Viaggiare

C’è stato un tempo in cui viaggiavo moltissimo per motivi di lavoro. Allora non avevo ancora una famiglia ed in quel particolare momento non avevo nemmeno una fidanzata.

Mi capitava spesso di spendere ore in una lounge di un aeroporto in attesa del prossimo volo, in una stazione in attesa di una coincidenza o nella lobby di un hotel aspettando che qualcuno mi venisse a prendere per andare da qualche parte.

A quei tempi non esistevano ancora gli smarthphone ed anzi io stavo lavorando proprio perchè fossibile avere degli smartphone.

Per questa ragione io spendevo il mio tempo facendo due cose: osservavo e scrivevo.

Nascosti da qualche parte in casa mia ci sono ancora quei quaderni. Un flusso ininterrotto di pensieri senza grosse riflessioni e con scarsa cura di grammatica e sintassi. Chissà che emozioni riuscirei a riesumare se provassi a rileggere oggi quelle righe.

Mi piaceva moltissimo osservare le persone intorno a me. Forse erano un presagio di quanto sarebbe diventata rilevante questo genere di attività nel mio futuro lavorativo. Mi piace osservare le persone nel loro quotidiano  e quando lo facevo avevo sempre l’impressione di invadere impunemente uno spazio molto privato. Lo faccio ancora oggi.

Ho pensato a queste cose due giorni fa su un aereo che stava viaggiando da Roma a Milano.

Mi piace costruire storie fantastiche intorno a quello che le persone fanno mentre le osservo. Immaginare motivazioni misteriose per le loro azioni.

Ero circondato da diversi personaggi che facevano cose particolari e che ho notato.

C’era un manager con una penna stilografica Mont Blanc che stava sottolineando passaggi di un documento stampato prendendo note a margine,

C’era una persona che dal momento del decollo stava compulsivamente scorrendo le immagini immagazzinate nella memoria del suo cellulare. Le scorre, avvicina il telefono al viso, fa uno zoom e osserva alcuni particolari e ricomincia a scorrere le fotografie.

Il passeggero davanti a me non fa altro che guardare fuori del finestrino come a volersi assicurare che il velivolo sia integro e che sobbalza ad ogni minima turbolenza sofferta dal nostro aereo.

Un signore anziano sfoglia un quotidiano troppo velocemente perchè si possa dire che lo sta realmente leggendo.

Due persone parlano di lavoro da quando sono partiti e mi dispiace essere troppo lontano da loro per riuscire a comprendere qualcosa della conversazione.

C’è la superfiga che se la tira sin dal momento che è arrivata nell’area dell’imbarco ma che ora, sopraffatta dalla stanchezza, dorme con la testa reclinata in una posa innaturale, la bocca aperta e una smorfia buffa sul volto.

Cerco di immaginarmi storie fantastiche per ognuno di loro e lascio che il tempo del volo passi dolcemente.

C’è un mondo là fuori. Forse è tornato il momento di tornare a goderselo.

Raccomandate

Capita a chiunque di ricevere delle raccomandate. Molto spesso si tratta di multe o di notifiche da parte di qualche ente. Altre volte sono gli invii di una carta di credito o di un bancomat.

Non so se sia pratica comune e diffusa ma dove abito io il postino non compila nessuno dei campi presenti sul modulo di notifica. Non hai nessuna informazione sull mittente e sul contenuto.

Il risultato è che tu vivi nell’ansia sino al momento in cui ti rechi nell’ufficio postale e ritiri il plico a te indirizzato. E’ un pò come quando a Monopoli ti viene chiesto di pescare una carta dal mazzetto degli Imprevisti.

Armonia

Mi capita spesso di condurre dei workshop con i nostri clienti. Molto spesso sono dei workshop cui partecipano diverse funzioni aziendali in rappresentanza dei rispettivi uffici.

Al di là dell’obiettivo specifico del workshop emergono sempre comportamenti interessanti e dinamiche che varebbe la pena riuscire a replicare in maniera più frequente all’interno delle aziende.

Uno degli effetti di maggiore beneficio è che l’attività del workshop serve molto spesso ad allineare tutti i partecipanti sullo status quo. Sembra quasi che la comunicazione tradizionale sia così frammentata da evitare che tutti siano sulla stessa pagina. Ovviamente non si tratta di un effetto che mi stupisce. Tutti loro vivono nel loro silos e nel loro quotidiano si occupano solo ed esclusivamente di quello che gli compete. Io chiamo questa cosa la sindrome della torre d’avorio.

Quando ci troviamo a progettare qualcosa dobbiamo essere coscenti dell’ecosistema che circonda l’artefatto. Per questo motivo generalmente dico ai nostri clienti che concentrarsi su un unico artefatto spesso si rivela essere uno sforzo inutile se non orchestrato in maniera efficace con il resto dell’ecosistema.

Perchè questo avvenga è necessario che noi si sia in grado di esporre ai nostri clienti persone di talento assoluto che siano in grado di interpretare i bisogni dei nostri clienti e dei clienti dei nostri clienti.

Se è vero che il talento è una dote fondamentale per condurre un progetto di successo vorrei porre l’attenzione su altri due fattori.

Il primo è l’ego. L’ego è generalmente strettamente collegato a persone di talento. L’ego è un elemento di disturbo assoluto e causa primaria di fallimento di un progetto. Se lasci che il tuo ego guidi il tuo progetto potrai stare certo che il risultato finale sarà un disastro. Mi è capitato di trovarmi in aziende in cui l’ego governava su ogni cosa. Non è finita bene.

Il secondo elemento chiave è l’armonia. La capacità di creare armonia deriva dal talento ma è una caratteristica che non puoi coltivare. O ce l’hai o non ce l’hai. Il successo di un progetto deriva direttamente dalla capacità degli attori di creare armonia tra le parti.

Se volete condurre un progetto di successo evitate come la peste persone dotate di ego smisurato e circondatevi di persone in grado di creare armonia.

4 anni

E ridendo e scherzando sono passati quattro anno da quando ho deciso di lavorare in Sketchin.

Quattro anni che sono volati in un soffio. Un soffio leggero ed eccitante come continua ad essere oggi. Mai come in questi giorni mi considero molto fortunato di avere incrociato sulla mia strada Luca e di avere deciso di seguirlo nella sua avventura.

Quattro anni che sono stati facili nonostante tutto e che hanno portato Sketchin a traguardi importanti. Quando sei circondato dal talento è una passeggiata di salute.

Quattro anni in cui non abbiamo torturato nessuno per raggiungere questi risultati.  Perchè il talento non basta per potersi definire una azienda di successo. Ci vuole anche una dose di umanità. Una umanità vera che non è quella cazzata colossale della azienda come grande famiglia. Una umanità che si occupa delle persone, veramente. Una comprensione del tuo ruolo che ti spinge a rinunciare al tuo stipendio per un mese perchè c’e’ un cliente che non ti paga e devi comunque pagari gli stipendi a persone che ne hanno bisogno.

No, Sketchin non è una grande famiglia. E’ qualcosa di molto più grande. E’ un laboratorio in cui si sperimentano nuovi modi di lavorare ma dove le persone continuano a rivestire un ruolo chiave e centrale.

Avremmo potuto ottenere risultati dieci volte superiori se ci fossimo uniformati al comportamento di altre entità simile alla nostra. Sfruttare le persone, giocare con la vita delle persone, raccontare bugie e mostrarci diversi da quello che eravamo. Accettare compromessi, costruire compromessi, vivere di compromessi.

La realtà è che questo non è accaduto e abbiamo avuto comunque successo. Forse non abbiamo un pedegree vecchio di vent’anni ma ce lo stiamo costruendo. Chi ha quel pedegree si ricordi che oramai si sta scolorendo ed è costruito sulla pelle delle persone. Tutti oramai si accorgono in fretta che stai vivendo di glorie del passato e che il tuo ego ha oramai dimensioni sproporzionate tanto è vero che subito dopo i tuoi casini arriviamo noi a fare funzionare le cose come si deve.

Ci saranno sempre aziende come quelle. Ci sono sempre state. Noi siamo fieri di essere diversi e molto presto godremo della stessa fama. Questa, però, guadagnata da noi e non dai nostri predecessori.

Io, per il momento, continuo a scommettere che Sketchin è qui per restare e vi suggerisco vivamente di provare ad entrare a farne parte. Tutto il resto sono chiacchiere.

 

Basic Country Bread

Oggi Bubbles, il mio lievito madre ha dato il meglio di sè.

Complice una giornata uggiosa e la necessità di distrarmi un pò mi sono avventurato nella preparazione di un pane che richiede una preparazione piuttosto lunga.

La ricetta che ho utilizzato è quella del Basic Country Bread di Chad Robertson. Se non lo conoscete vi consiglio di informarvi e se vi piace panificare il suo libro Tartine Bread è una delle letture migliori che mi sento di consigliare.

Non solo è un libro che vi insegna a panificare ma vi racconta la storia di Chad che è veramente peculiare.

Oltretutto volevo provare anche un nuovo acquisto. Un dutch oven di Emil Henry che avevo ordinato qualche giorno fa.

Direi che oggi ho prodotto in casa il mio pane migliore di sempre. Idratazione ottimale, lievitazione perfetta, alveolatura da urlo e sapore senza pari. Mi dispiace solo essere in partenza per Roma e non poterlo mangiare nuovamente domani sera.

Anche il dutch oven si è comportato perfettamente e la cottura è risultata decisamente migliore della soluzione che adottavo in precedenza. Diciamo che sono stati dei quattrini ben spesi.

Sfornare un chilo di pane e portarlo in tavola alla tua famiglia ha sempre un sapore del tutto particolare.

La luce negli occhi

Ho speso il mio pomeriggio con un gruppo di bambini aiutandoli a creare il loro primo programma per computer.

Oggi c’erano otto bambini di età piuttosto diverse. I gruppi sono sempre piuttosto eterogenei e anche il livello di interesse varia moltissimo da bambino a bambino.

C’è quel bimbo che è naturalmente portato e che ti anticipa in ogni tua spiegazione. Ci sono quelli che sono spinti dai genitori ma che probabilmente avrebbero preferito una partita a calcio alla tastiera del computer. Ci sono i bravi esecutori che non si spingono avanti in autonomia ma che ti seguono passo passo sino alla fine delle tue spiegazioni.

In ogni gruppo ce ne è sempre uno particolare.

C’è quel bambino che quando vede il suo primo pezzo di codice funzionare e fare accadere qualcosa sul suo computer si illumina. Vedi sul suo volto un sorriso sincero e puoi leggere distintamente il suo stupore nell’essere riuscito a fare qualcosa tutto da solo. Essere riuscito a non subire passivamente una tecnologia ma averla fatta propria e piegata ai propri desideri.

Oggi era una bimba piccola di non più di sei sette anni. Nel momento in cui ha fatto eseguire il suo primo programma ha sorriso e ha abbracciato la mamma che le stava vicino.

Questo è il motivo per cui dedico il mio tempo a queste cose. Quel sorriso, quel bambino sono in grado di lasciarti addosso una gioia incontenibile e, allo stesso tempo, allontanare da te tutte le brutture che ti stai trascinando addosso.

Oggi avevo proprio bisogno di quel sorriso.

Sopratutto dopo avere saputo che se ne era spento un altro, per sempre.

Ora solare

Questa cosa dell’ora solare non mi piace affatto.

Nonostante l’ora legale sia una invenzione, io, personalmente la trovo una grande trovata.

L’arrivo dell’autunno, la discesa delle temperature e la mancanza di luce mi rendono molto poco disponibile verso il prossimo.

Non so se si nota, ma anche la quantità di parole che sono disposto a spendere diminuisce sensibilmente.

Nonostante questo più tardi si va in sala prove a fare un pochino di rumore.

E’ già domani

Ci sono dei giorni che ti travolgono con la loro intensità.

Ti svegli la mattina e dopo avere dato una occhiata alla tua agenda ti figuri che tutto sommato potrebbe essere una giornata tranquilla. Un workshop con un cliente, qualche chiamata di routine, una conference call di allineamento con il team.

La giornata prende invece una piega diversa. Ti ritrovi a moderare un workshop che non immaginavi essere così complesso sebbene denso di contenuti. Il telefono non smette di squillare e la tua casella di posta elettronica si riempi di messaggi cui, prima o poi, dovrai rispondere.

Arrivi alla fine della giornata con la netta sensazione di avere fatto un sacco di cose ma con un retrogusto amaro di anticipazione. Nessuna di queste cose ha chiuso nulla di serio. Sono tutte attività che conducono da qualche parte ma la meta è ancora lontana.

Come diceva un mio collega anni fa: è già domani.

Per fortuna a casa ti fai un ripasso sulla Comunità Europea con il decenne e trovi scritto che l’Unione Europea ha 28 stati membri e ti chiedi per quanto durerà. Ma questo te lo tieni per te.

Il rumore del terremoto

Nonostante ci trovassimo a circa cento chilometri dall’epicentro della scossa dei giorni scossi ci sono tante cose che mi hanno colpito profondamente.

La prima è la forza potente che si sprigiona durante uno di questi eventi. Ho visto una casa possente tremare come se fosse una foglia. Intonaco spesso una decina di centimetri che si sbriciolava come se fosse neve e armadi di legno massiccio spostati come se fossero stati costruiti di carta velina.

Anche il rumore ti colpisce. E’ un rombo possente e difficilissimo da descrivere. Non avevo mai udito nulla di simile in vita mia. Forte e crescente per poi scomparire quasi istantaneamente.

La continuità degli eventi è un altro elemento importante. La forte scossa non è sola. Si trascina una infinità di altri eventi che si susseguono incessantemente sebbene di minore intensità. Non riesci ad abituarti. Credo che sia impossibile farlo.

Per me è stata una grande paura ma non un evento catastrofico. Nonostante questo continui a dormire con un occhio aperto. Ogni piccolo rumore ti fa sobbalzare dal letto. Ogni tremore ti riporta alla scossa originale e sei sempre pronto a preciparti in un posto sicuro, ammesso che ce ne siano.

Siamo tornati a casa in quella pianura Padana nebbiosa ed un pochino triste ma, se non altro, decisamente meno a rischio sismico. Nonostante questo continuo a pensare a quelle persone che sono là e che continueranno a dormire con un occhio aperto non potendo fuggire da casa loro.

Prenotalo

Sono un fedele utente del Kindle e, di conseguenza, dello store di Amazon. Oramai sono veramente pochi i libri che compro in formato cartaceo.

Per questo motivo passo molto tempo a visitare lo store di Amazon per verificare cosa c’è di nuovo che potrebbe interessarmi.

Come ho scritto in passato il romanzo giallo è quello che mi attrae di più in questi ultimi anni.

Come tutti ho i miei autori preferiti come Gianrico Carofiglio, Loriano Machiavelli o Antonio Manzini tanto per citarne alcuni.

Dei loro scritti mi piace il fatto che mi bastano poche righe per ritrovarmi in un ambiente familiare che mi è piaciuto in passato.

Per questo mi fa molto piacere vedere che c’è un loro nuovo titolo in vendita. Mi prefigura il piacere di immergermi nuovamente in una lettura piacevole ed il momento si carica di aspettativa.

Aspettativa che viene grandemente delusa quando cliccando sul titolo che ti interessa vedi apparire il bottone “prenota” al posto di quello “acquista”.

Delusione totale.

Terremoto

Sono le sette e quaranta del mattino. In realtà sono le otto e quaranta ma questa notte è scatta l’ora solare.

Sono ancora in uno stato dì dormiveglia ma sento che i bambini e mia moglie si stanno già preparando per la colazione.

Siamo in vacanza a Treia, nelle Marche. Ci veniamo ogni anno in questo periodo. Come sempre siamo scesi in un agriturismo in campagna. Quella casa di pietra con centinaia di anni di storia ci ha sempre infuso grande sicurezza e la pace della campagna grande tranquillità.

Non ho ancora voglia di alzarmi. Il tepore delle coperte mi trattiene.

I mobili della stanza cominciano a tremare, la testiera del letto sbatte contro il muro.

In un primo momento lentamente e poi sempre più forte, più forte, più forte.

Il terremoto. Non quello di cui sento parlare alla televisione o di cui leggi sui giornali. Il terremoto, quello vero. Quello che sta capitando a te ed alla tua famiglia.

Balzo giù dal letto con una lucidità che mai mi sarei aspettato in momenti come questo.

Tutto si muove, tutto oscilla. Il lampadario della stanza sbatte contro le grandi travi del soffitto.

In stanza cadono i primi calcinacci.

Spingo tutti fuori dalla stanza e li faccio stare sotto una possente architrave. 

Cadono altri calcinacci. La polvere di gesso dell’intonaco ci entra negli occhi.

Continua, continua, continua.

Tutto trema ed io mi auguro che chi ha costruito questa casa sia stato uno che sapeva il fatto suo.

Siamo al primo piano. La scala è troppo lontana e tutto si sta ancora muovendo.

Guardo i bambini che si sono affidati completamente a noi e che sono avvinghiati ad Elisa. 

Dura quella che mi è sembrata essere una eternità. Non finiva mai.

Non appena il tremore della terra si placa scendiamo ed usciamo all’aperto. È una calda mattina di Ottobre.

Guardo l’esterno della casa e vedo i danni sull’intonaci ma tutto il resto sembra non avere riportato gravi danni.

Da quando è successo la terra continua a tremare. Anche ora mentre sto scrivendo ho sentito un’altra scossa. Perfettamente percettibile.

È qualcosa che ti rimane dentro e che fa rimanere sempre all’erta.

Scoprirò più tardi che l’epicentro era a cento chilometri da qui. Molto, troppo vicino.

Le serie TV

Non sono un fanatico di serie televisive ma ciò non toglie che mi appassiono grandemente ad alcune di esse.

Le ultime serie che ho visto per intero sono Sense8, Stranger Things e Glitch.

Ho un grandissimo rispetto per gli sceneggiatori di queste serie. Sono in grado di tenerti incollato allo schermo creando un mistero dietro l’altro senza soluzione di continuità.

Il loro lavoro non è solo mestiere. Ci vuole un altissima dose di creatività per produrre queste cose.

Con l’avvento di Netflix, Sky Go e affini hai inoltre la possibilità di farti delle discrete maratone.

E le maratone le fai perché vuoi delle risposte a tutti i quesiti che emergono dalla trama.

Peccato che tu arrivi alla fine delle serie con più domande che risposte.

Capisco che esista la necessità di trattenere lo spettatore di fronte allo schermo una stagione dopo l’altra ma mi piacerebbe che non lo si lasciasse completamente a secco di risposte.

Per questa ragione termini ogni stagione con un misto di amore ed odio. Amore perché sei stato coinvolto in un racconto che desideri possa continuare. Odio perché non ci hai capito una mazza.

Se qualcuno ha capito perché i personaggi di Glitch sono resuscitati sarebbe così cortese da farmelo sapere? Giuro, vi perdono lo spoiler.

Generatore automatico di cospirazioni

Ricordo che una decina di anni fa rimasi particolarmente colpito da un articolo di giornale in cui si parlava di cospirazioni, massoneria, cabala e affini nel tentativo di affermare che, volendo, qualsiasi cosa potesse essere ricondotta a qualsiasi altra.

Nel caso specifico ricordo che si prendeva come esempio le misure di una edicola. Si quelle vecchie edicole di metallo verde, generalmente ottagonali e spesso con un orologio sulla cima. A Roma capita di vederne ancora qualcuno di questo genere.

Ecco l’articolo ne analizzava le misure, i fregi e la fattura identificando strette correlazioni con sette massoniche, rapporti aurei che celavano segreti sulla natura dell’universo, orientamento e posizione che la legavano a situazioni astrali particolari.

L’articolo dimostrava quindi che si poteva correlare qualsiasi cosa avendo a disposizione dati ed informazioni.

Ripensando a quanto circola oggi sul Web mi sono detto che non sarebbe affatto difficile creare un generatore automatico di cospirazioni. Un sistema che dato un oggetto, od una situazione, di cui si hanno a disposizione sufficienti informazioni sia in grado di valutare correlazioni con le più diffuse teorie complottiste.

Potrebbe dimostrare che la scultura di Cattelan in Piazza Affari a Milano è frutto di una macchinazione del New World Order o che il progetto del ponte sullo stretto è in realtà una opera massonica e che riporta chiari segni distintivi di segnali massonici. Potremmo anche scoprire che l’edificio a forma di piramide a Milano in Porta Volta serve per catalizzare gli effetti delle scie chimiche.

In un certo qual modo mi ricorda quelle grammatiche generative che avevano tanto successo qualche anno addietro.

Il Dark Web de noantri

Molto spesso i giornali parlano del Dark Web come di quel luogo di perdizione generalmente inaccesibile se non attraverso l’uso di particolari applicazioni.

Grazie ad una segnalazioni di Wolly vedo un post terrificante in cui una megera augura una morte dolorosa e precoce ad un bimbetto che sta addentando una bistecca tenendola con le mani. Ovviamente la megera appartiene alle fila dei nazi vegani. Il luogo in cui questa cosa viene pubblicata è Facebook.

Ovviamente la cosa diviente istantaneamente virale e nel giro di poche ore si contano più di duemila commenti che nella maggior parte dei casi augurano alla megera le peggio cose.

Il peggio della rete non è inaccessibile. E’ giusto dietro la porta, nei polpastrelli della megera e dei suoi commentatori più volgari. Basta poco per trovarselo davanti e non è mai una bella sorpresa.

Non si può che terminare con il solito refrain: tutte queste persone hanno diritto di voto.