Sono le sette e quaranta del mattino. In realtà sono le otto e quaranta ma questa notte è scatta l’ora solare.
Sono ancora in uno stato dì dormiveglia ma sento che i bambini e mia moglie si stanno già preparando per la colazione.
Siamo in vacanza a Treia, nelle Marche. Ci veniamo ogni anno in questo periodo. Come sempre siamo scesi in un agriturismo in campagna. Quella casa di pietra con centinaia di anni di storia ci ha sempre infuso grande sicurezza e la pace della campagna grande tranquillità.
Non ho ancora voglia di alzarmi. Il tepore delle coperte mi trattiene.
I mobili della stanza cominciano a tremare, la testiera del letto sbatte contro il muro.
In un primo momento lentamente e poi sempre più forte, più forte, più forte.
Il terremoto. Non quello di cui sento parlare alla televisione o di cui leggi sui giornali. Il terremoto, quello vero. Quello che sta capitando a te ed alla tua famiglia.
Balzo giù dal letto con una lucidità che mai mi sarei aspettato in momenti come questo.
Tutto si muove, tutto oscilla. Il lampadario della stanza sbatte contro le grandi travi del soffitto.
In stanza cadono i primi calcinacci.
Spingo tutti fuori dalla stanza e li faccio stare sotto una possente architrave.
Cadono altri calcinacci. La polvere di gesso dell’intonaco ci entra negli occhi.
Continua, continua, continua.
Tutto trema ed io mi auguro che chi ha costruito questa casa sia stato uno che sapeva il fatto suo.
Siamo al primo piano. La scala è troppo lontana e tutto si sta ancora muovendo.
Guardo i bambini che si sono affidati completamente a noi e che sono avvinghiati ad Elisa.
Dura quella che mi è sembrata essere una eternità. Non finiva mai.
Non appena il tremore della terra si placa scendiamo ed usciamo all’aperto. È una calda mattina di Ottobre.
Guardo l’esterno della casa e vedo i danni sull’intonaci ma tutto il resto sembra non avere riportato gravi danni.
Da quando è successo la terra continua a tremare. Anche ora mentre sto scrivendo ho sentito un’altra scossa. Perfettamente percettibile.
È qualcosa che ti rimane dentro e che fa rimanere sempre all’erta.
Scoprirò più tardi che l’epicentro era a cento chilometri da qui. Molto, troppo vicino.