Pescare

Da ragazzo andavo a pesca con i miei amici. A occhio e croce direi che sono passati una trentina d’anni dall’ultima volta che lo ho fatto seriamente.

Allora ricordo chiaramente che c’erano due o tre tipi di canne di pesca, altrettanta poca varietà di fili ed ami e lo stesso per quanto riguarda i mulinelli.

Si tornava comunque a casa con la soddisfazione di buone catture e tanto divertimento.

Tra poco tornerò a Giannutri per le vacanze con i bambini. Loro hanno espresso il desiderio di provare a pescare.

Sono quindi andato in un negozio specializzato per comprare un pò di attrezzatura.

Un incubo. Oramai la specializzazione è totale.

Ci sono una infinità di canne da pesca dei più diversi materiali e per ogni tipo di condizione d’uso. Dalla spiaggia, dalle rocce, per lo spinning, il bolentino, il carp fishing, il rock fishing e altre decine di cose di cui ho dovuto documentarmi su internet per capire di cosa si trattava.

Lo stesso per ogni singolo altro accessorio. Dalla lenza, al terminale, al mulinello, agli ami. Per non parlare delle esche artificiali che sembrano costruite per un singolo pesce a cui, forse, puoi anche dare un nome di persona.

Pensavo di cavarmela in una mezz’ora e invece ci sono rimasto per due ore.

Uscendo consideravo che comunque anche 30 anni fa si pescava senza grosse specializzazioni verticali e mi sono domandato quanto fosse innovazione e quanto, invece, fosse marketing.

Vedremo a Giannutri se il paniere sarà più nutrito di quando ero ragazzo.

La chitarra

Quella Fender Telecaster la avevo cercata a lungo. La volevo usata perchè mi sono convinto che gli strumenti usati hanno qualcosa in più. Una storia fatta di note e colori, sogni e aspettative.

Dopo qualche mese di attesa la ho trovata e non ho esitato un attimo a portarla a casa. È diventato il mio strumento preferito per qualche tempo per poi lasciare il passo ad altre chitarre che sono arrivate nella già numerosa famiglia.

Una sera la ritrovo scheggiata da un colpo di aspirapolvere. Per qualche secondo mi ritrovo a pensare a chi sia il colpevole e quale sia la punizione migliore da infliggere per questo oltraggio.

Mi passa subito.

Penso che alla fine questo non è altro che un altro evento nella storia di questo strumento e che lo caratterizza per il suo vissuto.

Ritorna ad essere il mio strumento preferito, fino al prossimo innamoramento.


Le scarpe e zio

Mio zio era un colonnello dell’Esercito Italiano in congedo.

Senza ombra di dubbio era il mio eroe preferito. Aveva fatto la guerra, era stato prigioniero degli inglesi in India, era stato sfiorato dallo scandalo della Rosa dei Venti per poi dedicarsi ad avventure professionali altrettanto eccitanti per un ragazzino di sei anni.

Per quello che potevo cercavo di frequentarlo il più possibile spingendolo a raccontarmi quelle sue storie fantastiche.

Ricordo che aveva una cura maniacale per le sue scarpe.

Le posava sul tavolo della cucina deopo avere disposto un foglio di giornale a proteggere la superficie e cominciava ad occuparsene.

Una spazzola per togliere la polvere, spazzole di colore diverso per ogni tipo di cuoio. Un lucido da scarpe di marca inglese cui si doveva dare fuoco nel barattolo per sciogliero un pochino prima di usarlo. Un panno per ogni colore da usare dopo avere steso il lucido. Il controllo finale per verificare il buono stato dei lacci e le forme tendiscarpe che, secondo la sua opinione, erano fondamentali per l’eleganza della calzatura.

Io ho passato tanto tempo osservandolo compiere questo rito ogni sabato mattina.

Adesso faccio lo stesso con le mie scarpe, almeno quelle che me lo permettono.

In quei minuti mi immagino che zio Rolando sia lì ad osservarmi. Chiacchieriamo e ci lasciamo con il nostro consueto abbraccio.

Quando ripongo le scarpe all’interno della scarpiera, sorrido sempre.

Autovelox

In un lungo rettifilo vicino a casa mia c’è un autovelox.

Lo avevo notato sin dal primo giorno in cui ero venuto a vedere la casa che è poi diventata casa nostra.

Ecco, in quel punto il limite di velocità è di 50 Km/h.

Ora, cari concittadini, mi spiegate per quale oscuro motivo tutti, consistentemente, passate davanti a quel controllore elettronico della velocità a non più di 40 Km/h.

L’unica spiegazione che mi sono dato sino ad ora è che abbiate veramente poca fiducia nella trasparenza della nostra amministrazione comunale. Sono sicuro che pensate che per fare cassa la vera impostazione della macchinetta è di 40 Km/h.

Non c’è altra spiegazione.

Tendenze

Sono diversi anni che ho il privilegio di assistere diverse grandi aziende nelle loro iniziative di evoluzione nel mondo digitale.

Soffro di una naturale ritrosia nel chiamare questa attività Digital Transformation.

Ammetto di rimanere sempre molto sorpreso nel constatare la naturale tendenza che queste aziende hanno nel complicarsi la vita quando si parla di processi aziendali.

E’ come se la qualità del loro lavoro e, conseguenza, l’esistenza stessa della loro posizione sia legata alla complessità di gestione degli aspetti di pura operatività.

Questo fa di loro dei criceti.

Bisognerebbe smettere di fare i criceti in cattività e salire un pochino sulla scala della catena alimentare.

Si diventerebbero molto di più, il loro posto di lavoro sarebbe maggiormente al sicuro ed i loro clienti sarebbero molto più’ felici.

Il server

Piccoletto: “Mi aiuti a creare un server Minecraft? Ho visto su internet che ci sono dei servizi gratuiti.”

Io: “Per quale motivo vorresti creare un server Minecraft?”

Piccoletto: “Per invitare i miei amici a giocare e perchè in un server tutto mio posso decidere cosa succede nel mio mondo.”

Io: “Capisco. E cosa non ti piace nei server sui server su cui giochi ora come utente?”

Piccoletto: “Che non sono io a decidere le regole del gioco”

Cristallino, direi.

Inutile dire che ora il Piccoletto ha il suo server Minecraft.

Il successo

Oramai prossimo alla soglia dei cinquanta anni ripenso a cosa significhi “avere successo” e a come questa definizione sia mutata nel corso degli anni.

In passato legavo il concetto di successo alla realizzazione di obiettivi personali. Cose del tutto inutili come diventare dirigente, guadagnare una determinata quantita’ di denaro e via dicendo.

Molto è cambiato da allora. Sono cambiato io, è cambiata la mia vita, sono cambiate le mie priorità e, non ultimo, il mondo che mi circonda è cambiato.

Mi ritrovo quindi nella condizione di definire che cosa sia ora il successo per me.

Presto detto.

Il successo per me ora si descrive così:

  • Avere l’opportunità di lavorare in un luogo dove desidero lavorare e non perchè costretto da ricatto, minaccia o corruzione.
  • Avere la fortuna di lavorare con persone di talento. Un talento che non si esprime solo nella loro capacità professionale ma anche in ambiti non strettamente lavorativi.
  • Avere il privilegio di potere dire di no quando lo trovo giusto.
  • Avere il tempo necessario da dedicare alla mia famiglia.
  • Avere il tempo necessario da dedicare a ciò che mi diverte in ambito non lavorativo.

Infine il mio successo è stato anche essere professionalmente strapazzato malamente, e senza ragione.