Sono le otto e trenta del mattino. Il cielo è nuvoloso e dal lago arriva un venticello freddo che fa dimenticare di essere già stati raggiunti dalla primavera. Sono in giardino a bere il primo caffè della giornata. Aspetto Beatrice. Abbiamo bisogno di comperare delle cose al supermercato.
Lo chiamano centro commerciale, e forse lo è davvero in relazione alle piccole dimensioni di tutto ciò che contorna il lago. In realtà ci sono pochi negozi e la varietà di scelte possibili è decisamente modesta.
Facciamo i nostri acquisti di generi alimentari e lascio che lei entri in libreria a scegliere le sue prossime letture mentre io mi dirigo verso la macchina per riporre i nostri acquisti.
Un macchina con targa Svizzera non si ferma per lasciarmi attraversare sulle strisce pedonali. E’ una BMW serie 5 grigia. Lui sulla cinquantina alla guida, lei un pochino più giovane occupa il sedile del passeggero. Nessuno dei due sorride. Entrambi hanno lo sguardo rivolto in avanti e ho come l’impressione che vivano in due mondi diversi.
Lui procede lentamente con la sua macchina. Sta cercando un parcheggio. Mi guardo intorno. C’è una quantità di posti liberi enorme data l’ora. Non sembrano piacergli. Alla fine si ferma poco più in là rispetto al passaggio pedonale. E’ un’area di passaggio e non è certamente segnata come area di parcheggio. Eppure ha il grande vantaggio di essere a pochi metri dall’ingresso del supermercato.
Ed alla fine rimane fermo lì noncurante del fatto che sta rompendo le scatole al transito delle altre vetture.
Lei scende dall’auto, apre il bagagliaio e ne tira fuori una quantità enorme di buste. Sta andando a fare la spesa al supermercato forte del fatto che i prezzi Italiani sono più vantaggiosi di quelli Svizzeri.
Si avvia lentamente verso la fila dei carrelli e ne estrae uno. Lui spegne la macchina e lei si avvia verso l’ingresso del supermercato. Lui non scende dall’auto. Abbassa il finestrino e si accende una sigaretta. Sarà solo lei a riempire il carrello di ogni ben di Dio, fare la fila alla casa, pagare e tornare all’auto per poi mettere ogni busta dentro il bagagliaio.
La osservo in volto mentre varca la soglia del supermercato. E’ scura in volto, nessun sorriso. Potrei dire che è triste. Forse scocciata. Probabilmente annoiata da questo rito che si ripete ogni sabato mattina e che deve sempre celebrare da sola.
Scuoto la testa.
Raggiungo Beatrice in libreria dove cominciamo a viaggiare in una infinità di mondi possibili fino al momento in cui non ne scegliamo qualcuno nel quale trascorreremo i prossimi giorni.
Sorridiamo.
Siamo felici. Noi.