Antefatto: un amico lontano scrive una emerita fesseria, sessista ed offensiva, sulla ricevuta della carta di credito di un bar. Gesto decisamente inqualificabile dato il tono ed il contenuto dello scritto. Io stesso non esiterei a censurarlo e cancellare la persona dal novero delle mie amicizie se non lo conoscessi personalmente.
Anche io ho scritto e detto cose di cui mi sono poi pentito, sebbene non al livello raggiunto dalla persona di cui sto parlando.
La persona di cui sopra vive in una piccola cittadina e la destinataria del messaggio lo racconta ad una sua conoscente e le mostra il corpo del reato, la ricevuto con tanto di nome e cognome dell’autore.
Si scopre che la comunità di baristi della piccola cittadina è una piccola gilda molto ben organizzata che si dà sostengo vicendevolmente in supporto a chi ha bisogno di aiuto. Ovviamente, e giustamente, la gilda si attiva a protezione della persona offesa e viene pubblicato un post su Medium che riporta tanto di nome e cognome della persona, foto della ricevuta incriminata e località in cui è avvenuto il misfatto.
Medium stessa interviene e chiede di rimuovere il post che viola Termini e Condizioni del servizio pubblicando informazioni sensibili su una persona.
Purtroppo il post è già diventato virale e comincia a diffondere. Lo tsunami di materiale organico si sta già alzando e dopo solo 24 ore è inarrestabile.
La visibilità dell’accaduto diventa nazionale e le reazioni sono evidenti.
Giustamente le persone sono esterefatte dal comportamento della persona e tutti si ergono in difesa della parte offesa. Sacrosanto direi. Io stesso non ho esitato a confermare alla persona che è stato un gesto di maleducazione assoluta e del tutto fuori luogo per una persona della sua levatura.
Ecco, in questo preciso momento succede qualcosa di interessante.
I vari commentatori cominciano a scavare nella vita della persona. Scoprono una vicenda che riguarda una causa in corso, rilevano la lista di tutti i datori di lavoro della persona, ne scoprono i familiari ed i legami di amicizia ed intervengono direttamente.
Di questo ho evidenza diretta. La persona ha lavorato per noi in passato ed è stato un mio riporto diretto. Ricevo una mail che mi chiede se sono a conoscenza del fatto che questa persona si è comportato in questo modo. Nel caso specifico rispondo che la persona si era comportata in modo integerrimo quando era alle nostre dipendenze e che mi dispiace molto che sia comportato in questa maniera. Cosa del tutto aderente al mio pensiero. Nulla di politico in questo caso.
La cosa che mi turba è che dai commenti che vedo sui vari post su Facebook capisco che questa cosa è sistematica. C’è qualcuno che si è preso la briga di scrivere ai diversi contatti e ex datori di lavoro per raccontare loro l’accaduto e, praticamente, distruggere la reputazione della persona.
Ripeto, la reprimenda ed il pubblico ludibrio ci stanno, ma questa volontà di annientare totalmente uno sconosciuto non la capisco.
La persona si è cancellata da qualsiasi Social Media e credo che non stia passando un bellissimo periodo.
Ecco, a me questa cosa fa un pochino paura. In questo caso parte della reazione è comprensibile e giustificata ma il livello che ha raggiunto lo trovo assurdamente fuori luogo. Potrebbe accadere a chiunque là fuori anche del tutto estraneo a qualsiasi errore. Chiunque potrebbe scrivere una nefandezza sul sottoscritto e sono ragionevolemte sicuro che subirei lo stesso tipo di trattamento.
Forse questo è uno dei limiti che hanno i Social Media. Chiunque può scrivere qualsiasi cosa ed è difficile limitare o contenere una reazione spropositata. Oltre a questo rimane il marchio dell’infamia sui database di Google.
Amico mio, hai fatto una cavolata di dimensioni abissali ma credo che il prezzo che tu stai pagando sia troppo alto. Davvero.
Ti chiamerò non per farti un cazziatone per quello che hai fatto ma per capire che cosa ti ha portato a reagire in quel modo e capire se posso fare qualcosa.