Io conosco Sergio da esattamente trenta anni. Abbiamo avuto modo di lavorare insieme in passato e abbiamo la fortuna di lavorare insieme anche oggi.
Ci siamo sempre stimati molto, forse perché condividiamo la stessa formazione e lo stesso approccio a qualsiasi cosa che contenga del silicio, usi la corrente elettrica per funzionare e rappresenti tutto con degli zeri e degli uno.
Se guardo il nostro organigramma io ho scritto sotto il mio nome “General Manager, Global” e lui “Chief Operating Officer” e, se non altro sulla carta, questo ci permetterebbe di stare lontani da un certo tipo di operatività.
La realtà è che non ci riusciamo. In primo luogo perché in Sketchin i titoli contano poco o nulla e tutti ci si sporca le mani quando ve ne è necessità ed in secondo luogo perché a fare certe cose ci divertiamo ancora un mondo.
Per questa ragione capita ad entrambi di doversi rimboccare le maniche, aprire una finestra di un terminale sui nostri pc, lanciare vi (perché noi siamo ancora vecchia scuola) e scrivere codice.
Io ho scritto tutta la parte relativa alla integrazione tra i nostri fogli stima che vivono su Google Sheets con Salesforce e lui una quantità di “colla” che fa parlare tra di loro i sistemi che compongono l’infrastruttura di Sketchin (Harvest, Navision, Expensify tanto per citarne alcuni).
In questi giorni sto lavorando ad una evoluzione della integrazione tra Google Sheets e Navision e mi sono trovato nella condizione di dovere mettere mano alle API di Harvest per collezionare dei dati di cui ho bisogno per fare funzionare la baracca.
Mi ricordavo che Sergio aveva giù scritto qualcosa su questo tema e per questa ragione mi sono messo a cercare sul nostro Google drive il codice che ha scritto.
Scarico tutto il package localmente sul mio pc e comincio a guardare.
Il cuore vive tutto in uno script per la shell. Lo apro con vi e comincio a leggere.
Semplicemente stupefacente. Tutto il codice è commentato e perfettamente formattato. Ci metto meno di cinque minuti a capire la logica e l’utilizzo che ne fa.
Espressioni regolari da fantascienza, curl, sed, alcune perle che nemmeno ricordavo possibili in uno script. L’uso di jq di cui nemmeno conoscevo l’esistenza.
Confesso che ho provato un grandissimo piacere nel leggere quel codice e ne sono rimasto veramente molto colpito. E’ tutto di una di una eleganza e chiarezza assoluta.
Tra me e me pensavo che io non sarei stato in grado di fare niente di così perfetto, nemmeno nel mio momento d’oro.
Ecco, quando dico che talvolta scrivere codice è una forma d’arte mi riferisco proprio a qualcosa come quella che Sergio ha scritto.
Sergio, chapeau! Potrei lucidarti le scarpe.
Shameless self promotion ahead…
Nel caso non ve ne foste accorti qui in giro c’è anche un podcast con il quale potrete intrattenervi.
Quello di seguito è l’ultimo episodio.
Qui, invece tutti gli episodi pubblicati sino ad ora: Parole Sparse – Il Podcast