Ci sono delle parole che già solo nel loro suono mi affascinano.
Trementina. Provate a pronunciarla ad alta voce e capirete quello di cui sto parlando. Non è una parola assolutamente evocativa.
Ultimamemte mi è capitata di leggerla in un romanzo ed erano anni che non capitava sotto ai miei occhi. Certamente parola di uso non comune che difficilmente corri il rischio di incontare nelle tue conversazioni quotidiane.
Mi piace il suo suono e come scorre sulla lingua.
Il suono stesso lo trovo evocativo di grandi sconvolgimenti. Non so per quale ragione ma mi immagino una sostanza tormentata, in continuo cambiamento e adattamento. Instabile e dall’odore forte.
Che bello avere il tempo di potersi soffermare su una parola e lasciarsi trascinare dal fascino della sua orgine e dal suo significato.
“Dal latino therebenthina, che trae da terebinthus (terebinto).”
“terebinto: dal greco tereb-inthos e più anticamente Terminthos.”
Questa parola è che ti trascina con forza in un contesto totalmente analogico fatto di tela e di colori, di odori e di tratti su uno spazio bianco. C’è questo contrasto tra il pulire il pennello con la trementina al termine di una giornata spesa su una tela e il suo contraltare digitale. Due mondi diversi, ognuno con la sua grande dose di fascino e di creatività.
Ecco, io con queste cose ci potrei perdere delle giornate.