dargli una mano.
Allo stesso modo io parlo sempre “delle persone che lavorano insieme a me.”
In fondo siamo tutti sulla stessa barca.
La metafora più prossima è quella dell’orchestra sinfonica. Tu potrai anche essere il migliore direttore d’orchestra dell’universo creato ma la bacchetta con la quale dirigi non produce alcun suono. Senza i musicisti non saresti in grado di eseguire nessun pezzo. E loro sono i musicisti che suonano con te, non sono “i tuoi musicisti”.