… sono riuscito a sedermi sulla moto.
Spendo quasi un quarto d’ora a ricercare in giro per casa e nei vari armadi e cassetti tutti i pezzi che mi servono per riportare a casa la carcassa.
La giacca con le protezioni sta da una parte, il paraschiena è finito in fondo ad un armadio, il casco ed i guanti sono in un altro armadio. La custodia del mio iPhone è in un cassetto. Ma dove cavolo o messo libretto ed assicurazione? Oh, ed il telecomando di riserva del cancello? In quale anfratto sarà andato a finire?
Prima sudata della giornata.
Scendo in garage ed indosso il caso. Sistemo il telefono sul supporto, giro la manopola e tutte le luci della moto si accendono. Metto in moto ed il suono del motore riempie il garage. Mi fermo qualche secondo ad ascoltare il suono del motore. E’ partita al primo colpo. Questo motore non fallisce mai.
I 350 chili della moto cominciano a muoversi ed imbocco la rampa del garage per raggiungere il cancello. I primi metri dopo quasi un anno di stop. Sempre emozionante.
Aspetto che il cancello si apra e mi metto in movimento. Il lungolago è pieno di turisti, di macchine e di altri motociclisti che si stanno godendo il primo sole di questa primavera. Tra la prima marcia e la seconda arrivo sulla strada principale e mi immetto con tranquillità.
Il motore suona e faccio una piccola tirata. Prima, seconda e terza. Arriva la prima curva. Piego un pochino più del necessario giusto per sentire la moto rispondere. E’ una moto pesante ma mi sembra di stare su una poltrona e di guidare una bicicletta. Esco dalla curva e la moto si raddrizza pronta alla curva successiva.
Continuo sulla strada. La Regina Nuova ha abbastanza curve per divertirsi anche a bassa velocità e, in fondo, la velocità non mi è mai interessata più di tanto. Mi piace guardarmi intorno, sentire il rumore del motore e l’aria sulla faccia. Mi godo, finalmente, questi primi chilometri.
Incrocio il primo motociclista che guida un Fat Boy che non non sembra tanto giovane. Anche la mia moto non è giovanissima. Ci salutiamo. Il primo saluto della nuova stagione. Questa è una delle cose che più mi piacciono girando in moto. Tutti si salutano. Solo qualche impallinato su moto super sportiva non si degna di rispondere. Quelli che guidano le Harley non vengono troppo considerati da coloro che guidano moto sportive. Credo che si tratti della sindrome del commercialista. Chi guida la Harley è un motociclista della domenica e non merita il saluto. Niente di più falso. Non faccio il commercialista.
Faccio una cinquantina di chilometri intorno al lago. Andatura da crociera. L’aria sul viso e le vibrazioni che avevo quasi dimenticato.
Mi decido a tornare verso casa. Ci sono i ragazzi e voglio passare ancora un po’ di tempo con loro prima di doverli riaccompagnare a casa.
Mi fermo in un bar per prendere un caffè. Parcheggio davanti al bar e ci sono altre motociclette parcheggiate. Mi sfilo casco, guanti e giacca e mi fermo un secondo ad ascoltare il motore della moto che comincia a raffreddarsi.
Non passa nemmeno un minuto che un altro motociclista mi raggiunge. Lui guida una Honda Dominator del 2020. Una bella moto. Cominciamo a chiacchierare di motociclette, di viaggi, di strade. La mia prima moto fu una Yamaha Supertenerè. Una bomba di motocicletta. Ci sono ancora molto affezionato anche se la ho venduta.
Mi piace questa cosa che la moto ti permette di scambiare due chiacchiere con degli sconosciuti al di là di tutto. L’argomento sono solo le moto e sono una sorta di terreno comune che fa sempre piacere condividere.
Sulla strada del ritorno a casa mi fermo al supermercato a comprare un paio di cose che mi servono per la cena di questa sera. Al mio ritorno trovo padre e figlia che guardano la moto.
Chiedo alla bimba se la moto le piace e se vuole sentire il rumore del motore. Lei annuisce ed io incrocio lo sguardo del padre per avere il suo assenso. Accendo il motore e lei rimane a bocca aperta. Le chiedo se ha voglia di fare accelerare la moto ed ancora guardo il padre per capire se gli va bene. Lui annuisce. La bimba si avvicina alla moto con un pochino di timore. Le spiego come fare e lei comincia ad accelerare con delicatezza. Sembra stupita dal fatto che semplicemente girando una manopola su un manubrio la moto risponda ai suoi comandi. Passano una trentina di secondi. Entrambi mi ringraziano e si avviano all’interno del supermercato. Ci salutiamo augurandoci una buona domenica.
Mancano dieci chilometri a casa e la temperatura è perfetta. Me li godo con lentezza fino al momento in cui arrivo davanti al cancello di casa. Prendo il telecomando del cancello e lascio che scorra fino alla fine prima di imboccare la rampa che mi porta nel parcheggio sotterraneo.
Faccio la consueta manovra per parcheggiare, spengo il motore e giro la manopola per spegnere l’impianto elettrico. Mi tolgo il casco ed i guanti e scendo.
Rimango qualche secondo a guardare la moto parcheggiata ed ascolto i suoni che provengono dal motore che ha cominciato a raffreddarsi.
Credo che stessi sorridendo in quel momento.
Le emozioni che la moto è in grado di darmi sono veramente ineguagliabili.
E’ stato un giro breve, ma è stato il primo giro dell’anno.