Un confronto acceso

Questo pomeriggio ho avuto un confronto piuttosto acceso con il nostro locatore.

Il motivo del contendere consiste nella sua intenzione di introdurre una modifica unilaterale al contratto di locazione senza che questo sia previsto dal contratto in essere e senza alcuna base ragionevole che mi possa indurre ad accettarla.

Per i curiosi stavamo parlando della, oramai memorabile, Tassa di Collegamento che è stata introdotta nel Canton Ticino e che, per il momento, si trova sotto l’analisi del Tribunale Federale. Questo suo status la rende inapplicabile sino a che il tribunale non si sarà pronunciato.

Confesso che per la prima volta dopo circa dieci anni ho veramente perso la pazienza tanto che ad un certo punto della conversazione ho detto che potevamo ritenere conclusa la discussione senza avere raggiunto un accordo.

Ecco, questo è un errore grave.

A coloro che mi leggono e che sono in tenera età mi sento di dire che dovrebbero cercare di non commettere mai errori di questo genere.

Non mi rammarico affatto della durezza del confronto. Questa ci sta tutta e, tutto sommato, mi diverte anche.

L’errore risiede nel fatto non si deve mai abbandonare un tavolo di trattativa chiudendo le porte. Si deve sempre e comunque lascire uno spiraglio attraverso il quale la trattativa, per quanto dura e complessa, possa riprendere.

Reagendo in questo modo mi sono posto in situazione di svantaggio. Una situazione nella quale non vorreste mai trovarvi durante una trattativa.

Certo che è stato piuttosto divertente.

Scrivere una proposta

Con il tema pressante della integrazione con BIP sono diversi mesi che non mi ritrovavo nella situazione di dovere scrivere una proposta commerciale.

Al massimo sino ad ora ho dovuto parlare di qualcosa scritto da altri.

Nei mesi passati su questa attività ero un vero fulmine di guerra. Ero in grado di scrivere proposte, sensate, in tempi rapidissimi ed era una cosa che mi riusciva particolarmente facile.

Oggi mi sono trovato a doverne scrivere una ex novo. Diciamo che non era assolutamente una cosa complessa ma, piuttosto, il nostro bread and butter.

Ho incontrato una difficoltà che non mi aspettavo. Ho faticato a navigare tra la stima e la rappresentazione della strategia di progetto. Ho impiegato una valanga di tempo a selezionare le giuste immagini e a scrivere sul contesto di riferimento. La fase di review è stata lunga e faticosa.

In sostanza, non sono più abituato.

Come qualsiasi altra abilità anche quella di scrivere proposte commerciali è un’arte che va praticata e su cui bisogna esercitarsi per non perdere la padronanza del tema e l’agilità nella creazione.

Oggi mi sono sentito veramente molto arrugginito.

LinkedIn (reprise)

Ho già scritto recentemente sugli orrori che ricevo su LinkedIn.

Oggi, purtroppo, ne devo aggiungere uno nuovo…

Tre richieste di contatto a distanza di settimana da persone che ritengo essere “vere”, nel senso che hanno una rete di contatti che non sembra essere campata in aria.

Faccio il mio solito test sociale e accetto.

Ecco, tutte e tre che mi inviano lo stesso, preciso, identico, medesimo messaggio con il quale tentano di vendermi qualcosa.

A tutti e tre ho risposto con copia del messaggio con intestazione “Scopri le differenze”.

Stupefacente.

Skipping a beat

Fino ad ora sono stato molto diligente con questo esperimento. Sino a ieri non avevo mai mancato un appuntamento.

La giornata di ieri è stata molto intensa così come lo è stata quella precedente.

Due giorni spesi con una incredibile quantità di persone brillanti ed intelligenti che mi hanno lasciato con decine di spunti e riflessioni da fare.

Le discussioni sono continuate anche durante il viaggio e una volta arrivato a casa il mio cervello ha continuato ad elaborare quanto era stato detto durante questi giorni. E’ stata una cosa che mi ha preso completamente tanto da farmi dimenticare molte cose.

Tra queste anche il fatto di avere questo appuntamento con Corrente Debole.

Da un lato ho rotto una promessa, almeno per un giorno, dall’altra sono veramnente soddisfatto di avere così tante cose su cui lavorare nei prossimi mesi.

*****S

Mi trovo in questo albergo fighissimo in quel di Rapallo.

Ogni cosa all’interno della stanza ha il logo dell’hotel con tanto di cinque stelle e lettera S ben in evidenza. Sono circondato da pezzi di antiquariato che ad ogni piè sospinto mi ricordano la storia secolare di queste mura.

Dalle finestre si gode una vista sul mare che lascia con il fiato sospeso. Sopratutto la sera quando il sole cala sul mare scomparendo all’orizzonte.

Tutto è molto curato e creato per creare il minor fastidio possibile agli ospiti cercando di anticipare ogni loro necessità per fargli vivere la migliore esperienza possibile durante il loro soggiorno.

Sono stato molto fortunato e ho frequentato molti di questi alberghi durante viaggi di lavoro.

Nonostante tutta questa attenzione ai dettagli ho sempre trovato delle cose che stonano con il contesto:

  • Spesso la doccia, ed in particolare l’erogatore della doccia, è tristemente sotto lo standard delle cinque stelle S. In questo caso particolare è piccolissimo e se apri completamente il rubinetto la pressione dell’acqua è vicina a quella di una condotta forzata di una centrale idroelettrica.
  • L’asciugapelli all’interno della stanza è in grado di erogare solo una leggera brezza calda invece di quel piacevole flusso di aria caldissima che mi piacerebbe avere.
  • Il controllo della temperatura della stanza è assolutamente inusabile. Passi dal caldo tropicale del deserto sahariano al freddo tipico del pack artico.
  • Detesto i letti matrimoniali che hanno due materassi. Quando ci dormo da solo finisco sempre per finire nella giunzione tra i due materassi.
  • Ho una repulsione totale per le grucce che non sono grucce. Mi riferisco a quelle grucce che hanno il sistema di aggancio “proprietario” per evitare che tu te le possa infilare in valigia.

Nonostante questo mi posso considerare un bambino fortunato.

LinkedIn

Continuo a rimanere convinto del fatto che ogni strumento debba essere conosciuto nelle sue dinamiche prima di poterlo usare. La conoscenza ti evita di fare degli sfondoni, nella migliore delle ipotesi. e di risultare assolutamente molesto nella peggiore.

LinkedIn non sfugge a questa regola.

In generale la mia politica su LinkedIn è piuttosto rigida. Difficilmente accetto richieste da persone alle quali non ho mai stretto la mano e scambiato due parole. Le eccezioni sono veramente poche.

Nonostante questo conduco i miei esperimenti sociali e molto spesso accetto richieste di collegamento da perfetti sconosciuti.

Ne nasce un bestiario di tutto rilievo.

Ecco i casi più eclatanti:

  • Conduco una ricerca per una figura da inserire nel mio team. Mi scrive una gentile signorina che si è candidata seguendo le vie tradizionali e testuale: “Buongiorno Dott. Galetto, sono xxx yyy e mi sono candidata per la posizione zzz. Mi chiedevo se fosse possibile vederci per un pranzo per approfondire alcuni aspetti della posizione, ma solo per il pranzo”. Ora, mia cara signorina, mi hai appena dato dell’assatanato e non mi figuro come tu possa esserti fatta questa idea. Soprassiedo e rispondo che è impossibile vedersi per pranzo, ma solo per il pranzo, dato che se pranzassi con tutti i 150 candidati dovrei mettermi in lista d’attesa per un trapianto di fegato.
  • Un’altra gentile signorina mi scrive da una società che si occupa di recruiting e che vuole propormi i servigi della sua società. “Buongiorno Dott. Galletta…”. No, il mio cognome è Galetto, non Galletta. Risposta: “Sono mortificata Dott. Galletto…”. Ci siamo quasi ma non ancora. “Spero che questo non la faccia pensare di non volere parlare con me”. Mah, vedi tu.
  • Un recruiter Inglese mi dice di avere letto il mio profilo e di essere perfetto per una posizione in Vietnam. Bene, facciamoci due chiacchiere. Dopo quaranta minuti di chiacchiere telefoniche mi chiede: “La posizione prevede che lei parli Vietnamita…”. Ora, tesoro mio, dal mio profilo risulta abbastanza evidente che io Vietnamita non parlo nè posso dire che sia una delle lingue insegnate a scuola in Italia. Ma secondo te questa domanda me la devi fare dopo quaranta minuti di chiacchiere?
  • Decine di persone che venti secondi dopo avere accettato il collegamento tentano di venderti la qualunque.
  • Ad oggi conto quattro escort con un profilo LinkedIn molto nascosto in un comune job title. Inutile che cerchiate, sono state immediatamente rimosse. Ora che ci penso questo fa il paio con quella del pranzo. Comincio ad intravedere un pattern. Devo indagare.
  • Tre richieste di collegamento da persone che hanno come foto del profilo quella del loro animale domestico.
  • Due richieste di collegamento da persone che hanno come foto del profilo quella di un supereroe.
  • Una richiesta di collegamento da una persona che ha come foto del profilo la maschera di Guy Fawkes. Ok, questa la stavo per accettare.

Sangue giovane

Io pensavo di averle viste quasi tutte nel rutilante mondo delle startup. Da quella che manda messaggi di posta elettronica quando sarò passato a miglior vita a quella che, nella stessa occasione, promette di trasformarmi in concime per alberi o, cosa molto più fashion, in un diamante che possa essere indossato da uno dei miei cari.

Mi devo ricredere.

Sappiate che esiste una startup che esiste una startup che si chiama Ambrosia che promette trasfusioni di sangue proveniente da donatori con una età compresa tra i 16 ed i 25 anni.

Ambrosia sostiene che una trasfusione di sangue giovane  avrebbe i seguenti effetti positivi:

  • Young blood reverses age-related impairments in cognitive function and synaptic plasticity in mice. Si, per il momento lo studio si limita ai topi ma noi siamo fiduciosi.

  • Young Blood May Hold Key to Reversing Aging. In questo caso si riporta sotto il paragrafo “Science” un articolo del NY Times. Ora io ritengo che NY Times sia una fonte autorevole ma non credo che metterei la mia vita nelle mani di un editore.

  • Efficacy and Safety of Young Health Plasma on Acute Stroke.

  • Young Plasma Transfusions for Progressive Supranuclear Palsy.

  • Young Donor Plasma Transfusion and Age-Related Biomarkers.

Io quasi quasi mi iscrivo. Hai visto mai.

Il perito

Dopo mille peripezie sono finalmente riuscito ad incontrare il perito per la riconsegna della mia macchina giunta, bontà sua, a fine leasing.

Quando mi capitano queste occasioni non posso mai fare a meno di osservare il modo di lavorare di coloro con i quali ho a che fare. È una sorta di deformazione professionale che mi spinge a valutare il lavoro che le persone fanno nell’ottica del Service ed Experience Design.

Diciamo innanzitutto che il perito si è rivelato essere persona gentilissima e molto cortese nei modi nonostante si trovi a dovere svolgere un compito spiacevole. Deve valutare i danni alla vettura e mettermi le mani nel portafogli.

Si è presentato con la sua borsa con un personal computer e per un brevissimo istante ho immaginato che usasse il personal computer per eseguire la perizia. È stato un istante che è durato un battito d’ali. Dopo pochi secondi ha estratto un modulo di carta ed ha usato quello durante tutta la analisi della vettura. In parallelo ha scattato qualche milione di fotografie che neanche la nuova macchina di Formula 1 della Ferrari.

Ovviamente ha dovuto saltare dalla carta alla macchina ad ogni piè sospinto e gli ho visto compiere dei gesti acrobatici degni del Cirque du Soleil.

Una volta terminata l’ispezione mi ha invitato a seguirlo all’interno del concessionario. Ha tirato fuori il suo personal computer e ha cominciato a ricopiare la scheda  cartacea sul suo sitema online. Diciamo che ha speso una ventina di minuti buoni per compiere questa operazione.

Alla fine l’oracolo applicazione sul personal computer ha prodotto un numero che rappresenta l’importo che devo pagare per i danni che lui ha rilevato.

In questo caso mi verrebbe da dire che, tecnicamente, il perito è l’applicazione e lui, al massimo, si è comportato come un rilevatore.

Al termine del processo ho firmato il foglio di carta redatto in sei copie…

Diciamo che anche in questo caso molto si potrebbe fare…

Noleggiare un auto

Devo noleggiare un auto… ovviamente lo faccio online in modo da cercare di risparmiare tempo.

Comincio a cercare la mia auto e finalmente trovo quello che mi piace. Confermo la scelta ed il sito si muove verso il checkout.

Ovviamente mi viene richiesto il nome della persona che condurrà la vettura. Mi viene anche fatto notare che il nome deve ASSOLUTAMENTE essere quello che è riportato sulla patente di guida. Mi sembra una richiesta ragionevole.

Ora molti di voi non sanno che i miei genitori mi hanno affibbiato tre nomi di battesimo. Alessandro, Attilio e Dante e ognuno di essi è riportato su tutti i miei documenti, patente compresa. Provo ad inserire questa pletora di nomi ed il campo della form me lo impedisce limitando la lunghezza a 12 caratteri. Non c’è che dire bravi.

A questo punto inserisco solo Alessandro e mi dico che risolverò il problema quando andrò a ritirare la macchina.

Proseguo nella compilazione del form e mi viene chiesto se voglio accreditare i punti raccolti dal noleggio su un programma di loyalty di una compagnia aerea. Naturalmente sì. mi sembra una ottima idea. Peccato, Alitala non è compresa nella lista.. Nessun problema mi dico, vado avanti.

No, non vado avanti dato che non posso proseguire nella form se non inserisco un partner ed un codice. Per proseguire me ne invento uno.

Alla fine riesco anche a comunicare i dati di pagamento e, forse, a prenotare una macchina per questo pomeriggio.

Che strazio.

Resistere al cambiamento

Di qualsiasi cambiamento si tratti, personale o professionale, c’è sempre resistenza al cambiamento.

La realtà delle cose è che tendiamo sempre a rimanere nella nostra zona confortevole e non vediamo di buon occhio qualsiasi cosa ci allontani da essa.

Questo vale anche per le organizzazioni. Quando due organizzazioni si incontrato entrambe tenderanno ad uniformare l’altra ai propri strumenti e processi.

È quindi naturale che in questi momenti si generi frizione tra i due organismi. È come quando due corpi celesti si avvicinano troppo. Il risultato è sempre catastrofico nei primi momenti ed in seguito i sistemi trovano un loro equilibrio.

Trovo che l’unico modo di evitare questo genere di frizioni sia cercare di spiegare perchè si agisce in un certo modo. Questo elemento è particolarmente critico quando una delle due entità ha una sua cultura che intende preservare ad ogni costo.

Going to the mattresses” non è mai una buona idea in questa casi. Ci si rimette entrambi e, per certo, si lasciano dei cadaveri sul campo.

Certo è che se insisti in un atteggiamento distruttivo non rimane che sfoderare la Thompson.

Progettare servizi

La prossima settimana scade il mio contratto di leasing per l’auto e quindi mi devo riorganizzare per la riconsegna.

Ancora una volta tutti i servizi sono costruiti per fare in modo che i problemi di operations dell’azienda vengano risolti dai clienti.

Chiami l’azienda con la quale hai stipulato il contratto di leasing e ti viene detto che loro non si occupano direttamente della riconsegna e che quindi devo contattare il concessionario.

Provo a contattare il concessionario per la riconsegna. Il centralino ti fornisce tutto le opzioni possibili e immaginabili. Premi uno per le vendite, due per l’officina, tre per questa marca, quattro per le moto ma niente che ti metta in contatto con un essere umano che si occupi dei contratti di leasing.

Rinunci e scrivi un messaggio di posta elettronica. Dopo tre giorni viene contattato da una persona, assolutamente gentilissima, che ti dice che per riconsegnare l’auto devi prendere appuntamento con una agenzia esterna che si occuperà della perizia. In linea di principio la cosa è assolutamente ragionevole. Fare periziare l’auto da una terza parte dovrebbe servire a proteggere il cliente. Non approfondisco ma immagino che sia il concessionario a pagare la perizia e quindi tutta questa protezione nei miei confronti non la vedo.

Il signore mi dice di inviargli i dati con la targa dell’autoveicolo, il modello e il numero di telaio della vettura in modo che possa attivare la pratica e fissare l’appuntamento… No, davvero? Il numero di telaio? Io non so nemmeno dove si trova il numero di telaio… mi ricordo che da qualche parte nel sito dove ho registrato la mia vettura c’era un numero che si chiama VIN, vehicle identification number, che penso possa essere il numero di telaio. Ho ragione, il VIN è il numero di telaio.

Quindi tu fai recuperare a me clienti dei dati che sono certamente immagazzinati il almeno tre sistemi della tua azienda. Considerazione che tengo per me, ovviamente.

Ok, abbiamo tutti i dati per prendere un appuntamento.

No, non è così veloce. Bisogna mandate la richiesta alla società che fa le perizie ma che non rilascia mai appuntamenti prima di cinque giorni dalla richiesta… nemmeno stessi chiedendo di essere ricevuto dal Santo Padre.

Per fortuna in questo caso scrivono loro… e questo è un errore perchè si innesca una negoziazione tramite la triangolazione del concessionario. La società che fa le perizie è flessibile come un muro di cemento armato e alla fine prenoto l’appuntamento.

Confermato l’appuntamento arriva un messaggio di posta elettronica dal perito scritto in uno stile che nemmeno Adolf Hitlee quando stava di cattivo umore. Tutti imperativi. Fai questo, porta quest’altro, non dimenticare di e via dicendo.

Inutile dire che già mi sono girate le scatole e presumo che l’appuntamento di Lunedì sarà un bagno di sangue.

Ma quando riusciremo a capire che i servizi devono essere costruiti intorno ai clienti e che dei clienti non puoi abusare.

Avevo già deciso per un altro brand ma questa è un ulteriore conferma. Non che mi aspetti nulla di diverso, sia chiaro.

Carta e penna

È un dato di fatto che la mia memoria non è più quella di una volta. Non si tratta della usuale lamentela sull’avanzare dell’età ma di una pura e semplice constatazione.

Mi ritrovo sempre più spesso a pensare a qualcosa che ritengo sia interessante, che valga la pena esplorare con più attenzione o di cui valga la pena scrivere.

Ore dopo mi ritrovo a fissare l’infinito cercando di rircordare di che cosa si trattava e, nonostante gli sforzi, non ne vengo a capo.

Questo è il motivo per cui ho sempre a portata di mano carta e penna. In questo modo ho la possibilità di salvare le mie idee dall’oblio.

Un giorno che dura una settimana

Ci sono dei giorni che durano una settimana o, in altre parole, ti danno l’idea di avere ottentuto quello che di solito impieghi una settimana ad ottenere.

Oggi è stato uno di quei giorni.

Una sveglia all’alba per prendere un treno per Roma. Tre ore spese a rivedere in maniera certosina un executive summary per una presentazione ad un CEO alle 17.30. Essere puntacazzisti non aiuta in questi casi.

Il solito flusso di messaggi di posta elettronica con cose più o meno importanti. Trovare il modo di litigare virtualmente con il tuo locatore per qualcosa che io ho ritenuto essere un vero e proprio ricatto.

Provare a fare una telefonata importante, purtroppo senza successo.

Arrivare a Roma e fiondarsi in centro per la revisione del materiale per l’incontro con un altro CEO nel primo pomeriggio. Avere il tempo di stupirsi del fatto che a Roma piova.

Saltare in taxi e andare a parlare di chi sei e di quello che fai con il solito entusiasmo che mi travolge quando mi capita di fare queste cose.

Sapere che c’è un team di persone di talento che si sta facendo un mazzo tanto perchè tu possa andare a fare il tuo show. Saltare in taxi consapevole di avere giusto il tempo necessario per il prossimo appuntamento.

Guardo l’orologio e sono già le quattro e mezza del pomeriggio.

Osservare il traffico che scorre lentamente mentre sei al telefono con un’altra persona di talento per definire insieme come dividerci il materiale da illustrare.

Scendere dal taxi con giusto il tempo necessario per farsi annunciare e poi via in due ore e mezza di review finale di un progetto importante. Ancora una volta notare come ti stai accalorando nel raccontare perchè hai fatto certe scelte, perchè le cose sono strutturate in un certo modo e perchè la strategia è stata costruita secondo questi razionali.

Lasciare la parola alla persona che è con te e rendersi conto che, cavoli se è brava, se la cava meglio di te nella sua parte.

Terminare l’incontro con il CEO alle otto di sera e fermarsi per le ultime chiacchiere.

Chiedere esplicitamente al tuo cliente “Sei contenta?” e sentirsi rispondere “Sono molto contenta!”.

Uscire dal palazzo alle otto e mezza e vedere che quel piazzale che nel primo pomeriggio era pieno di auto ora è completamente vuoto. Aspettare il taxi che ti porta in albergo.

Parlare con il conducente di moto e di quanto sei ancora affezionato alla tua Yamaha SuperTenerè. Arrivare in albergo e ordinare qualcosa in camera perchè, genio, nell’albergo che hai prenotato il ristorante è a due chilometri di distanza.

Scrivere queste poche righe e rendersi conto di due cose.

La prima è rendersi conto che tutto questo non sarebbe possibile se insieme a te non lavorassero persone che ogni giorno danno tutto quello che hanno per i progetti su cui lavorano. Persone che ti danno l’opportunità di brillare, ma di luce riflessa. Ci metti del tuo ma senza l’insieme non potresti illuminare nemmeno uno sgabuzzino.

La seconda è constatare che fai tutto questo perchè ti piace e ti fa sentire vivo come non mai.

I servizi gratuiti del Marriott

Per un evento aziendale oggi ho speso la mia giornata presso un hotel della catena Marriott in centro a Milano.

Le nostre sale riunioni si trovavano al primo piano e, dato che sono di una pigrizia assoluta, ho usato l’ascensore per raggiungerle.

All’interno dell’ascensore era pubblicizzato un servizio dell’hotel tramite il quale gli ospiti avrebbero potuto leggere le più diffuse testate nazionali ed internazionali gratuitamente durante il loro soggiorno presso l’hotel. Offerta interessante. Per poterlo fare dovevi semplicemente scaricare l’applicazione sul tuo device e regalare una carrettata di dati personali. Cosa che comunque avevi già fatto essendo cliente dell’hotel.

Oltretutto l’applicazione era rilasciata per iOS, Android, Windows Mobile e, per non farci mancare nulla, anche Amazon. Sono daccordo che Amazon rientra in una delle categorie di cui sopra, ma non rileva.

Fighissimo.

Peccato che il WiFi all’interno dell’hotel è gratùito solo nella lobby. In tutto il resto dell’hotel il WiFi costa 12,00 EUR a device.

Se vuoi leggere il tuo giornale gratis lo puoi fare solo nella lobby.

Dieta informativa

Se è vero che la dieta vera e propria non è ancora cominciata devo dire che la mia dieta informativa è ormai entrata a pieno regime.

L’eliminazione del superfluo dalle mie letture comincia a dare i suoi esiti positivi ed il rapporto segnale/rumore sta assumendo proporzioni decisamente gestibili.

Si tratta comunque di un processo continuo e senza fine, chè un somaro qualsiasi si può insinuare nei tuoi feed senza che tu nemmeno te ne accorga.

Anche per quello che riguarda i miei feed di notizie il numero è decisamente diminuito rispetto all’anno scorso.

Si sono affiancate diverse fonti che provengono da YouTube come ad esempio le registrazioni delle sessioni delle conferenze BlackHat e 3C che sono fonte continua di ispirazione per chi ha tendenze nerd come me.

Aumentato anche il numero di fonti che non appartengono al mio mondo professionale o a quello strettamente tecnologico. Questa è aria nuova che mi distrae dalle incombenze quotidiane liberando il mio cervello dalle solite menate.

Tutto questo per dire che ogni tanto una sana revisione e razionalizzazione di quello che si legge ha il suo grandissimo perchè.