Credo che sia per via del lavoro che faccio. Dopo avere partecipato direttamente, od indirettamente, a così tante attività di ricerca con degli essere umani non posso mai fare a meno di osservare il comportamento delle persone.
Se questo avviene per un motivo professionale il contesto è molto ben definito. Li osservi utilizzare un prodotto od un servizio ed il gioco finisce lì.
Se, invece, mi trovo in uno spazio pubblico con del tempo a disposizione il discorso cambia radicalmente. Può succedere nella lunghe di un aeroporto, in stazione, mentre sono in coda da qualche parte aspettando il mio turno.
Il mio sguardo si muove sull’insieme delle persone che mi circondano. In maniera molto discreta le osservo. Come si vestono, la loro postura, il modo di parlare. E poi succede qualcosa. Un gesto od una frase che cattura la mia attenzione e fa scattare un meccanismo generativo nel mio cervello.
Comincio ad immaginare quale sia la sua storia passata, che cosa lo porta in quel luogo, quali sono le motivazione che lo fanno muovere in un certo modo o scegliere determinate parole. Al termine di questo processo molto spesso rido di me stesso perché sono in grado di costruire delle storie assolutamente improbabili. Durano lo spazio di qualche minuto e poi scompaiono nel nulla dal quale sono nate.
E’ un peccato. In qualche modo credo andrebbero salvate in un bestiario immaginifico di personaggi improbabili. Potrebbe essere una parte interessante di questo esperimento sebbene violerebbe una delle regole fondamentali: scrivere di getto senza pensarci troppo. Una storia come quelle andrebbe ben studiata, pensata, costruita per essere davvero riportata nella sua essenza.
Vi capita mai di fantasticare in questo modo?
E poi, è vero. Mi capita molto spesso anche con i clienti.