In questi ultimi anni frequento con una certa costanza, ed un certo fastidio, LinkedIn. LinkedIn rimane praticamente l’unico luogo digitalmente sociale che frequento. E’ il luogo dove scrivo questi miei sproloqui senza soluzione di continuità.
Negli anni mi hanno stupito molte cose di LinkedIn:
- Per quanto si possa provare a cercare in profondità, su LinkedIn sono tutti geni, spesso incompresi, nella loro professione. Davvero, fateci caso. Tutti, me compreso, appaiono come l’emblema del successo e fratelli di sangue dell’oracolo di Delo. Non c’è un cretino nemmeno a pagarlo oro colato.
- La maggior parte di coloro che hanno un job title eclatante ha seri problemi di muscolatura del collo. Tutti sostengono il mento con la mano. Evidentemente, il mento, non riesce a sostenersi da solo. L’alternativa è la posa di tre quarti con le braccia conserte… Non commento.
- Tutti commentano su tutto, spesso prendendosi a pesci in faccia. La tua professione è quella di Direttore delle Risorse Umane? Nulla ti vieta di disquisire di fisica nucleare con un altro tizio che ha una laurea in fisica, una in matematica ed un PhD.
- Corollario al punto di cui sopra sono quelli, e quelle, che scambiano LinkedIn per Tinder. Caratteristica principale dei soggetti è di avere la delicatezza, ed il buon gusto, di un aborigeno. E questo con tutto il dovuto rispetto per l’aborigeno.
- I CEO che postano foto di quando vanno a fare la spesa e si confondono con gli “inferiori”, per citare Fantozzi.
- Quelli che pensano di essere una succursale della Doxa e che lanciano un sondaggio dietro l’altro, tutti senza alcun senso per lo più.
- Quelli che ti scrivono offrendoti un lavoro come Junior Agile Coach senza avere notato che il mio lavoro attuale è quello di Giovane Marmotta. Ops, General Manager. Oh, intendiamoci, io sono perfettamente certificato e se mi dai anche solo lo stesso stipendio che percepisco adesso io vengo subito a fare l’Agile Coach.
- Quelli che ti scrivono storpiando il tuo nome. Che peste vi colga. Troppi segnali negativi. Record consegnato ad una HR Business Manager che è riuscita a sbagliarlo per tre messaggi consecutivi nonostante i mie vani tentativi di correggerla. Per fortuna si accorse dell’errore e si congedò con “La ringrazio ma non ce la posso fare.”
- Quelli che scambiano i commenti con su un campo di battaglia dal quale si deve necessariamente uscire vincitori.
- Quelli che ti chiedono un collegamento e dieci secondi dopo che tu hai accettato provano a venderti qualcosa. Aggravante il fatto che provi a vendermi qualcosa che non ha nulla a che fare con la mia vita professionale. Storico il tentativo di un account manager di una azienda cinese che voleva vendermi un servizio per la produzione di PCB. Ma me lo dici che cosa ti fa pensare che un pinguino che si occupa di design possa avere bisogno di un circuito stampato?
- Quelli che si propongono per una posizione lavorativa e ti mandano una foto senza veli insieme al curriculum. Sì, mi è accaduto veramente.
- Quelli che si propongono per una posizione lavorativa ma che vorrebbero approfondire con un pranzo di lavoro ma aggiungono “ma solo per un pranzo di lavoro!”. Ora, mia cara, non ho idea di quali personaggi tu abbia avuto la sfortuna di incrociare nel tuo percorso professionale ma dire che nel caso specifico non lo stai facendo bene. In primo luogo va detto che ogni volta che pubblichiamo un annuncio di lavoro riceviamo tra le cento e le duecento candidature. Se vengo a pranzo con te devo anche andare a pranzo con tutti gli altri per un criterio di equità. Questo significa che dopo sei mesi avrei bisogno di un trapianto di fegato, cosa che tenderei ad evitare. In secondo luogo per quale motivo pensi che io possa chiederti qualcosa in più oltre al pranzo? No, ditemi, rappresento l’immagine del satiro assatanato nel mio profilo LinkedIn. Fatemi sapere, che nel caso prendo provvedimenti. E comunque sì, mi è accaduto anche questo.
E comunque, evviva LinkedIn!