Effetti della pandemia

Photo by Jean-Philippe Delberghe on Unsplash

Forse sarebbe più corretto parlare degli effetti legati ai provvedimenti emanati a causa della pandemia ma ho deciso di usare la causa principale come titolo di questo post.

Nelle scorse settimane mi sono Fermat a riflettere su come sia cambiato il mio comportamento in questi mesi e ho notato delle grandi differenze rispetto al passato.

Ho sicuramente cambiato i miei comportamenti di acquisto, e questo in termini assoluti. Sono molto più attento ai miei acquisti di generi alimentari e molto più consapevole di quello che si trova all’interno del mio frigorifero e delle relative date di scadenza. In generale acquisto di meno e consumo in maniera molto più consapevole. Molto più focalizzato su quello che la stagione offre e meno guidato dai desideri e dagli impulsi della mia pancia.

In generale ho acquistato di meno. Molti meno vestiti, praticamente zero. Niente scarpe. Poca tecnologia, e questo è davvero un cambiamento epocale. Tutto questo non perché avessi particolari preoccupazioni per il futuro. Ho semplicemente realizzato che non ne avevo alcun bisogno.

Ho buttato via un sacco di cose in casa e ho lasciato spazio allo spazio. Tutto è divenuto essenziale e non c’è margine per il superfluo.

Ho imparato ad accettare le imperfezioni delle cose.

Avere trascorso così tanto tempo lavorando non in sede non mi è affatto pesato. Forse il gran lavoro fatto su di me negli anni passati è servito ad affrontare questo momento con particolare serenità e consapevolezza. Credo di essere stato molto più efficace nelle mie cose di quanto sia mai stato in passato.

Sicuramente si è manifestato qualche comportamento antisociale, ma questo è decisamente il mio carattere. E poi antisociale non è forse il termine giusto. Diciamo che la mia tolleranza alle stronzate si è praticamente avvicinata allo zero.

Sono decisamente convinto che il nostro modo di lavorare è destinato a cambiare ma è altrettanto vero che noi avevamo un approccio diverso al lavoro in tempi non sospetti.

Quello che mi infastidisce, ma proprio tanto, sono gli atteggiamenti di facciata.

Tutti quelli che raccontano di un mondo dorato che alla fine altro non è che una placcatura con un metallo poco nobile ed eseguita in maniera scadente. Ad un racconto deve seguire una azione, un cambiamento. In caso contrario sono solo chiacchiere. Noi non siamo perfetti. Non lo siamo mai stati e mai lo saremo. Ci rimane comunque la volontà, incrollabile, di fare in modo che quello che abbiamo pensato essere il miglior posto dove praticare la disciplina del design diventi una realtà. Giorno dopo giorno. Decisione dopo decisione. Aggiustamento dopo aggiustamento.

Purtroppo ci rendiamo conto che il contesto in cui ci troviamo a vivere non ci è d’aiuto. Le norme che dobbiamo rispettare, e che rispettiamo, non sono state scritte per questo nuovo mondo. La maggior parte di quelli che stanno facendo behavior washing lo stanno facendo solo perché fa figo e aumenta il loro valore in borsa. In realtà sono una compagine di coglioni totali che andrebbe spazzata via con un colpo di spugna.

Io penso che la maggior parte dei lavoratori abbia acquisito una nuova consapevolezza e che stiano reagendo di conseguenza. Io mi auguro che una spinta dal basso possa assumere la forza necessaria affinché le cose possano cambiare, in meglio.

Ecco, forse in questi mesi sono diventato un idealista. L’età dovrebbe suggerire una massiccia dose di cinismo ma io questo cinismo non me lo ritrovo addosso.

E poi parlo, con misura, sempre. Come scrisse qualcuno: “Non dice tutto quello che pensa, ma pensa tutto quello che dice”.


Shameless self promotion ahead…

Nel caso non ve ne foste accorti qui in giro c’è anche un podcast con il quale potrete intrattenervi.

Quello di seguito è l’ultimo episodio.

Qui, invece tutti gli episodi pubblicati sino ad ora: Parole Sparse – Il Podcast


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