La narrazione del Coronavirus

Sono ormai diverse settimane che sto vivendo questo momento complesso. Passata la fase emozionale del momento ora mi ritrovo in un momento di maggiore lucidità rispetto alla narrazione del Coronavirus che mi viene proposta dai media.

Abbiamo i decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri che impongono severe limitazioni alle libertà personali e che ritengo legittimi data la gravità del momento. Questo non toglie che, a bocce ferme, una analisi istituzionale di questi strumenti rispetto alla Costituzione andrà fatta. Questi decreti ci vietano di muoverci se non per una serie di motivi seri e comprovati.

Allo stesso tempo la stampa riporta notizie di diversi comuni Italiani che stanno inasprendo maggiormente quanto previsto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri vietando le passeggiate, anche se rispettano le norme previste, vietando l’allontanamento dal propio domicilio per medie o grandi distanze se si possiede un animale domestico e via discorrendo. Cominciano ad essere molti i comuni che hanno intrapreso questa strada.

#iorestoacasa è il motto del momento e non sono rari i casi in cui i presunti trasgressori vengono messi alla gogna sui social media con tanto di invettive e relativa serie di improperi che gli vengono rivolti. Allo stesso tempo stanno spopolando su Internet i video di quei sindaci che strigliano i propri cittadini a starsene a casa.

Ripeto, tutto perfettamente legittimo data la situazione.

Con la razionalità che è arrivata dopo le prime settimane di reclusione guardo le immagini che vengono postate sulla numerosità delle persone che affollano la metropolitana milanese od i treni delle Ferrovie Nord. Parlo di questi perché sono quelli che ho visto ma immagino che la situazione sia la stessa in tutta Italia.

E’ chiaro che la maggior parte di queste persone sono persone che stanno andando a lavorare. Qualcuno andrà in ufficio, altri in fabbrica, altri al supermercato, altri in luoghi in cui si prenderanno cura di noi.

Esiste quindi una enorme porzione del popolo Italiano che è, più o meno, costretta a recarsi al lavoro. Certo i decreti emessi permettono di farlo perché ad alcuni negozi ed alle fabbriche è stato permesso di continuare a rimanere aperte. Quando dieci giorni fa sono andato a fare la spesa ho fatto un piccolo esercizio ed ho contato quanto personale fosse presente nel punto vendita. Esercizio futile, lo so. Ad ogni modo ho contato circa venti persone sulla superficie del negozio. Credo che sia lo stesso altrove e certamente in tutte le fabbriche che sono tenute aperte.

Se sei un pensionato che vive in campagna e che può fare un’ora di passeggiata senza incontrare anima viva non lo puoi fare e verresti sanzionato se lo facessi.

Se sei un operaio che lavora in fabbrica sei costretto ad andare a lavorare e frequentare luoghi in cui ci sono altre persone. Certo, il governo ha richiesto misure di sicurezza e sanificazioni ma la sostanza non cambia di molto.

Detto questo ho visto solo qualche articolo che parla di questo. A memoria ricordo uno scritto dei sindacati di Poste Italiane che chiedono la chiusura degli uffici postali dopo la morte di due sportellisti. Poco altro.

Per curiosità ho fatto una banalissima ricerca su Google: “coronavirus proteste fabbrica” filtrando solo le news della ultima settimana. La data della prima notizia che mi viene presentata è del 13 Marzo ed oggi siamo al 20 Marzo. Non si protesta più? Per quale motivo?

Concludo dicendo che non ho una soluzione per fare in modo che tutti si continui a ricevere alimentari, medicine e servizi in questo momento difficile. E’ chiaro che non è possibile farlo senza il lavoro delle persone nelle fabbriche e nei servizi.

Dico solo che qualcosa non mi torna nella narrazione del Coronavirus.

No, non mi torna.

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