Credo che ognuno di noi abbia dei rifugi in cui riparare quando se ne sente il bisogno. Bisogno di staccare dalla densità della quotidianità, dalla pressione della giornata, dalle persone, dal rumore.
I miei preferiti rifugi sono tre.
In primo luogo la lettura. Sono un lettore compulsivo. Leggo di tutto. Libri, riviste, quotidiani. Ritaglio, archivio, annoto e sottolineo. La lettura mi trasporta in mondi paralleli e lì dentro posso nascondermi quanto a lungo desidero. Da qualche anno il genere giallo mi affascina. Mi trovo daccordo con Friedrich Glauser quando dice che il giallo rimane “l’unico mezzo per diffondere idee ragionevoli”. Un pochino estremista in effetti.
Il secondo rifugio è la musica. Da un lato la musica ascoltata. Che sia l’aria di un opera od un concerto di Jimi Hendrix passando da un buon blue d’annata ed i classici del jazz. Niente mi rilassa come il Má vlast di Bedřich Smetana. Niente mi emoziona di più dell’album Chet Baker Sings. E poi c’è la musica suonata su una delle mie chitarre. Vagare a caso tra le note e alzare il volume coprendo tutti i suoni che vengono dall’esterno. Paradiso.
Il terzo rifugio è la programmazione. Scrivere codice. In genere questo lo faccio quando ho bisogno di ordine. Strutture ben definite, regole certe. Razionalismo quasi assoluto. La trovo una cosa molto rilassante e null’altro mi fare stare bene come un pezzo di codice che sia elegante e funzionale. Se poi funziona al primo lancio del programma, ancora meglio.