Festa al bowling

Una agitatissima compagine di ottenni festeggia il compleanno di un sodale presso il locale bowling.

Tralascio il fatto che il bowling di cui sopra si trova proprio sotto il palco dove tra poche ore si esibirà Elisa con conseguente invasione di fan deliranti alla ricerca di un parcheggio ormai introvabile.

Le divinità che proteggono il giuoco del bowling si stanno rivoltando per come viene interpretato il sacro rito.

Ci sono listarelle di parquet che stanno lacrimando resina e preferirebbero molto di più finire in un caminetto che sottostare ai feroci colpi di questi masnadieri.

L’addetto alle piste ha già tentato due volte di impiccarsi al calorifero con i lacci delle scarpe.

Le mamme stanno tenendo un consesso privato che il G8 a confronto è una riunione di compagni d’asilo.

Ci sono palle da bowling che volano in tutte le direzioni tranne quella che naturalmente dovrebbero prendere.

Guardo tutto questo e penso che sia una grande idea. Immaginate se tutto questo accadesse in casa.

Progressi

Per i miei appunti di lavoro io sono ancora molto legato al mio taccuino ed alla mia storiografica con inchiostro color sangue di piccione.

Regolarmente provo a passare al digitale, non ultimo il tentativo con iPad Pro e Pencil. Purtroppo non funziona.

Torno regolarmente ai miei taccuini.

Ieri sera mi sono capitati sotto le mani quelli dell’avventura con Sketchin.

Sono passati quattro e, accidenti, ne abbiamo fatta di strada. 

Son soddisfazioni.

Ma che si vota?

Mi è parso di capire che il prossimo 4 Dicembre si vota.

La mia timeline di Facebook, e, in forma più attutita data la sua natura più internazionale, di Twitter è piena di ogni genere di esternazione.

Sia per un fronte che per l’altro ho letto delle fregnacce di dimensioni colossali. Si passa da scenari che prevedono future dittature ad altri che descrivono il realizzarsi del paradiso in terra.

Ho visto persone che si sono sbattute per rendere evidenti a tutti le differenze tra i due testi. Io sono nato informatico e come tale prima di mettermi a fare il lavoro sporco verifico se lo ha fatto qualcuno prima di me e, magari, meglio. Poco mi importa se il lavoro lo ha fatto il promotore di un fronte o dell’altro.

Come sempre avviene su questioni politiche gli animi si infiammano molto velocemente. Il mio su questi temi ha smesso di essere infiammabile intorno al secondo anno di università.

Io studio e poi decido serenamente cercando di evitare di farmi influenzare.

Personalmente uso il magico bottone “hide” di facebook su ogni post di questo genere. Arma molto spesso sottovalutata ma di enorme efficacia per la mia integrità di pensiero.

Insomma, avete un pochino rotto le palle nel tentativo di sensibilizzare. La vera verità è che non ci sono influencer ma solo rompiballe.

L’unica cosa che avrebbe senso pubblicizzare su questo tema è la seguente: studia ed alza il sedere per andare a votare.

Le persone umili

Conosco persone che in termini professionali, passato e futuro, mi possono mangiare a colazione come se fossi un cornetto appena sfornato.

Ogni volta che incontro una di queste persone imparo qualcosa dì nuovo ed emozionante.

Nonostante tutto quello che queste persone avrebbero da raccontare e dì cui potrebbero passare ere geologiche a vantarsi, esse rimangono di una umiltà assoluta.

Potrebbero riempire il loro wall di Facebook con le imprese realizzate per i loro clienti o con le nomine prestigiose ricevute.

Ecco, queste sono le persone che mi piace avere intorno.

Vorrei avere anche io la loro umiltà e capacità di rendere semplici le cose difficili.

Ma che bel titolo!

Mi capita spesso di essere attirato da un titolo di un link sulla timeline di Facebook o di Twitter e di cominciare la lettura della pagina verso la quale sono stato trasportato.

Tipicamente, ad un terzo della pagina, scatta il momento WTF. Ma che genere di composti chimici ha ingerito chi ha scritto il titolo? Scopro in quel momento che il contenuto della pagina è una versione molto più soft di quanto espresso nel titolo. Altre volte l’attinenza è pressochè nulla.

Io lo so che voi non vi drogate e che per un click vendereste anche i vostri genitori con la formula prendi due paghi uno, ma siamo davvero arrivati al limite.

Io mi immagino che presto un algoritmo di machine learning sarà in grado di verificare in tempo reale che siete dei minchioni e che vi seppellirà nella terza pagina dei risultati organici di una ricerca su Google (se vi va bene) o vi nasconderà per sempre dalla mia ed altrui timeline.

Nel frattempo ho sviluppato un meccanismo protezionistico autonomo che mi spinge a fare un hide istantaneo del contenuto “fregnaccia”. Magari mi perdo qualcosa di veramente interessante ma sicuramente evito di perdere il mio tempo con degli imbroglioni.

Andiamo al cinema

Questo pomeriggio sono andato al cinema con Beatrice.

Giorno di pioggia a Milano ed era quindi lecito aspettarsi una affluenza superiore alla media.

Quando progetti un servizio nel mondo fisico dovresti tenere in considerazione questi aspetti e, oltre a questi, dovresti fare in modo che tutto ciò che costruisci intorno al tuo punto di fruizione sia orchestrato nella maniera corretta.

La gestione delle code, complice la tipica attitudine Italiana di interpretare le code ad apparato riproduttivo di canide, non funziona oltre un certo limite. I corridoi che dovrebbero indicare le file sono troppo corti per assorbire, e gestire, un grande numero di persone. Il risultato è che al di fuori delle corsie c’è l’anarchia dove tende a vincere il prepotente. Il prepotente spesso si accompagna con i pargoli i quali cresceranno con lo stesso approccio.

Arrivi alle case più o meno integro e lì osservi che non ci metti i venti secondi che ci dovresti mettere:

  1. Buongiorno, due biglietti per Trolls, per cortesia.
  2. Ecco a lei, sono 19 Euro.
  3. Allunghi la banconota da 20 Euro.
  4. Prendi un Euro di resto.
  5. Ti accomodi in sala.

No, non funziona così. Ci sono quelli che hanno un biglietto gratis grazie al programma di loyalty di 3, quelli che usano i buoni dell’Esselunga, chi ha prenotato da casa ma non usa l’applicazione e via con almeno altri due casi di cui non sono riuscito ad identificare il meccanismo. Per ognuno di questi casi l’operatore si deve districare tra processi diversi. Chi con un lettore di carte magnetiche, chi con un lettore di codice a barre ecc. ecc.

Il risultato è che per emettere un biglietto ci vogliono circa 90 secondi se ti va bene.

Ora, da un punto di vista di business trovo che siglare partnership con i programmi di loyalty di altre aziende sia una grandissima idea. Dall’altra dovresti cercare di armonizzare i processi per non fare soffrire tutta la catena di fruizione del servizio. Oltre a questo dovresti anche evitare di fare sentire i tuoi operatori come dei burattini dietro un bancone.

L’affluenza è grande e tu metti una sola persona a controllare i biglietti. Siamo nel 2016, siamo sicuri che quella persona sia utile lì e n0n, invece, a gestire un’altra cassa. Ci sono oramai decine di soluzioni automatiche per gestire questa cosa.

Non mi addentro nella organizzazione del punto vendita di cibi e bevande ma è certamente un altro punto su cui molto potrebbe essere fatto.

Insomma, a me questa cosa del tiriamo a campare comincia a dare un pochino fastidio. Ci sono enormi finestre di opportunità che potrebbero essere sfruttate e che avrebbero un impatto positivo sia sui numeri del business che sulla qualità dell’esperienza che consegni ai tuoi clienti.

Non sarebbe il caso di comincare a darsi da fare?

Una slide al giorno

Oramai su Corrente Debole siamo arrivati a 117 posts, questo compreso.

Diciamo che l’esperimento continua con successo e non avrei immaginato che così tante persone mi avrebbero dedicato il loro tempo per leggere le mie parole giorno dopo giorno. Se vogliamo questo è uno degli elementi che, nonostante tutto, mi spinge a continuare l’esperimento.

Ci sono stati davvero giorni in cui avrei davvero voluto solo andare a dormire senza occuparmi di null’altro.

Tra le persone che commentavano positivamente questo giochetto c’era Tiziano che mi raccontava dell’esperimento di un altro suo amico. Non un post al giorno, ma, piuttosto, una slide al giorno.

Mi diceva che alla fine, e con una certa regolarità, la persona che sta facendo questo esperimento si ritrova con una quantità di cose di valore che potrà riorganizzare in contenuto di valore da poter comunicare.

Trasferire valore. Questo dovrebbe essere il fine ultimo di ogni cosa che facciamo.

Ammetto che l’idea mi affascina anche se, forse, è la versione moderna del quadernino delle idee su cui tutti annotiamo le cose che ci colpiscono o delle quali non ci vogliamo dimenticare.

Io quasi quasi provo anche con questa cosa. Magari con meno assiduità rispetto a Corrente Debole.

 

Ha vinto Trump

Interessante come si è evoluta la narrazione sui social network durante le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti.

Trump non vincerà mai. Clinton vincerà a mani basse. Attenzione alla sorpresa di Trump e a quelli che mentono nei sondaggi.

Cose false, bugie, ipotesi, complottismi e via dicendo.

Altrettanto interessante quello che è avvenuto dopo la vittoria di Trump.

Una quantià enorme di “Io l’avevo detto…”. Tra questi un insieme di aziende che si occupano di analisi del sentiment sui social networks che dicono di avere predetto tutto in anticipo.

Ecco, io ora mi prendo una vagonata di tweet e status da Facebook, mi invento un algoritmo di sentiment analysis che mi dica che vincerà Trump e poi, ex post, dico a tutti quanto sono stato figo e prometto che sarò figo anche in futuro.

La verità è che questo genere di analisi sono roba seria come sanno bene i miei amici di Teia Technologies Antonio, Mauro e Massimo.

In ultima analisi confermo come sia facile fare i predittori del passato spacciandolo per futuro. Eccheppalle.

Sbagliare è concesso

Come ho scritto ieri abbiamo avuto in studio questo contest per selezionare due praticanti.

Sono molto felice della scelta che abbiamo fatto e sono sicuro che abbiamo trovato due persone di grande valore che potranno pienamente esprimersi all’interno del nostro studio.

I partecipanti al contest avevano a disposizione cinque minuti per presentare davanti a tutti gli altri partecipanti e a tutto lo studio il frutto della loro giornata di lavoro. Ovviamente si tratta di una cosa complessa e che può certamente generare preoccupazione, sopratutto in coloro che ancora non sono abituati a parlare in pubblico.

Una delle persone partecipanti ha cominciato la sua presentazione ma dopo pochi secondi l’emozione la ha sopraffatta e non è riuscita a proseguire nella sua esposizione. Le abbiamo detto di prendersi il tempo necessario a tranquillizzarsi e le abbiamo detto che avrebbe potuto presentare il suo lavoro in coda alle presentazioni degli altri partecipanti.

Prima osservazione: chiunque si merita una seconda chance, quale che sia lo sbaglio che ha commesso.

Mentre la persona abbandonava la scena la ho osservata e ho letto nei suoi occhi la delusione. Sono assolutamente sicuro che in quel momento lei ha pensato di essere fuori dai giochi e che il suo errore sarebbe bastato ad escluderla quale che fosse il risultato del suo lavoro.

E’ arrivato nuovamente il suo turno e la presentazione è andata molto bene. Mi è molto piaciuta la sua capacità di analizzare il problema ed il percorso che ha compiuto nel trovare una soluzione. Un lavoro di ottimo livello se consideriamo che era stato eseguito nell’arco di una sola giornata.

Ci siamo ritirati in camera caritatis per decidere chi fossero le due persone che avremmo voluto al nostro fianco e abbiamo scelto anche lei.

Abbiamo scelto lei perchè il suo lavoro era ottimo e di profondità maggiore rispetto ad altri lavori che abbiamo visto durante la giornata.

Quando ho comunicato i nomi delle delle due persone ho letto lo stupore sul suo volto. Questa era la conferma che lei comunque si considerava già fuori dai giochi.

Seconda considerazione: non sei mai fuori dai giochi fino a che la partita non è finita.

Con il tempo puoi imparare a gestire le emozioni e fare in modo che la pressione sia un utile strumento per dare il meglio di sé. Se non possiedi la scintilla ed il talento non puoi imparare.

Questo è il motivo per cui quella persona è stata scelta.

Giovani virgulti

Abbiamo la possibilità di assumere dei praticanti designer in studio. Al contrario di quanto avviene molto spesso in Italia in Svizzera il praticante viene assunto e riceve una retribuzione di tutto rispetto.

In passato tutti i praticanti che sono transitati da Sketchin sono stati tutti assunti e sono tra noi ancora oggi.

Per questa ragione oggi ci sono in studio quindici giovani promesse del design. Avremmo potuto fare il classico giro di colloqui, una attenta osservazione del loro portfolio e decidere come avrebbe fatto qualsiasi altra azienda.

Io penso che il design sia un lavoro che richiede ispirazione, sudore e tanta manualità, sebbene su strumenti digitali.

Se dovessi assumere un meccanico lo metterei al lavoro su un motore che non funziona per capire in che modo analizza il problema ed osservare come lo risolve praticamente.

I quindici giovani virgulti sono al lavoro su una ipotesi di progetto che abbiamo inventato per loro. Spenderanno la giornata lavorandoci sopra e faranno un pitch di presentazione del lavoro eseguito. Dovranno spiegare quale approccio hanno usato e come hanno progettato il servizio che gli abbiamo richiesto di progettare.

Alla fine decideremo chi saranno coloro che entreranno a fare parte della nostra squadra.

E’ una giornata molto eccitante e piena di spunti positivi. Mi piace osservare la passione che tutti mettono in quello che fanno. E’ lo spirito o, se vogliamo, il sacro fuoco che anima chiunque si ritrovi a fare questo genere di lavoro. Peccato rendersi conto che in tante persone questa fiamma si affievolisce con il tempo trasformandole in ometti senza un perchè ma con un ego smisurato.

Nel frattempo mi presto ad essere intervistato come potenziale utente. L’unica cosa fastidiosa è che vengo intervistato come un utente “anziano”.

Il bottone della camicia

Mentre stavo indossando la camicia questa mattina uno dei bottoni ha ceduto e mi sono trovato nelle condizioni di dovere attaccare un bottone.

Sono sicuro che in quasi ogni casa esiste la stessa scatoletta che mi sono ritrovato a cercare io. E’ quella scatoletta in cui si trova tutto il necessario per affrontare questo genere di emergenze.

La nostra scatoletta è in realtà una scatola di cartone. Un cartone piuttosto robusto rivestito di fiori. Al suo interno ci sono un quantità di aghi delle più diverse dimensioni, rocchetti di filo di colori diversi, spille da balia, bottoni sfusi, forbici.

C’è anche il mitologico ditale che io non ho mai imparato ad usare. Le scatole più antiche contengono anche quell’oggetto a forma di uovo, generalmente fatto di legno, che serve a rammendare le calze.

Ditemi la verità: voi ne conoscevate l’esistenza. Sappiate che io ho fatto un corso con mia nonna a riguardo e sono piuttosto esperto nell’uso dell’uovo per rammendo.

Mentre stavo a ricucire il bottone caduto mi sono soffermato a pensare che in più di dieci anni che vedo in giro quella scatola nessuno di noi si è mai occupato di rifornirla.

E’ quasi un oggetto che si tramanda di generazione in generazione e che possiede dei poteri magici. Il suo contenuto non si esaurisce mai.

Sembra che il suo contenuto si rigeneri automaticamente nel corso del tempo senza che i proprietari se ne debbano occupare.

Molto più probabilmente qualcuno se ne occupa senza che mi venga fatto notare.

Pubblicità ingannevole

Tempo addietro rimasi molto stupito dal copy di alcune campagne pubblicitarie settembrini che mi spingevano ad iscrivermi in palestra. Ovviamente non mi sono affatto iscritto in palestra.

Da qualche settimana mi sono ritrovato un paio di campagne pubblicitarie in radio che mi hanno lasciato abbastanza perplesso.

Se non bastasse la popolazione di Facebook a sovvertire le leggi della fisica oggi possiamo parlare di un nuovo divulgatore scientifico in radio. Ecco quello che ho ascoltato:

… ha una intellingenza che usa al meglio l’aria, l’energia rinnovabile più disponibile..

Ecco, abbiamo risolto i problemi energetici della terra, ed era tutto così a portata di mano!

Degli altri invece mi offrono una meravigliosa opportunità di business:

… crea la tua bellissima piantagione dei bambù giganti …

Ovviamente si tratta di una opportunità da cogliere al volo. Oltre ai chiarissimi vantaggi economici mi offre l’opportunità di vivere in campagna dato che immagino di non potere avere una piantagione di bambù in centro a Milano. Già mi vedo nella mia piantagione con il mio Panama ben calzato sulla testa a governare il lavoro dei famigli.

Se combinassi le due proposte avrei anche dei costi operativi bassissimi dato che potrei prelevare tutta l’energia dall’aria.

Io credo proprio che questa piantagione la creo per davvero.

Fare spazio

Oggi ho sentito una riflessione che mi ha fatto molto riflettere. Fare spazio all’interno della propria vita.

Negli ultimi anni sono diventato sempre più minimalista. Sono sempre meno le cose che reputo assolutamente necessarie nella mia vita quotidiana e lavorativa. Per questo motivo mi ritrovo in una continua tensione verso la semplificazione.

Questo è uno dei motivi per cui detesto perdere tempo in cose ed attività totalmente inutili. Riunioni, conference call, proposte che non portano da nessuna parte. Sono diventato assolutamente selettivo. In tutto.

Il tema del fare spazio ha assunto una connotazione molto diversa negli ultimi tempi.

Negli anni passati avrei desiderato fare spazio nella mia giornata per poterlo riempire con decine di altre cose.

Oggi il mio desiderio è quello di fare spazio per avere dei vuoti. Vuoti significativi ma sempre vuoti. Vuoti che possono essere riempiti con l’impulso del momento ma che hanno comunque la caratteristica di non essere pianificati.

Forse anche nella vita di ogni giorni esiste il concetto di spazio negativo così come esiste nel design. E come nel design ha un senso, così lo ha anche nella vita di tutti i giorni.

Presentazioni

Credo che una delle attività che mi capita di svolgere con maggiore frequenza nel corso delle mie giornate lavorative sia quella di creare presentazioni.

Può trattarsi di presentazioni per conferenze alle quali devo parlare, ipotesi di progetto per nuovi clienti, presentazioni per un uso interno e tante altre forme.

Negli scorsi giorni mi è capitato di guardare cose su cui avevo lavorato anni fa e per pura curiosità ho messo in fila alcune slides separate tra loro da diversi mesi creando una sorta di timeline.

Mi sono reso conto che il mio stile è molto cambiato in questi ultimi anni. Le slides sono diventato assolutamente meno dense di contenuto, più semplici e con un solo messaggi chiave per ogni slide. Le immagini e le icone svolgono per me un ruolo di sempre maggiore rilevanza.

Diciamo che la tendo a semplificare le cose che devo dire in maniera assoluta cercando di andare al cuore del problema evitando qualsiasi tipo di supercazzola autocelebrativa o inutile nel contesto di cui sto parlando.

Ho più interesse a fare in modo che le persone ascoltino me mentre parlo piuttosto che siano distratte dalla lettura del contenuto delle mie presentazioni.

L’effetto collaterale è che la classica richiesta di lasciare il documento alla fine della presentazione lascia un pò il tempo che trova.

In questi giorni sto ragionando su alcune ipotesi di lavoro:

  • Utilizzare in maniera più complessa le presenter notes in modo che possano rappresentare una sintesi del mio pensiero.
  • Affiancare la presentazione ad un documento scritto che approfondisca il contenuto della presentazione.
  • Registrare la presentazione e dare la possibilità di riascoltarla quando necessario.

Tutte e tre queste ipotesi hanno vantaggi e svantaggi. Probabilmente, come in tutte le cose, non esiste una soluzione che vada bene per tutti i casi.

Fiera e congresso

Oggi ho partecipato ad un evento per il quale sostituivo una collega che aveva un altro impegno. Si è parlato di pagamenti ed affini.

In genere cerco di evitare questo genere di appuntamenti cercando di dedicarmi ad attività più produttive.

Qualche spunto interessante qui e là ma tutto sommato le solite cose.

In ordine sparso:

  • Se sul tuo badge capeggia il titolo General Manager sei un obiettivo ricercato da tutti gli account partecipanti all’evento e, vi assicuro, erano tanti.
  • Nonostante la tanto decantata emancipazione noto con tristezza che il tema delle hostess e relativo broccolaggio è sempre vivo e vegeto. Tristezza infinita.
  • I bar delle organizzazioni fieristiche sono sempre e comunque deprimenti nonostante la qualità del cibo tenda ad elevarsi.
  • Cosa interessante per un evento che si chiama Salone dei Pagamenti. Alla cassa del bar il pagamento in contanti era più o meno cinque volte più veloce del pagamento con moneta elettronica ed aveva una sua linea dedicata.
  • Se la presentazione del tuo intervento è fatta con Keynote non hai nessuna speranza di poterla utilizzare. L’unica alternativa è esportarla in PDF ed usare quello. Ammetto che lo ho fatto volontariamente per mostrare un punto sulla necessità di pensare il Customer Journey end to end e non su un solo touchpoint. Ha funzionato.
  • Fare pagare 2.50 EUR per il guardaroba è un furto. Ancora di più se hai l’ombrello e devi pagare 3.50 EUR.
  • Le dinamiche agli stand sono quelle di sempre. La maggior parte delle persone scazzatissime ed in attesa solo della pausa pranzo e della chiusura della giornata. Per fortuna al giorno d’oggi ci sono gli smarphone che ti concedono una rapidissima evasione e puoi anche fare finta di telefonare.
  • Se mi avessero dato un euro per ognuna di quelle persone che mi ha detto “sentiamoci e vediamo se possiamo collaborare” credo potrei pagarmi le prossime vacanze estive. Per fortuna avevo dimenticato i biglietti da visita a casa.
  • In giro ci sono delle persone assolutamente preparate e molto professionali, purtroppo circodante da orde di cialtroni.
  • Ogni tanto capita di incontrare qualche faccia conosciuta che ti fa piacere rivedere.

Come direbbe Riccardo Garrone: “E anche questo Salone dei Pagamenti…”