Quando ho aperto gli occhi questa mattina albeggiava e dietro le montagne sembrava volersi affaciare il sole. Giusto il tempo di fare una doccia ed è cominciata una pioggia insistente.
Quella pioggia inclinata dal vento che ti bagna anche se hai un ombrello. Io in realtà l’ombrello non lo uso mai perché mi infastidisce. Preferisco una bella giacca ed un cappello, magari con una foggia d’altri tempi.
E’ sempre stato così. Ricordo in occasione di uno Smau una pioggia del tutto simile, forse un pochino più insistente. La giornata di esposizione era finita ed io avevo appuntamento con la mia fidanzata di allora.
Ero fermo ad un semaforo ed al mio fianco si era fermato un altro ragazzo. Ci siamo guardati negli occhi ed entrambi abbiamo notato che nessuno di noi aveva un ombrello. Il semaforo è diventato verde e ci siamo messi a camminare per attraversare la strada. Entrambi con un passo normale, come se non ci interesse granché della pioggia. Ci guardiamo ancora negli occhi e gli dico “Anche a te non piacciono gli ombrelli?”. Lui mi ha risposto che era davvero così e che li riteneva degli oggetti inutili. Un caso.
Raggiunsi la mia ragazza e credo che già da allora cominciò ad intravedere quella leggera vena di follia che ogni tanto si manifesta in maniera più o meno evidente. Ho una memoria piacevole di quella serata. Non so per quale motivo alcuni momenti ti rimangono impressi per sempre e sembrano indelebili. Ci deve essere un significato.
La pioggia in sé non mi disturba ma, certamente, mi rende meno propenso alla comprensione della gente ed alle loro menate, sopratutto lavorative.
Guardo fuori dalla finestra e vedo il lago. Piove ancora.
Mi piacerebbe tornare a quel momento e a quel semaforo. Avere ancora quell’appuntamento e non perdere una occasione.
Cerco questi minuti di evasione da una giornata uggiosa e noiosa. Scrivo senza dare grande importanza alla sequenza ma lasciando semplicemente andare le dita sulla tastiera.
Forse questo non lo dovreste leggere. Non possiede grande significato.