Io porto al polso un orologio Garmin Fénix 6. L’orologio registra il mio battito cardiaco durante tutta la giornata così come il consumo di calore. Se corro sa che percorso ho seguito, il numero di passi, la cadenza, la variazione del mio battito cardiaco. Di notte registra la durata e la qualità del mio riposto. Il mio telefono è pieno di sensori. La mia casa misura in tempo reale la temperatura su tutti i piani, la luce che è presente nella stanza, l’utilizzo della corrente da parte di alcuni elettrodomestici, conosce in qualsiasi momento la stanza in cui mi trovo. Registro in tempo reale il tempo che passo in macchina, in ufficio od in qualsiasi altro luogo. La mia bilancia registra ogni giorno il mio peso ed il mio indice BMI.
Si chiama quantified self. Tecnicamente potremmo definirla la possibilità di conoscere sé stessi più profondamente grazie a sensori che misurano diversi aspetti della nostra vita.
Sono tanti oggetti diversi costruiti da produttori diversi. Faccio un rapido conto dei produttori a cui ho affidato parte dei miei dati personali: Apple, Garmin, Fitbit, Philips, Amazon, Google, Sonos, Sony, DLink tanto per citarne alcuni.
La prima cosa da considerare è che la maggior parte dei dati raccolti da questi oggetti non vive su sistemi di cui ho il controllo. Vive su sistemi che appartengono a quei produttori.
Nonostante tutte le rassicurazioni produttori non sono in grado di sapere come quei dati vengono gestiti e che uso ne viene fatto. Non ho mai speso un solo minuto del mio tempo nel leggere i termini e le condizioni legate al servizio cui mi stavo registrando per potere leggere quei dati.
Sempre di più mi sto rendendo conto che questa è una leggerezza enorme. Sto volontariamente cedendo informazioni personali, spesso relative alla mia salute fisica, in cambio della gestione di un logo di eventi di misurazione di una certa grandezza. Decisamente poca roba rispetto al vantaggio che ne ricavo.
Questo è il primo punto da considerare.
Il secondo punto da considerare risiede nel fatto che ogni oggetto che misura qualcosa ha la sua applicazione dedicata. Quindi da un lato i soggetti che posseggono informazioni su di te aumentano e dall’altro non esiste un solo luogo che centralizza queste informazioni per darti una visione di insieme.
Non ho quindi una visione del mio Quantified Self ma, piuttosto, una enorme serie di Quantified Self diversi che non si parlano tra di loro.
Comincia a venirmi il dubbio che non ne valga la pena.
Per questa ragione ho cominciato a pensare che avrei voluto avere una mia copia di quei dati. Per questo ho integrato il maggior numero di sensori si questa piattaforma: homeassistant.io
Questo è stato possibile solo per quei prodotti che espongono delle API verso l’esterno che permettano di estrarre informazioni dalla piattaforma proprietaria. Quasi tutti di quelli che ho citato lo fanno, fatta esclusione per Apple che espone poco o nulla.
Infine, è quindi circa un anno e mezzo che colleziono questi dati e, alla data di oggi, mi ritrovo con circa un centinaio di gigabyte di informazioni personali. Questa enorme mole di dati è ancora del tutto inutilizzata. Sostanzialmente sta lì a prendere polvere digitale.
Concludendo ci sono tre aspetti fondamentali da considerare:
- Per misurarci stiamo cedendo dati sensibili senza, almeno per quanto mi riguarda, avere piena consapevolezza dell’uso che di questi dati viene fatto.
- I dati sono frammentati su un alto numero di ecosistemi che non sono tra loro integrati. E’ possibile integrarli ma con strumenti che, al momento, non sono alla portata di chiunque.
- Anche ammesso che si possano aggregare questi dati non esiste alcun prodotto o servizio che possa fornire informazioni estratte dai dati che sono raccolti. Spazio di opportunità per una startup?