6.30

Questa mattina mi sono svegliato alle 5.00. Usuale routine del mattino e poi in macchina verso l’ufficio.

Mi fermo a fare benzina e prendere un caffè.

Entro in ufficio alle 6.30. Trovo il povero Roomba spiaggiato in cucina e lo rimetto nella sua base. Sommessamente emette un suono come a ringraziarmi di questo gesto.

Guardo fuori dalla finestra. Sta albeggiando.

In ufficio tutto è fermo. Le luci sono spente e per ancora un’oretta le terrò spente. C’è un silenzio molto rumoroso che mi circonda. Mi siedo alla mia scrivania, distendo i piedi sul bordo e metto il mio laptop sulle ginocchia.

Una playlist di Spotify mi tiene compagnia e a quest’ora non ho bisogno di usare le cuffie per ascoltare la musica che mi piace.

Comincio a farmi una idea del programma della giornata e posso occuparmi di leggere qualcosa che mi interessa personalmente.

Tra tre ore la giornata comincerà ufficialmente ma in questo momento mi sembra di avere guadagnato del tempo prezioso. Del tempo solo per me che non devo condividere con nessuno se non con me stesso.

Ho cominciato ad alzarmi presto, molto presto, quando devo venire in ufficio.

Fate una prova. A me sembra di guadagnare una mezza giornata.

Michelangelo Buonarroti

Michelangelo la sapeva lunga.

Occupandosi del progetto della Basilica di San Pietro ed in particolare della revisione del progetto originale si trovò a dire di volere portare la basilica a

minor forma, ma si bene a maggior grandezza

In fondo non sta tutto in questa affermazione.

Semplice, precisa, ineluttabile.

Facile.

Cambiamenti

Tutti i cambiamenti richiedono tempo, lacrime e sangue.

Che si tratti di cambiamenti personali o professionali non fa alcuna differenza. La sostanza non cambia.

Puoi intraprendere un percorso di cambiamento per i motivi più diversi. Le circostanze possono richiedertelo, può essere qualcosa che nasce spontaneamente dentro di te o potrebbe essere qualcuno a chiedertelo. La spinta non fa alcuna differenza nella sostanza.

Il processo, perchè di questo si tratta, è un percorso, non un semplice cambio di stato che avviene dall’oggi al domani.

Il cambio di stato risiede nel prendere la decisione di volerlo fare e nel maturare la costanza necessaria per sostenerlo nel tempo nonostante tutto.

In questo genere di cambiamenti non esistono low hanging fruits. Il raccolto arriva solo alla fine della stagione e al momento della semina non sei in grado di determinare quanta maturazione sia necessaria. Devi fare un atto di fede.

Allo stesso modo non puoi avere alcuna garanzia sulla reale presenza di un raccolto o sulla sua qualità.

Fedez e Chiara

Diciamo che l’età, la disponibilità di quattrini e una naturale tendenza alla spettacolarizzazione non li aiuta particolarmente ma, personalmente, ho trovato la proposta di matrimonio tra Fedez e Chiara o, come vorrebbe il galateo, tra Chiara e Fedez decisamente triste.

Per indole, carattere e formazione non ho grande dimestichezza nella manifestazione pubblica dei miei sentimenti e, probabilmente, anche l’età non aiuta a comprendere questo fenomeno.

Detto questo mi rimane il dubbio che al di là del l’intento vero ci sia una orchestrazione funzionale alla carriera dei nostri eroi.

Una combinazione di obiettivi reali e obiettivi di marketing miscelati sapientemente.

Ma, in fondo, saranno anche problemi loro.

In verità ancora mi rode il fatto che il pinguino abbia firmato autografi solo ai possessori del suo CD. Non ci sono più le rock star di una volta.

Il miglior studio di design

Seguo pigramente una polemica che verte a stabilire quale sia il miglior studio di design al mondo.

Fregnacce.

Il mio punto di vista è molto semplice: non esiste il miglior studio di design.

Esiste il miglior studio di design per te, cliente, nel particolare momento in cui ne hai bisogno.

È funzione della tua cultura aziendale, dei tuoi processi e metodi, del tuo settore e della tua situazione sul mercato in quel momento.

Tutto il resto sono chiacchiere da bar minuti prima dell’ora di chiusura.

Palestra

La fauna della palestra è fonte di grandi soddisfazioni.

Ho cominciato a frequentare una nuova palestra e ho già identificato diverse categorie peculieri che la frequentano.

Il narcisista

Il narcisista lo riconosci subito perchò non si allontana mai più di 3 metri da qualsiasi superficie che possa riflettere la sua immagine.

Ogni due minuti di esercizi ne passa tre a rimirare i suoi progressi nello specchio e a tastarsi i muscoli in divenire.

L’afflitto da FOMO

L’afflitto da FOMO (Fear Of Missing Out) non si separa un singolo istante dal proprio smartphone. Quale che sia l’esercizio che sta eseguendo ha elaborato una tecnica per potere osservare lo schermo del suo terminale e, spesso, ha anche escogitato un modo per continuare a digitare.

Il sociale

Questa è una categoria di frequentatori che è una derivazione proveniente dagli assidui frequentatori dei bar. Non fa un singolo esercizio durante tutta la sua permanenza in palestra ma si sposta da un capannello all’altro a chiaccherare amabilmente con gli altri frequentatori.

La truccatissima

Generalmente non più giovanissima si reca in palestra truccata come se dovesse andare alla prima del Teatro alla Scala. Stupefacente il fatto che i soggetti non sudino e che il trucco rimanga intatto quale che sia lo sforzo fatto.

La crisi di mezza età

Diciamo che è la categoria cui appartengo. Attempati cinquantenni che sperano di recuperare i fast di un tempo. Li vedi arrancare sugli attrezzi traballando sulla linea dell’infarto miocardico. A mia discolpa va detto che il mio fisico tutto sommato è molto al di sopra della media della categoria.

Il modello

Caratteristica peculiare del modello è la sua acconciatura che tiene di gran conto. Non passa un minuto che non si ricordi di sistemarsi il ciuffo. Altra nota peculiare è il fatto che è completamente griffato tanto da sembrare un testimonial di brand di successo.

L’uomo che geme

È uno che tenta di superare i suoi limiti aggiungendo pesi su pesi, spesso al di fuori della sua portata. Conseguenza diretta è che ad ogni sollevamento emette suoni gutturali degni di un Orangutan.

Il professionista

Il professionista è colui che ti osserva mentre ti fai gli affari tuoi e anche se sei un ex Mister Muscolo ha sempre qualche suggerimento da darti per migliorare la postura, l’esercizio, la frequenza o qualsiasi altro parametro che coinvolga l’attività agli attrezzi.

Questo il risultato della mia prima field research in palestra. In altre occasioni potrei parlarvi dello spogliatoio maschile che è un luogo che merita altrettanta attenzione.

Esperienza, questa sconosciuta

Scopro che con il nuovo aggiornamento del sistema operativo il mio miracoloso Samsung S7 Edge supporta (alla buon’ora) Samsung Pay.

Ottimo, mi dico. Proviamolo subito.

Lancio l’applicazione sul terminale la quale ignora che in Svizzera si parla anche Italiano e per questo mi rimane solo il Francese ed il Tedesco. Scelgo il tedesco confidando nel santo traduttore di Google.

C’è un unico bottone sulla pagina. Lo premo e viene aperto il browser, sempre in Tedesco, che mi invita a registrarmi per il servizio. Ubbidiente lo faccio.

Al termine della procedura vengo ringraziato per l’operazione e vengo invitato ad attendere una comunicazione da parte di Samsung. Sì, ma come? Non viene detto. Mi auguro che le divinità ctonie che governano il servizio si prendano cura di me.

Pochi minuti dopo arriva un messaggio di posta elettronica che mi indica i passi successivi. Crea un account Samsung, apri qui, clicca là e poi lancia di nuovo l’applicazione Samsung Pay.

Rilancio l’applicazione la quale mi richiede che account Samsung voglio utilizzare. Ma come? Quello che ho usato quattro secondi fa, ovvio. No, lo devo dire esplicitamente perchè è risaputo che ognuno di noi ha almeno sette account Samsung tra cui scegliere.

A questo punto l’applicazione scarica alcuni componenti misteriori e si procede nella fase di setup. Mi viene richiesta l’autenticazione con impronta digitale, il PIN del dispositivo e mi viene chiesto di creare un altro PIN. Diciamo che data la natura della applicazione ci può anche stare ma il processo è tutto meno che intuitivo.

Alla fine, finalmente, posso registrare una carta di credito da utilizzare. Provo con la prima… niente, l’istituto non supporta Samsung Pay, provo con la seconda. Stesso risultato. Provo con la terza. Idem come sopra.

Finite le carte di credito mi ritrovo ad avere regalato a Samsung una chilata di dati personali e ad avere installata una applicazione inutile.

Ovviamente sul sito nessuna parola su quali siano gli istituti supportati da Samsung Pay in Svizzera.

Sarà per la prossima volta.

Come uccidere le buone idee alla nascita. Si fa per dire, neh.

Quasi quasi…

Quasi quasi ricomincio ad occuparmi di questo esperimento.

Dopo un paio di mesi “sabbatici” mi sta tornando la voglia di popolare questo spazio con nuove ed avvincenti fregnacce che raggiungereanno i soliti cinque lettori.

Come sempre, serve più a me che a voi.

Fatevela bastare.

Giannutri ed i 300

Qualche tempo fa avevo scritto del fatto che sull’isola di Giannutri non potessero sbarcare più di 300 visitatori giornalieri e di come questo, secondo la mia personalissima opinione, fosse già troppo.

Leggo oggi che questo limite è stato eliminato:

L’Isola non avrà più regime contingentato pertanto l’accesso sull’isola non sarà più ristretto nel periodo estivo a 300 persone al giorno. Aumentando il livello di sorveglianza infatti è venuta meno la necessità del contingentamento e delle disposizioni   ad esso connesse, misura di tutela che fu decisa nel 2009.

È quindi possibile che sull’isola arrivino molti più visitatori di quanto non accadesse in passato.

A occhio e croce non mi sembra una grandissima idea ma sono certo che un razionale ci dovrebbe essere. Mi domando quale sia.

Ho il sospetto che la naturale ritrosia dei giannutrini nei confronti dei turisti mordi e fuggi sia destinata ad aumentare. La prossima estate sarà interessante.

Amazon

Questo post non interesserà ai più ma a me ha fatto un pochino leggere del fatto che mi ha spinto a scriverne memore del mio passato remoto da sistemista.

Nota a margine: sistemista è un job title che si usa ancora o appartiene solo ai dinosauri come me?

Capita che alcuni dei servizi cloud di Amazon soffrano di gravi problemi. Problemi tanto gravi da influire sul buon funzionamento di altre aziende che dipendono direttamente dai servizi del gigante di Seattle.

Amazon è una azienda seria e dopo avere risolto il disastro racconta per filo e per segno quello che è successo, le cause che hanno generato il problema e le azioni correttive che sono state messe in atto per evitare che il problema accada di nuovo.

Per coloro che sono curiosi di conoscere i dettagli, questi possono essere letti qui.

Ecco il passaggio che mi ha fatto sorridere:

At 9:37AM PST, an authorized S3 team member using an established playbook executed a command which was intended to remove a small number of servers for one of the S3 subsystems that is used by the S3 billing process. Unfortunately, one of the inputs to the command was entered incorrectly and a larger set of servers was removed than intended.

Si è quindi trattato di un errore umano. Un ingegnere di Amazon ha lanciato un comando con un parametro errato e da questo errore si è propagato il disastro.

Questo mi fa sorridere perchè alla quasi totalità dei sistemisti è capitato qualcosa del genere. Magari non qualcosa che avesse le proporzioni di quello che è successo ad Amazon ma qualcosa di simile di sicuro.

Io ricordo una edizione di SMAU in cui l’azienda per cui lavoravo allora, ICL, doveva presentare uno dei nuovissimi “computer dipartimentali” basato su architettura Intel con a bordo un bel sistema Unix System V Release 2 un pochino rimaneggiato.

Era una gran bella macchina, parente povero del più prestigioso DRS 6000 con architettura SPARC.

Era una bella lavatrice ed io dovevo installare il babilocco in SMAU facendo sfoggio di alcuni applicativi sviluppati con MicroFocus CIS-COBOL. Parto armato di tutte le mie belle cartucce per l’installazione del software e dopo un paio d’ore la macchina è pronta per essere utilizzata. Manca un’oretta all’apertura delle porte ma ho fatto in tempo a concludere prima del tempo.

Ovviamente tutto questo lo fai da superuser e quindi sei il Dio onnipotente del sistema operativo.

Per scrupolo decido di fare pulizia in un paio di directory in cui avevo lasciato dei file temporanei che avevo utilizzato per caricare dei dati su un database di test.

Molto di fretta digito “rm -rf *”… dopo un paio di secondi mi dico “Ma quanto cavolo ci sta mettendo per cancellare tredici files”. Passano altri due secondi e scatta l’imprecazione. In tutta fretta premo CTRL-C per interrompere il disastro ma è troppo tardi. Ho cancellato tutti, o quasi, i file sul disco.

Le porte si aprono. Non mi rimane altro che spegnere il frigorifero e lasciarlo in bella vista, nascondere dietro di lui un vecchio DRS-2 che avevo portato come backup dei dati e delle applicazioni e fargli impersonare il DRS3000.

Caro ingegnere di Amazon, io il giorno dopo avevo ancora un lavoro. Mi auguro sentitamente che sia lo stesso per te.

Ti abbraccio forte.

Relatività

Passi tutto il giorno concentrato su come fare funzionare al meglio lo studio. Programmi lo sviluppo di un nuovo tool, passi quasi due ore di review sullo stato dello cose. Rivedi una quindicina di file Excel cercando di capire se quello che hai fatto è giusto oppure no.

Pensi di stare facendo la cosa più importante del mondo in quel momento.

Sali in macchina e accompagni una persona alla fermata della metropolitana. Inframezzi menate di lavoro nella conversazione e continui in quello che hai fatto tutto il giorno.

Pensi alla presentazione che devi cominciare a preparare perchè la devi consegnare domani sera.

Arrivi a casa e apri distrattamente Facebook.

Scorri le notizie distrattamente finchè non arrivi a quella immagine. È il checkin di un amico in un posto terribile e spaventoso. Nella tua testa passa una parolaccia ma non la puoi dire perchè i bambini sono a due passi. Provi a leggere i commenti. Ripensi alla stessa parolaccia almeno altre tre volte di seguito.

Gli sta accadendo una cosa brutta.

A questo punto dici a te stesso che tutto sommato la presentazione può aspettare. Io adesso vado a giocare con i miei figli.

Per fare due slide c’è sempre tempo e se non c’è, chissenefrega.

Nokia 3310

Vi siete accorti che questo terminale sta per ritornare sugli scaffali.

Dai, non può assolutamente esservi sfuggito. Internet ne è pervasa da giorni.

Tutti entusiasi e pronti a mettersi in tasca questa icona del passato. Diciamo che tutti i gusti sono gusti. Io, se dovessi scegliere, mi metterei in tasca un remake del Motorola V60i, uno dei primi terminali a supportare J2ME. Se dovessi pensare ad un terminale vintage UMTS non esiterei a richiedere una reissue del Motorola A1000 Black.

Peccato che il neo(ri)nato Nokia 3310 non sia un prodotto Nokia ma un terminale prodotto su licenza da HMD Global. Peccato che sia solo un terminale con una radio GSM e non UMTS e quindi se, per esempio, ci mettete dentro una USIM di 3 dopo 24 ore ve la disattivano.

Feature phone is the new black. Possibile.

Mi domando se questo è il principio che cosa vieta di fare diventare il vostro smartphone un feature phone. Basta disattivare la sezione dati nei vostri settings ed il gioco è fatto. Io lo faccio regolarmente quando ho bisogno di evitare distrazioni. Diciamo che molto spesso spengo proprio il telefono.

Infine il terminale verrà venduto a 49 EUR. Su ebay potete trovare dei Nokia 3310 anche a soli 7 EUR.

Insomma, a me le operazioni di questo genere possono anche piacere ma questa proprio non la capisco. Meglio, capisco l’operazione ma non capisco l’entusiasmo che ha generato.

Forse quello che è rilevanti è la riprova del potere del brand di un prodotto che rimane potenzialmente immutato nel tempo. Il che non è poco.

Perplessità

Ogni nuovo giorno su LinkedIn offre nuove ed entusiasmanti scoperte.

Tra queste c’è il ritorno di un personaggio che è stato molto presente sulle prime pagine dei giornali economici, su quelle dei rotocalchi e sul mondo del web per via della sua sfrontatezza nel mondo degli affari e per avere sempre lanciato clamorose iniziative.

Di queste iniziative mirabolanti nessuna è arrivata a compimento. Il personaggio è stato più volte colto e raccontare frottole sui suoi affari sino al momento in cui la giustizia ha deciso di dare un occhio alle sue imprese.

L’esito di tutto questo è stato il passaggio del nostro eroe presso le patrie galere.

Ora, giustamente, ritorna sulla breccia e decide che LinkedIn è il luogo dal quale intende ricostruire la sua fortuna. Niente di male, ovviamente. Pagato il debito con la giustizia hai tutto il diritto di rifarti una vita.

Mi stupiscono solo due cose.

Primo. Il fatto che si ricominci con mirabolanti promesse non prive di vaghezza. Secondo. Il seguito di persone che immediatamente ottiene e che si mettono istantaneamente a disposizione per la nuova mirabolante avventura.

Oh, wait… Mi sa che ne capisco il motivo… Lo feci anche io.

Contrazione ed espansione

Tra i molti aspetti della cultura Americana che non riesco a comprendere ce ne sono due che per rimangono davvero inspiegabili.

Il primo è la passione per le liste. Liste che variano tra le 5 e le dieci unità per qualsiasi argomento possibile ed immaginabile. 10 modi per essere felici, 5 modi per risparmiare spazio nell’armadio, 10 modi per curarsi con la clorofilla e via dicendo.

Al suo opposto c’è la natura di un certo tipo di letteratura, in particolare quella tecnica. Decine di pagine per esprimere concetti che potrebbero essere espressi in mezza pagina.

Difficile che esista una via di mezzo. Perchè?

I segnali deboli

Come ogni sabato accompagno i bambini in piscina, bevo un caffè al bar e mi fumo una sigaretta sullo spiazzo davanti alla piscina.

Quest’ultima cosa avviene in spregio a qualsiasi tempo atmosferico.

Settimana scorsa faceva molto freddo e stare all’aperto quasi una sfida contro gli elementi.

Oggi è una splendida giornata con un cielo terso e sento sul viso il calore dei raggi del sole. 

C’è sempre un momento come questo in ogni situazione. Un segnale debole che puoi riuscire a cogliere e che ti segnala che qualcosa sta cambiando. In questo caso capisco che l’inverno, finalmente, sta volgendo alla fine.

Cogliere i segnali deboli fa parte del lavoro che facciamo. Qualche volta ci riusciamo, qualche altra volta prendiamo delle cantonate.

Per il momento me ne resto qui fuori a godermi il caldo del sole. Magari domani pioverà ma per oggi ci ho preso. Alla fine prima o poi ci prendi, anche se per qualche breve momento.