Il budget

C’è questo rito pagano aziendale della compilazione del budget per l’anno nuovo che mi lascia sempre molto perplesso.

Quest’anno sono andato un pochino lunghetto sul tema e quindi mi ritrovo a doverlo finalizzare sul filo di lana. Troppi cambiamenti tutti insieme.

Quando mi dedico alla stesura del budget mi sembra di scrivere la letterina a Babbo Natale. Nella riga dei ricavi gli racconto quali sono i regali che vorrei ricevere mentre nella riga dei ricavi gli racconto quanto sarò un bambino nuovo l’anno che verrà.

Fatto sta che comunque lo prenda, indipendente dalla quantità di anticipo con cui lo affronto, non ne sono mai soddisfatto. Sono sempre convinto che mi sia sfuggito qualcosa.

Quest’anno ho scritto che sarò un bambino molto buono e che per questo motivo mi aspetto dei bellissimi regali per il prossimo anno.

Il problema è che il 6 di Febbraio arriva la Befana con il carbone. Per fortuna che “passata la festa gabbato lo santo”.

I venditori di opzioni, reprise

I fantomatici venditori di servizi per negoziare opzioni continuano imperterriti nel loro tentativo di avermi come clienti.

Nonostante il ritmo delle chiamate sia diminuito, siamo comunque ancora nell’intorno delle tre, quattro chiamate al giorno. Purtroppo il numero telefonico cambia di continuo e metterli nella mia speciale categoria “Rompiscatole” diventa piuttosto difficile.

Nell’ultima telefonata di oggi ho usato un approccio diverso.

Loro: “Buongiorno, lei è il signor Alessandro?”

Io: “Si, sono io”

Loro: “Buongiorno signor Alessandro, lei conosce le opzioni?”

Io: “Si, le conosco. Mi permette una domanda?”

Loro: “Mi dica”

Io: “Sarebbe così gentile da dirmi quale è la ragione sociale della azienda per la quale lei lavora, l’indirizzo della sede legale, il nome del responsabile del trattamento dei dati personali ed il suo indirizzo di posta elettronica?”

Loro: Click…

Vivere di rendita

Per ovvie ragioni in questo post non si faranno nomi ma sono assolutamente certo che qualcuno capirà di chi sto parlando.

Succede che anni fa mi viene raccontato di questa iniziativa per una industria verticale. Io non ne sono direttamente responsabile sebbene sia necessario che ne venga messo a conoscenza.

Io personalmente ritenni che si trattasse di un’ottima scusa per imboscarsi per un annetto tanto è vero che l’iniziativa non seguì un iter tradizionale di approvazione ma, piuttosto, perversi percorsi aziendali fatti di conoscenze personali.

Per tutto il tempo che sono rimasto in quella azienda ho visto un spreco di risorse e di denaro e non un solo dollaro di ricavi dalla iniziativa.

Ad anni di distanza continuo a leggere qui e là che la stessa iniziativa continua ad essere il cavallo di battaglia del nostro eroe negativo. Vedo cucinare a ritmo continuo post che ne magnificano il valore.

C’è del marcio in Danimarca.

Io continuo a domandarmi per quanto tempo si possa permettere a qualcuno di vivere di rendita grazie ad una enorme fesseria. Diciamo che sarei disposto ad accettare la rendita se si fosse trattato di un grande successo ma questo non è proprio il caso.

Incomprensibile

In ogni comunicazione che possa definirsi tale l’obiettivo principale dovrebbe essere quello di scambiarsi informazione ed, in ultima analisi, di capirsi.

Da questo punto di vista i computer sono estremamente efficienti da questo punto di vista. Qualsiasi protocollo di comunicazione definisce una fase di handshake in cui i sistemi si stringono la mano e decidono quale è il linguaggio da utilizzare nel prosieguo della conversazione.

Gli umani al contrario sono molto poco efficienti.

Non c’è nessuna fase di handshake e si passa subito a tentare di condividere contenuti spesso parlando lingue diverse.

Nelle architetture di rete ci sono degli oggetti che convertono un protocollo in un altro in modo da riuscire a fare parlare tra loro oggetti che naturalmente non sarebbero in grado di interloquire.

Oggi mi sento uno di questi oggetti.

Un gran casino.

 

Sintetizzatori modulari

Questo mio recente ritorno di fiamma verso la musica cosiddétta elettronica mi ha fatto riscoprire alcuni trend che davo per completamente scomparsi.

Chiunque abbia seguito il mondo della musica elettronica negli anni ottanta ricorderà sicuramente i sintetizzatori Korg o, ancora prima, i Moog.

Io ricordo che per me erano oggetti affascinanti. Nonostante avessero una tastiera che li avvicinava in un certo qual modo ad un pianoforte erano pieni di manopole e fader. Non parliamo poi delle decine di patch che collegavano punti diversi della elettronica del sintetizzatore.

Non ne ho mai avuto uno e sono sempre rimasti un sogno. In realtà un sogno fino a quando qualcuno non ha scritto delle applicazioni per iPad che simulavano questi sintetizzatori famosi. Dei pessimi succedanei. E’ come guidare uno scooter pensando di essere in moto. Un’altra cosa.

Non erano davvero oggetti per tutti. Per una questione economica, certamente, ma anche per una questione relativa al puro utilizzo. Quando ne accendevi uno non ne veniva fuori un singolo suono se prima non avevi sistemato almeno una patch, tipicamente quella che collegava un oscillatore ad un segmento audio. Dovevi sapere quello che stavi facendo e la tua capacità di tirarne fuori suoni belli era direttamente proporzionale alla tua conoscenza delle possibilità dello strumento.

Tutti i costruttori si sono poi resi conto che un prodotto costruito in quel modo non sarebbe mai potuto diventare un prodotto da consumo di massa. Per questo motivo sono nati i sintetizzatori moderni. In questi sistemi il costruttore aveva già fatto delle scelte per l’utilizzatore e alcune delle connessioni che avrebbero ovuto essere fatte manualmente con delle patch sono state trasferite su circuito stampato.

Se è vero che questo ha favorito la diffusione del prodotto da un altro punto di vista ha sottratto la varietà delle possibilità che venivano offerte dai sistemi originali.

Da una veloce ricerca su internet pare che sia rinato un movimento molto attivo intorno ai sintetizzatori analogici. Una sorta di nostalgico ritorno al passato. praticamente ho passato tutta la domenica a letto smaltendo l’influenza e girando su forum e siti che parlavano proprio di questo. Ho scoperto un mondo.

In uno dei video che ho guardato su YouTube (questo) si dice chiaramente:

Warning: Watching this or any other modular synth video will not help your GAS (Gear Acquisition Syndrome) and is likely to have a deleterious effect on your finances

Tra i tanti siti che ho visitato c’e’ questo: Modular Grid

E’ un sito che ti permette di scegliere tra migliaia di moduli analogici esistenti e scegliere come comporre un sintetizzatore completamente custom. Ci ho speso almeno due ore leggendo ed esplorando. Ho ipotizzato diverse configurazioni e ho provato ad immaginarmi cosa sarebbe potuto venirne fuori.

Inutile dire che il giochino diventa molto costoso molto velocemente. Ed io che pensavo che le chitarre fossero costose.

Troppe belle cose da fare, troppo poco tempo per poterle approfondire.

 

L’ingegnere giapponese

Oggi sto pensando molto intensamente a quell’ingegnere giapponese che ha progettato il controller della PlayStation 4 di Sony.

Sto cercando di riparare uno dei due controller della PlayStation che sono stati praticamente completamente usurati dal decenne. Tra parentesi, se mai vi servisse qualcuno che faccia stress test di questo tipo io lo posso noleggiare a modico prezzo. Garantisco precisione ed infaticabilità.

Tornando al nostro ingegnere. Sto pensando proprio a quello che ha deciso di inserire le due molle di rilascio senza una cavolo di guida od alloggiamento che permettesse un riassemblaggio dell’aggeggio da un essere umano invece che da una macchina.

Ecco, sappi che tu stai per passare un pessimo Natale, o qualsiasi altra festa appartenga alla tua religione. Una delle mie maledizioni certamente cadrà su di te in tempi molto brevi.

Per la cronaca, non ci sono ancora riuscito.

It is for the moment

Oggi stavo guardando un video che ha come protagonista Chris Liebing e che raccontava il modo in cui lui suona dal vivo. Chi non conosce Chris Liebing può saperne di più guardando il video qui.

Chris dice una cosa molto interessante sul suo modo di suonare.

It is for the moment!

Mi ritrovo perfettamente in questa affermazione, anche in ambito professionale.

Sarebbe molto facile confezionare qualcosa per un cliente e provare a rivenderlo serialmente a tutti gli altri. La legge dei grandi numeri ci sarebbe d’aiuto ed il nostro fatturato crescerebbe molto più velocemente di quanto non stia già facendo.

Molto spesso mi sono domandato per quale motivo cominciamo ogni progetto completamente da zero, sebbene capitalizzando l’esperienza maturata nelle medesime industrie o in industrie vicine.

Il motivo è proprio quello. E’ per il momento.

E’ per quel cliente ed in quel particolare momento della sua strategia aziendale.

Credo che sia questo che viene percepito dai nostri clienti dopo le prime settimane di lavoro con noi. Non si tratta di una sequenza meccanica di copia ed incolla. Si tratta di un pensiero compiutamente strategico sin dal primo momento che ci si incontra.

Oltre a questo è importante il fatto che non ci sono prime donne in Sketchin. Luca, gli architect, gli strategist, i designer ed io siamo tutti sullo stesso livello ed ognuno ha la medesima rilevanza nella conduzione di un progetto.

Si, è proprio per il momento.

E’ faticoso, difficile in alcuni momenti, complicato nella gestione e nella sintesi ma ci permette di rimanere noi stessi e portare enorme valore ai nostri clienti.

A parità di tempo siamo una macchina insuperabile in termini di valore prodotto.

Noi rimarremo così.

Non c’è speranza

Sarà ancora colpa della febbre e della influenza ma vi confermo che non c’è speranza per il genere umano.

Per qualche strana ragione oggi Facebook propone nella mia timeline un posto proveniente dalla pagina “il mio piccolo mondo” che contiene lo scritto seguente:

Oggi è il mio ultimo giorno di chemioterapia, 😭 vorrei che tutti mi regalassero un augurio 👏 in modo che vada tutto bene, 😔😣 per favore non passare oltre senza regalarmi una preghiera :'( grazie a chi lo farà?

A dire il vero so benissimo per quale motivo me lo propone. Una persona che ha la mia amicizia su Facebook segue quella pagina.

Al momento in cui scrivo il post ha 18.000 reazioni, 3.084 condivisioni e 8.100 commenti tutti dello stesso tono.

C’è qualcosa che non mi convince in quella foto a supporto:

  • Non credo che si vada a fare la chemioterapia in bikini.
  • Se sei alla fine di un ciclo di chemioterapia è difficile che tu abbia tutti quei capelli.
  • Quello non è un setup tipico di un ospedale Italiano.

Scarico la foto sul mio desktop, faccio una ricerca su google images ed ecco svelata la bufala. Si tratta di Jessica, una ragazza Americana che vive in Florida e che è appena sopravvissuta all’attacco di uno squalo.

La solita pagina che tenta di raccattare like facendo leva sulla incapacità della gente comune di distinguere tra finzione e realtà.

Con le elezioni che si avvicinano mi sembra una terribile conferma del futuro che ci aspetta.

Non metto il link alla pagina di Facebook giusto per evitare che si diffonda ulteriormente. Per chi avesse desiderio di farsi due risate in più consiglio vivamente la lettura della sezione “Informazioni” della pagina di cui sopra.

 

Gli stalker del Forex

Di tutte le chiamate di telemarketing che ricevo ce ne è una che sta assumendo le proporzioni di una rottura di balle immane.

Il primato se lo contendevano le compagnie di telefonia mobile. Questi hanno completamente sbaragliato la concorrenza.

Nelle ultime settimane sono arrivato a contare 11 telefonate nell’arco della stessa giornata.

Ovviamente mi promettono di diventare ricco in tempi brevissimi e che non corro alcun rischio. (Ovviamente viene da domandarsi per quale motivo tu che mi stai chiamando non sia il primo ad approfittare di questa meravigliosa opportunità invece di stare al telefono tentando di convincere me)

Ora, intendiamoci bene, non c’è nulla di male nell’investire in questi strumenti finanziari, così come con le opzioni. Detto questo ci devi sapere fare.

Questi poi sono particolarmente arroganti ed insistenti e quando gli fai notare che non puoi rompere le palle ad una persona per 11 volte nello stesso giorno si incavolano pure.

Chi mi conosce personalmente sa che ho il massimo rispetto per chi lavora in società che fanno telemarketing e cerco sempre di ascoltare quello che hanno da dire. Sono sempre molto educato e cortese perchè capisco che stanno facendo un lavoraccio ed essere presi a schiaffi dalla mattina alla sera non è cosa piacevole.

Con loro non ci riesco più. Ora abbatto la chiamata non appena si identificano senza nè un buongiorno nè buonasera.

Oramai ho una lista di numeri bloccati che rasenta le dimensioni della tanto cara rubrica telefonica cartacea di qualche tempo fa.

Complessità e potenzialità

In questi giorni sto giocando moltissimo con Ableton e con il controller Ableton Push.

Ableton è una applicazione dalla potenza straordinaria. Puoi farci cose che sino a qualche anno erano assolutamente inimmaginabili in questo campo. Questa potenza si esprime in una complessità intrinseca dello strumento.

La complessità non è mai un problema. Basta studiare e la superi con relativa semplicità. Si tratta solo di una funzione in base tempo. Più tempo hai a disposizione per studiare, più velocemente sarai in grado di domare la complessità.

Per quanto riguarda le potenzialità il discorso è ben diverso.

Essere esposti ad una quantità enorme di opzioni per potere scrivere musica è in un certo qual modo limitante. Alla fine ti perdi a fare tweaking di centinaia di parametri che ti distraggono da un processo che dovrebbe essere principalmente creativo.

Alla fine hai imparato tutto su filtri, effetti, strumenti e via dicendo ma non hai scritto una nota che sia una.

Forse questo genere di applicazioni dovrebbero metterti davanti ad una progressiva esposizione delle potenzialità. Cominci con poche cose e poche opzioni e una volta che hai fatto il grosso del lavoro ti dedichi al perfezionamento di quello che hai creato.

C’è questa bella applicazione sul mac che si chiama Flowstate. E’ una applicazione che ti permette di scrivere dei semplici testi. Quando lanci l’applicazione decidi per quanto tempo vuoi scrivere e dai un nome al tuo file. Se durante la scrittura del testo non digiti nulla per più di 5 secondi tutto quello che hai scritto viene cancellato automaticamente.

In questo caso il concetto è portato all’estremo ma diciamo che si avvicina.

Tutto questo vale, ovviamente, se hai qualcosa da dire.

Oggi salto l’appuntamento

Complice una brutta influenza ed i deliri della febbre alta oggi credo che per la prima volta mi toccherà saltare il quotidiano appuntamento con Corrente Debole.

Oltretutto ben poco da scrivere ci sarebbe oogi che non comportasse un proflùvio di improperi.

Il panorama è triste.

Chi non capisce come funziona una matita copiativa, chi non capisce che si può votare anche senza documenti, chi si sente ferito come un leone, chi si sente vincente come un leone. Quelli che solo oggi realizzano che si stava votando un testo costituzionale, quelli che sapevano benissimo che si stava votando un testo costituzionale. Quelli che fanno “ciaone” e che solo per l’uso di questo termine dovrebbero essere mandati al confino. Quelli che fanno il tifo da stadio, quelli che sono allo stadio invece di essere davanti alle urne. Quelli che, per la prima volta, fanno un discorso da vero uomo di stato e vengono presi per il culo.

Sarà il delirio della febbre ma il futuro oggi mi sembra meno promettente.

Torno a letto. Domani sarà un giorno migliore.

Le buste della spesa

Oggi sono andato a fare degli acquisti in un supermercato. Arrivato alle case avendo dimenticato a casa le buste riusabili ho dovuto chiedere delle buste alla cassiera. I fighetti queste buste le chiamerebbero shopper.

Mi sono state consegnate queste buste biodegrabili e compostabili fatte di Mater-Bi, un derivato del mais.

Siamo tutti daccordo che le vecchie buste di plastica fossero una potentissima arma non convenzionale contro l’ambiente ma queste che mi hanno consegnato sono uno strumento perfetto contro il mio quieto vivere.

La prima considerazione che faccio è che queste buste della spesa sono più piccole e più costose delle precedenti. Direi che le motivazioni sono due. Credo che siano più piccole semplicemente perchè la resistenza del materiale è inferiore alla comune plastica. Il costo credo che sia diretta conseguenza della scelta del materiale.

Per quanto attiene al costo diciamo che sono più che disposto a sostenerlo se si tratta di salvaguardare l’ambiente. Per le dimensioni mi posso adattare anche se la capacità delle mie mani di portare dieci sacchetti è prossima al limite naturale dell’arto.

La seconda considerazioni riguarda il fatto che lo spessore di queste buste è inferiore a quello della carta velina. Si rompono solo a guardarla di traverso da lontano.

Questo fatto è aggravato dal fatto che il packaging della maggior parte dei prodotti sembra non curarsi affatto di questo problema. Basta un prodotto la cui confezione abbia una parvenza di spigolo vivo e addio borsa. Si apre istantaneamente uno squarcio.

Io credo che si debba ripensare in toto il tema del packaging in modo che sia l’intero sistema ad avere un approccio strutturato alla salvaguardia dell’ambiente da un lato e alla esigenza di evitare rotture di palle agli utenti. Credo che sarebbe un perfetto esempio in cui il Service Design potrebbe dire la sua.

Tutto questo per dire che ho rovinosamente sparpagliato un chilo di mandarini sul pavimento del centro commerciale a seguito della rottura di una delle buste.

La democratizzazione degli strumenti

Se volevi creare musica elettronica, ma anche musica tradizionale se è per questo, una ventina di anni fa dovevi sostenere costi difficilmente sostenibili da un non professionista.

Per comprare un campionatore od un sintetizzatore eri costretto a cedere un rene al mercato nero dei trapianti.

Oggi la situazione è cambiata radicalmente.

Con qualche centinaio di euro puoi crearti uno studio domestico di tutto rispetto e produrre musica di alta qualità.

La barriera di ingresso è praticamente inesistente. Su vuoi farlo, puoi farlo.

La tecnologia è talmente evoluta che i tempi di produzione si sono accorciati notevolmente così come sono esponenzialmente aumentate le potenzialità espressive.

Tutti possono avere accesso agli strumenti con una economia accessibile a molti.

Se spostiamo la nostra attenzione dagli strumenti alla formazione, dobbiamo riconoscere che è avvenuta la stessa cosa.

Anni fa dovevi avere vicino qualcuno che fosse introdotto nelle segrete cose e che fosse disposto a spendere del tempo con te per trasferire la sua conoscenza.

In quest’ottica Internet ha giocato un ruolo fondamentale. Su internet puoi trovare tutorial di ogni genere che ti possono insegnare quello che ti serve per produrre musica di alto livello.

La stessa considerazione vale per l’accesso al mercato nel caso si voglia tentare di guadagnare dei quattrini dalla propria attività musicale.

Internet ti espone direttamente al mercato e le possibilità di farsi notare sono molto molto più grandi di quanto non fossero anni addietro.

Possiamo quindi affermare che c’è stata una democratizzazione degli strumenti, della cultura e del mercato.

Tutti possono fare musica.

Musica di qualità? Dipende.

Se sei una scimmia da tutorial non farai altro che copiare qualcosa che altri hanno fatto. Non ci sarà spunto creativo ma solo ripetizione.

Questa condizione rimarrà tale per la maggior parte degli utenti.

Coloro i quali avranno qualcosa di valido da dire musicalmente parlando di staccheranno dal flusso principale una volta imparato i principi e saranno in grado di esprimersi con la propria originalità.

A me sembra una vera e propria rivoluzione.

Oltre a questo dobbiamo rilevare che questa considerazione è valida per qualsiasi campo di applicazione e non solo la musica.

Mi sento un ragazzino

Ci sono delle cose che mi emozionano come un ragazzino.

Ecco, io nei prossimi giorni gioco con queste quattro cose:

L’interazione tra fisico e digitale ha sempre e comunque un fascino irresistibile.

Ho il sospetto che tutto questo potrebbe avere un effetto sulla mia capacità di mantenere fede all’impegno preso con Corrente Debole.

Conversazioni surreali

In alcune occasioni i miei viaggi in taxi trasformano in avventure surreali.

Quella di oggi è stata una di quelle.

Il tassista in questione era un milanese doc non ancora trasformatosi in un milanese imbruttito.

Mi ha raccontato che dopo avermi accompagnato a destinazione sarebbe andato a casa perchè il suo turno sarebbe terminato.

Mi ha detto che la casa in cui vive, comprata dai suoi genitori negli anni 70, è stato un grandissimo investimento.

Il collegamento al fatto che non esistono più i costruttori di una volta è stato il passaggio successivo.

Se ti va bene oggi al posto del cemento usano la sabbia

Mi ha detto che lui sta molto attento a come spende il suo denaro e che dopo essersi fatto i conti ha deciso che ai figli non avrebbe comprato un auto ma che gli avrebbe dato libero accesso a car2go ed enjoy.

Certo, io ti mantengo all’università ma tu mi devi portare dei risultati. Comunque li ho spinti a fare l’esame per prendere la licenza da tassista. Se va male hanno sempre la mia licenza. Chiaramente me la devono pagare perchè io mica l’ho avuta gratis.

Da qui alla critica di Uber il passaggio è stato breve.

Chi ti garantisce che un autista di Uber non ti violenti?

Nonostante il mio profilo di rischio per l’evento in questione sia per me decisamente basso io mi sono domandato che mi garantisce che un tassista non possa violentarmi? Non mi è sembrato il caso di sollevare obiezioni sul tema.

Quello che segue subito dopo non ha alcuno collegamento logico con tutta la nostra conversazione precedente.

Chi ha inventato l’acqua calda ha accesso un fuoco. Il fuoco, ovviamente era stato inventato prima. Dopo avere acceso il fuoco ha preso un pentolino, ci ha messo dentro dell’acqua e poi ha atteso che l’acqua bollisse. In quel modo ha inventato l’acqua calda. Certo, quando hai inventato l’acqua calda puoi inventare qualsiasi cosa.

Mi sono limitato ad un timido “naturalmente”.

Ci sono dei giorni che si concludono davvero in maniera piuttosto buffa.