Trementina

Ci sono delle parole che già solo nel loro suono mi affascinano.

Trementina. Provate a pronunciarla ad alta voce e capirete quello di cui sto parlando. Non è una parola assolutamente evocativa.

Ultimamemte mi è capitata di leggerla in un romanzo ed erano anni che non capitava sotto ai miei occhi. Certamente parola di uso non comune che difficilmente corri il rischio di incontare nelle tue conversazioni quotidiane.

Mi piace il suo suono e come scorre sulla lingua.

Il suono stesso lo trovo evocativo di grandi sconvolgimenti. Non so per quale ragione ma mi immagino una sostanza tormentata, in continuo cambiamento e adattamento. Instabile e dall’odore forte.

Che bello avere il tempo di potersi soffermare su una parola e lasciarsi trascinare dal fascino della sua orgine e dal suo significato.

“Dal latino therebenthina, che trae da terebinthus (terebinto).”

“terebinto: dal greco tereb-inthos e più anticamente Terminthos.”

Questa parola è che ti trascina con forza in un contesto totalmente analogico fatto di tela e di colori, di odori e di tratti su uno spazio bianco. C’è questo contrasto tra il pulire il pennello con la trementina al termine di una giornata spesa su una tela e il suo contraltare digitale. Due mondi diversi, ognuno con la sua grande dose di fascino e di creatività.

Ecco, io con queste cose ci potrei perdere delle giornate.

Keynote!

Lo scorso 7 Settembre si è celebrato l’ultimo rito pagano da parte in Apple durante il quale sono stati annunciati “urbi et orbi” i nuovi prodotti che svuoteranno il portafoglio di molti di noi.

Oramai il format è consolidato ed, ovviamente, molto diverso da quando il grande maestro di cerimonie Steve Jobs calcava ancora il palcoscenico.

Sul palco minimalista si alternano i vari vice president che ci raccontano per quale motivo dovremmo acquistare l’ultima meraviglia.

Questo è vero per tutti tranne che per uno: Jonathan Paul Ive, Chief Design Officer

Lui non c’è mai fisicamente. La sua massima manifestazione terrena è la presenza della sua voce in quei video in cui parla del design dei nuovi prodotti.

Ecco, io ogni volta che lo sento in uno di questi video non posso evitare di ricordare Aldo, Giovanni e Giacomo.

Il grande Pdor, figlio di Kmer, della tribù di Istar
della terra desolata di Cfinir, uno degli ultimi sette saggi: Puvvurur, Ganer, Astafanirghecusar, Usust e Ghanir, colui che era, colui che è stato e colui che sempre sarà – ciuciachì e ciucialà – , colui il quale ha inseguito e sconfitto i demoni Sem- che adesso vagano per il mondo domandandosi: ma nùn chi sèm?-, colui il quale è sceso tra le acque sacre del lago Fstgnur, tra le ninfe Pfnigherans, e lì ha assaggiato il mitico cibo degli dei (la piadèina), colui il quale ha amato le mille dee, tra cui la dea Berta (la dea dalla gamba aperta), colui il quale ha visto i mille draghi alati: Gazis, Urar, Pamir e Farem, colui il quale ha visto tra le nebbie di Kvnisir le mille alghe pelose di Gososar, Faram, Bazim, Durum e Parragahertz, colui il quale ha visto i mille demoni alati tra le nuvole di Bznir scendere dal cielo inferociti e distruggere i popoli di Kromb, Curril e Fastanell, colui il quale può leggere nel presente, nel passato e anche nel congiuntivo…

Presenza immateriale e divina e parte integrante e fondamentale del rito pagano.

E non dimentichiamo che Ive è stato anche nominato Knight Commander of the Order of the British Empire. In questo potere temporale e potere spirituale si sommano nello stesso essere umano, ammesso che sia umano e non già assunto in cielo.

 

 

Parcheggio abusivo

Succede che presto avremo bisogno di una nuova casa per il nostro studio. E’ un pò di tempo che sto facendo ricerca nei dintorni per verificare quali spazi commerciali siano a disposizione.

Ovviamente ho affrontato l’argomento anche con il nostro attuale “locatore”. Qui c’è uno spazio disponibile anche se non è il migliore tra quelli che ho visto sino ad ora.

La signorina che ci segue ha adocchiato l’affare e da allora mi fa la posta per avere informazioni riguardo le nostre intenzioni. Diciamo che mi fa tenerezza perchè è evidente che ci prova. Non è nella sua natura e sta facendo uno sforzo immane. Chiaramente non appartiene al suo DNA Svizzero.

Diciamo che comunque il galateo della vendita impone che tu mi tratti come se fossi la tua futura sposa. Mi dovresti coccolare e tentare di convincermi che il matrimonio con te è una buona idea piuttosto che un matrimonio riparatore.

Mi devi conquistare. Mi devi mandare mazzi di fiori ed aprire la portiera della macchina quando sto per entrarci. Mi devi vezzeggiare, intrattenere e far sorridere dalla mattina alla sera.

Ci provi. Non ci riesci.

Il tuo DNA di virago non può fare a meno di manifestarsi e scrivi una mail “urbi et orbi” dicendo che una macchina “parcheggia in modo abusivo” e che se necessitiamo di un parcheggio in più possiamo rivolgerci alla amministrazione.

Ora, a parte il fatto che hai usato l’aggettivo “gentile” ben quattro volte in cinque righe di messaggio di posta elettronica, sappi che non lo stai facendo bene.

E’ come se tu mi stessi portando in un ristorante di lusso per una romantica cena a lume di candela e mentre stiamo varcando la soglia del locale tu mi tastassi il sedere con la tua mano mentre mi sorridi.

Io ti faccio pagare il conto del ristorante di lusso ma sappi che non ci sposeremo mai. E nemmeno te la darò.

 

Bando di gara

Per un interesse personale ho avuto la curiosità di leggere il bando di gara del comune in cui abito per l’assegnazione della gestione della Scuola Civica di Musica.

La Scuola Civica di Musica è un successo locale. Ci sono centinaia di studenti di tutte le età ed una offerta formativa che comprende decine di strumenti con docenti di assolta qualità. La qualità è talmente elevata che è riuscita a vincere anche la mia pigrizia spingendomi ad iscrivermi nei due anni passati.

La lettura del documento è stata decisamente interessante.

La prima sensazione è quella di essere teletrasportati direttamente tra le pagine di un racconto kafkiano. La terminologia è vetusta e assolutamente degna di una pubblica amministrazione. Incomprensibile a tratti e redatta con un lessico che vedrei più adatto ad un burocrate del Kaiser piuttosto che ad un essere umano che vive nel nostro secolo.

La seconda sensazione che ho provato è la distanza che intercorre tra gli obiettivi del bando di gara e l’infrastruttura che li circonda.

Personalmente ritengo che lo scopo principale di un bando di gara di questo tipo sia quello di garantire il raggiungimento di certi obiettivi di partecipazione e di qualità garantendo l’aspetto culturale/formativo della iniziativa.

Questi elementi sono in un certo qual modo presenti all’interno della documentazione ma sono circodati da un castello di vincoli normativi che ne neutralizzano l’efficacia.

Se è vero che tutta questa infrastruttura è necessaria in un bando di gara per allontanare qualsiasi “furbetto” è altrettanto vero che ne minano il risultato atteso. Lo stesso vale per l’amministratore pubblico che si trova comunque costretto a sottostare a queste regole se non vuole ritrovarsi sulla scrivania un avviso di garanzia.

Per quanto tu possa essere una organizzazione preparata e disponibile ad assumerti quella responsabilità, seppur retribuita, è vero che devi soddisfare una quantità di requisiti pazzesca. I bandi di gara delle aziende private sono una passeggiata di salute a confronto.

Garanzie, titoli, anticipi, impegni, documenti… follia pura.

Con questo approccio si distrugge qualsiasi cosa di buono esista nel nostro tessuto sociale e imprenditoriale. Io penso che si corra il rischio che tutto finisca nelle mani di coloro che hanno imparato bene le regole del gioco e che sanno soddisfare tutti i requisiti normativi tralasciando l’oggetto della gara.

Sopratutto per iniziative di carattere culturare il valore dovrebbe stare nella offerta formativa, non nella tua capacità di soddisfare le regole scritte intorno.

Immagino che non ci saranno mai cambiamenti in tal senso ma lo trovo di una tristezza e di una pochezza assoluta.

Un mese e più

Sinceramente immaginavo che avrei abbandonato questo esperimento molto prima delle scadere di un mese. Immaginavo che passato l’entusiasmo iniziale avrei lasciato passare il tempo dimenticandomi del mio posto quotidiano.

A distanza di più di un mese questo non è ancora successo e, al contrario, non mi sembra di vivere nessuna costrizione nel rendere disponibile almeno un posto al giorno.

Spesso si tratta di una pausa da tutto quello che mi circonda e, in un certo qual modo, mi aiuta ad essere più sereno.

Avevo letto diversi scritti su abitudini simili e devo riconoscere che mi ritrovo molto in quello che avevo letto. Una difficoltà iniziale che lentamente si stempera in una abitudine alle parole.

Anche la lunghezza media di quello che ho scritto è leggermente aumentata.

Pensandoci sarebbe interessante avendo qualche mese di dati in più fare un pò di analisi per capire qualche parametro. Giusto per curiosità e per infilarci un pò di numeri che mi piacciono sempre da morire.

Interesante anche il fatto che tutto questo rimane ancora abbastanza nascosto nonostante le frequentazioni regolari dei crawler di Google. Anche questa è una cosa interessante. In effetti sono poche le persone che ne conoscono l’esistenza ed in fondo, come avevo detto, questo serve più a me che al resto del mondo.

Per il momento continuo con l’eperimento.

Il lievito madre

Ingredienti:

  • 50 grammi di farina 0
  • 50 grammi di farina integrale
  • 100 cl di acqua tiepida
  • un cucchiaio di miele

Questi sono gli ingrediente per fare il lievito madre liquido. Una semplicità incredibile se solo si pensa a quello che si può ottenere con questa “pozione”.

Si mescolano questi ingredienti e si lasciano riposare in un ambiente caldo e possibilmente vicino a della frutta. Questa ultima indicazione mi suona sempre come un consiglio da stregone ma vi assicuro che ha una sua influenza sul risultato finale.

Si attende per due giorni lasciando che i batteri che sono presenti nell’aria contaminino il vostro preparato. Dopo le prime ore di riposo vedrete comparire magicamente le prime bollicine sulla superficie del composto.

Ecco, una forma base di lievitazione sta avendo luogo. Come se foste dei biologi in laboratorio avete la vostra coltura di batteri che si sta formando sotto i vostri occji. Questa cosa ha sempre dell’incredibile ai miei occhi. Spesso non vedo l’ora di tornare a casa la sera per potere verificare la condizione del mio lievito madre. Sì, questo è il nome di ciò che state ottenendo, ed è vecchio come il genere umano.

Si narra di lieviti che vivono da centinaia di anni e che si tramandano di generazione in generazione come un prezioso tesoro e, in un certo qual modo, sono un tesoro. Un tesoro vivo che si tramanda.

Per questa ragione arriverete a dargli un nome perchè ve ne prendere cura come se fosse un cucciolo bisognoso di affetto ed attenzioni. Il mio, nuovo, non lo ho ancora battezzato ma sono sicuro che molto presto succederà.

Qualcuno vi chiederà di cederne parte per potere sperimentare. In linea di principio non c’è nessun problema nel farlo. Rinfrescando il vostro cucciolo ogni giorno avete sempre a disposizione quello che si chiama “esubero” che potrete cedere senza troppi pensieri. Il mio quasi sempre finisce nella spazzatura. Nonostante questo ci sono delle persone che ti valutano prima di concederti un pò del loro lievito madre. Come in tutte le cose ci sono estremisti e talebani anche nel magico mondo della panificazione.

Vi state domandando cosa si intenda per “rinfresco”? E’ facile. Il lievito madre è vivo e ha bisogno di nutrirsi. Ogni giorno gli dovete dare della nuova farina per nutrire la coltura batterica. Si prendono X grammi del lievito madre esistente, si aggiungono X grammi di farina e X grammi di acqua e si lascia riposare sino al successivo rinfresco. I rinfreschi in genere si susseguono ogni 24 ore.

Ecco, avete visto? Ha bisono di cure e attenzioni giornaliere.

Un ultima nota riguarda il suo utilizzo. Prima che possiate panificare con successo è necessario che il lievito si stabilizzi. Perchè questo avvenga sono necessarie almeno due settimane. Se proverete a panificare prima è probabile che otteniate dei risultati apprezzabili dal punto di vista della forma, un pochino meno dal punto di vista del gusto. Il pane con lievito madre non perfettamente stabilizzato avrà un sapore acido molto poco gustoso.

A me questa cosa piace da impazzire ed in effetti ho lasciato passare troppo tempo prima di ricominciare. Adesso il mio lievito sta nascendo e mi auguro che sia un successo come lo è stato in passato.

Aprire la porta

Dopo avere trascorso questi tre giorni in ritiro per disegnare il futuro di Sketchin e avere passato un intero fine settimana a pensarci sopra riorganizzando le idee mi sono convinto di molte cose.

Persone di talento che scelgono di lavorare insieme a te lo fanno perchè condividono la visione che tu hai del lavoro. Questa visione del lavoro ha due distinte facce. La prima è la visione del lavoro che svolgi in termini tecnici. Per quanto ci riguardo potremmo chiamarla visione creativa. La seconda è che condividono la stessa visione sulla vita all’interno dell’azienda.

Per questa ragione è necessario fare in modo che all’interno delle mura dell’ufficio ma, sopratutto, fuori sia sempre aperto un microfono che ascolti quello che accade e che sia pronto a segnalare sintomi di sofferenza o malumore.

In questi tre giorni ho scoperto che ci sono una infinità di aree che sono pronte per essere migliorate e noi siamo pronti a farlo con il contributo di tutti.

In genere questi processi di trasformazione avvengono in “camera caritatis”.

Quello che mi sto domandando è se non abbia senso aprire questo processo di lavoro all’esterno, renderlo trasparente e disponibile ad essere integrato da contributi di altre persone e organizzazioni.

Confesso che il termine azienda comincia a starmi molto stretto anche se non sono ancora in grado di trovare un termine equivalente in grado di rappresentare quello che ho in mente in questo momento.

Sto cominciando a lavorare ad una ipotesi di apertura dei lavori verso l’esterno. Vediamo nei prossimi giorni cosa riusciamo a fare.

La polvere sotto il tappeto

Ho speso tre giorni offsite.

Tecnicamente fare un offsite significa spendere del tempo al di fuori della sede della propria azienda nella speranza che la distanza dai muri che ti ossessionano ogni giorno ti aiuti a capire cosa fare per tenere insieme la baracca.

Nella accezione moderna dell’offsite rientra anche il piccolo premio ai dipendenti nel caso in cui l’offsite si tenga in località amena con contorno di pranzi e cene luculliane, intrattenimenti più o meno trash e, non ultimo, il dipanarsi di tresche aziendali che possono essere consumate solo al di fuori delle mura domestiche e lavorative.

Fortunatamente niente di tutto questo.

Sono sempre stupefatto dalla qualità dei risultati che otteniamo quando lasciamo scaricarsi l’inerzia lavorativa e ci prendiamo del tempo per capire che cosa siamo e cosa vogliamo diventare.

Oggi, tra le altre cose, ho letto che non siamo una famiglia, ma una squadra. Più propriamente una squadra professionistica. Sono perfettamente daccordo. Confesso che la metafora della famiglia applicata all’azienda mi ha sempre fatto venire l’orticaria.

Le persone si sentono libere di dire quello che pensano. Le gerarchie, ammesso che ne esistano in Sketchin, sono annullate. Io sono stato criticato per alcuni atteggiamenti e, pensandoci, devo ammettere che hanno perfettamente ragione.

Per l’ennesima volta siamo riusciti ad evitare di mettere la polvere sotto il tappeto e abbiamo cominciato a dare una forma a quello che vogliamo diventi Sketchin nei prossimi anni. Ci sono grandi cambiamenti in corso e dobbiamo essere in grado di affrontarli nella maniera piuù efficiente possibile.

Questo non toglie che lo spirito originale di Sketchin deve rimanere il nucleo fondante di quello che siamo e che saremo.

Si, come in ogni squadra professionistia ci mandiamo a quel paese senza grossi problemi ma quando vinciamo il campionato ci abbracciamo tutti con sincerità.

Questo è il tenore delle persone che vorrei venissero a lavorare in Sketchin. Professionisti abili ne trovo a decine. Persone con la giusta attitudine molte molte meno.

Ieri ho detto qualcosa del tipo:

Quando una azienda super il numero di trenta dipendenti, genera stronzi.

Perdonate il francesismo.

Io trovo che qualsiasi azienda dovrebbe trovare il modo di avere il coraggio di guardare sotto il tappeto. Non è mai troppo tardi.

Io sto zitto

Mi avvicino a larghe falde al mio cinquantesimo genetliaco e mi accorgo di non avere più molta voglia di combattere la stupidità che mi circonda.

Un tempo avrei combattutto strenuamente ogni fesseria che mi fosse capitato di incontrare nell vita reale o nella vita “online”. Avrei circostanziato ogni fesseria o bufala letta o sentita, avrei cercato di fare capire che esistono punti di vista e prospettive diverse.

Devo confessare che poche volte sono riuscito ad avere successo. Lo stupido e il disinformato ha una tenace tendenza a rimanere tale.

Ora ho semplicemente deciso che non ne vale la pena.

Rimane un ambito di strette conoscenze le quali vale ancora la pena farlo e, ancor di più, i miei figli che meritano di avere tutti gli strumenti per analizzare e comprendere prima di esprimere un giudizio.

Per questo motivo ho deciso di stare zitto salvo casi eclatanti cui sono certo non saprò resistere.

 

Gruppi su Facebook

Sono decisamente affascinato dalla dinamica dei gruppi su Facebook popolati da figure politiche locali.

Nel caso specifico sto parlando del piccolo comune dell’hinterland milanese in cui abito. Leggo da Wikipedia che ad oggi contiamo 27.158 abitanti. Cavolo, pensavo di più, ma si sa che con le stime non ci so fare.

Intorno al comune gravitano almeno tre gruppi su Facebook. Potrete immaginare che sono tutti sul genere:

  • Sei di $nome_comune se $qualcosa
  • Sei di $nome_comune
  • $nome_comune

Uno di questi gruppi è gestito da un rappresentante del Movimento 5 Stelle locale. Dal gruppo sono stato bannato quasi subit perchè ritenuto elemento prezzolato al soldo della maggioranza al governo. Il che mi lascia perplesso ma mi adeguo. Nulla al confronto delle faide dei tempi dei newsgroups, ma tant’è. Nel caso specifico mi ero limitato a ridimensionare un post che utilizzava degli aggettivi superlativi quando in realtà dei semplici aggettivi qualificativi avrebbero perfettamente servito la bisogna.

Confesso che ne sono rimasto estremamente dispiaciuto. Era una delle mio fonti di divertimento quotidiano e ho faticato ad identificare un succedaneo altrettanto esilarante quanto la pseudo-propaganda politica soffiata tra i post del gruppo.

Confesso che ho trovato degni sostituti. Di questo parlerò altrove.

Il secondo gruppo locale è molto soft. Argomenti generici e poche polemiche. Diciamo che scorre nel suo quotidiano senza infamia e senza lode.

Il terzo gruppo ha del potenziale. Non sono stato ancora in grado di spendere del tempo per comprendere chi lo controlla ma ho notato che è frequentato attivamente da esponenti politici di fronti avversi.

La dinamica è decisamente interessante e governata dalla seguenti regole, non scritte, immagino:

  • L’esponente politico A non commenta mai sui post dell’esponente politico B
  • L’esponente politico B non commenta mai sui post dell’esponente politico A
  • L’esponente politico A posta prevalentemente contenuti tesi a screditare l’esponente politico B
  • L’esponente politico B posta prevalentemente contenuti che celebrano il buon fare della sua area politica.
  • I cittadini sostanzialmente se ne fottono e commentano poco A e B

Poichè non riesco a stare tranquillo e, diciamolo, sono anni che non trollo nessuno in maniera appropriata ieri ho fatto un esperimento.

Un esponente politico C ha postato una cosa su un argomento molto delicato, anche a livello nazionale. Mah, mi sa che qui possiamo anche uscire dall’anonimato. Notizia di qualche giorno fa vuole che il sindaco di un paese confinante abbia dichiarato che lui non celebrerà per nessun motivo unioni civili tra persone dello stesso sesso.

Contento lui e la magistratura che dovrebbe interessarsene, contenti tutti.

L’esponente politico C ha scritto che chiunque volesse sposarsi avrebbe potuto farlo nel nostro comune.

Ecco, io ho commentato con questo:

Che a Buccinasco non ci si ponga il quesito se sia giusto o meno celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e’ un grandissimo segno di civiltà. I cittadini che non sono d’accordo farebbero bene a rendersi conto che siamo nel 2016 e che esiste una legge dello stato che va rispettata.

Mi aspettavo delle reazioni vive e accese. Ebbene, nulla…

Che tristezza. Ancora abbiamo paura a manifestare le nostre opinioni sui temi fondamentali della democrazia?

Sinceramente mi aspettavo qualcosa di meglio. Accidenti, nemmeno Esponenente politico A ha detto nulla.

 

Uscita di sicurezza

In questi giorni siamo impegnati in un offsite.

Sembra che gli offsite siano considerati cose molto fighe e divertenti e devo confessare che anche per il nostro è questo il caso.

Il nostro lo stiamo conducendo in un vecchio cementificio svizzero riqualificato. È un posto molto affascinante e decisamente molto strano, sebbene molto appropriato.

Essendo una ex struttura industriale l’area è stata completamente riqualificata e messa in sicurezza. Ovviamente ci sono cartelli che ti spiegano come comportarti nel caso di eventi catastrofici, tra i quali il fuoco.

Ecco, io oggi stavo guardando uno di questi cartelli Svizzeri e ho notato una sostanziale differenza con quelli Italiani:

  • Come prima cosa viene intimato di chiamare i vigili del fuoco. Fin qui tutto nella norma. Lo stesso vale per noi.
  • La seconda cosa che viene richiesta è di mettere in salvo coloro che non sono in grado di farlo da soli.

Ecco, questa cosa noi mica la abbiamo sui nostri cartelli. In realtà i nostri cartelli dicono “Ognun per se e Dio per tutti”.

Guarda tu questi Svizzeri.

 

Il brief

Ne ricevo a decine. Non smettono mai di arrivare nella mia casella di posta elettronica. Devo leggerli. Tutti. Fino all’ultima riga.

Faticoso, molto faticoso.

Più l’azienda è grossa e più è difficile capire che cosa vogliano da te.

Davvero, scrivere un brief di progetto è un’arte. Non ci si sveglia abili compilatori di requisiti e non lo si diventa in pochi mesi od anni. E’ come essere una maestro del Sushi. Passi tutta la vita nel tentativo di creare il Sushi perfetto, e sai che non ci riuscirai mai.

Lo stesso vale per i bief di progetto. Passerai la tua intera vita nel perfezionare l’arte della scrittura del brief e non raggiungerai mai la perfezione. La sfiorerai come una carezza solletica il viso di un bambino.

Sopratutto. Perchè io devo essere costretto a leggere le tue zozzerie? Per quale arcano motivo tu ritieni che io mi asterrò dal considerare le tue frasi delle imbecillità senza senso.

In primo luogo per scrivere un brief che possa illuminare qualche mio neurone tu devi essere in grado di comprendere quello di cui stai scrivendo. Se hai passato la tua vita lavorativa a scrivere brief che riguardano la costruzione di artefatti di legno è ben evidente che non hai nessuna competenza riguardo grattacieli di cemento armato, non trovi? Se sei sempre andato in bicicletta e qualcuno ti chiedesse di pilotare una nave spaziale tu avresti qualcosa da obiettare, giusto? Perchè non lo fai anche con quel brief? Ti prego, davvero.

Certamente a te è stato chiesto di farlo da qualcuno che ne capiva ancora meno di te e tu ti sei flesso per l’ennesima volta ai tre principi che governano le aziendeç ricatto, minaccia e corruzione.

Lo capisco e ti vorrei essere di aiuto. Ma per quale motivo coinvolgere anche me nel tuo abisso? Specialmente ora che alla soglia dei cinquanta anni dell’abisso non me ne può davvero fregare di meno?

Sono comunque una persona educata ed al tuo brief risponderò.

Sappi che noi coltiviamo mele. Se mi stai chiedendo una piantagione di oppio ovviamente ti dirò che non sono in grado di farlo e sarà inutile che tu ci rimanga male. Non sono quel produttore che ti dirà che coltiva la qualunque. A noi piae coltivare mele, lo facciamo benissimo e sono davvero molto buone. Chiedici delle mele, non dei papaveri. Grazie.

Se mi chiedi delle mele o, in alternativa, io capisco che tu mi stai chiedendo delle mele anche se nel tuo brief hai scritto qualcosa del tipo “frutto di colore verde che tende al rosso in fase di maturazione e che cresce sugli alberi”, io ti risponderò offrendoti delle mele.

Lo stesso accade se tu mi stai chiedendo delle pere ma è ovvio che tu hai bisogno di mele e non di pere. Io ti risponderò dandoti quello che io ritengo essere giusto per risolvere il tuo problema, non per soddifare l’ego tuo o del tuo capo.

Fidati. Così è meglio e saremo tutti e due molto più felici. Io di sicuro.

Vuoi essere mio amico?

Un trend che emerge negli ultimi mesi si Facebook e che non accenna a diminuire di intensità e quello che vede avvenenti ragazze chiederti amicizia su Facebook.

Il profilo tipo è generalmente così strutturato:

  • La foto del profilo è sempre quella di una giovane avvenente tra i 20 ed i 30 anni.
  • Non ci sono post che non siano altre fotografie in pose più o meno ipoteticamente affascinanti.
  • In genere il profilo non ha mai più di una decina di amici, tutti appartenenti al genere maschile e con una età tipicamente superiore ai quaranta anni.
  • Il profilo ha una data di nascita online di poche settimane al massimo.

Lo confesso, io non resisto ed accetto sempre queste amicizie.

Non appena accetti queste amicizie si scatena una dinamica rodata:

  • “Ciao”
  • “Ciao”
  • “Come stai?”
  • “Benissimo, grazie” (Notare che non fornisco mai risposte aperte proprio per sondare l’esplicita volontà di mantenere attiva la conversazione da parte della nuova amica)
  • “Io sono una studentessa [francese|inglese|olandese] di [medicina|psicologia|veterinaria] e lavoro come [estetista|modella|commessa] per mantenermi agli studi.
  • “Bravissima. I tuoi genitori saranno molto fieri di te”
  • “I miei genitori sono lontani e mi sento molto sola”

Da qui in avanti si dipanano due varianti:

  • La variante sentimentale/romantica: sono alla ricerca dell’amore della mia vita, un uomo forte e responsabile che sia in grado di sostenermi e aiutarmi ma che allo stesso tempo sia in grado di appagarmi. Segue strizzatina d’occhio d’ordinanza.
  • La variante sensuale/erotica: ho visto la tua foto e sei bellissimo. Mi piacerebbe passare del tempo con te in intimità. Davvero questa affermazione devono averla copiata dai romanzi di Liala perchè io non sarei mai in grado di uscire con una affermazione del genere.

A questo punto segue richiesta di contatto su Skype.

Non sono mai andato oltre perchè se da un lato mi diverto a trollare dall’altro è una perdita di tempo totale. Mi limito a togliere l’amicizia, bloccare e segnalare a Facebook.

Ovviamente l’obiettivo è ben chiaro. Trascinare il fesso in una video conferenza su Skype durante la quale sarà invitato a mostrare le sue pudenda. Cosa che egli farà senza alcuna riluttanza per due ordini di motivi:

  • Il primo è che si sente un gran conquistatore ed il suo ego lo sta trascinando verso il baratro.
  • Il secondo è che ormai gli ormoni sono decisamente arrivati oltre il livello di guardia e difficilmente riesce a trattenersi. La fine è vicina anche in questo caso.

Come documentato dalla Polizia Postale la nuova amica sta registrando la conversazione ed il video nel quale fai bella mostra di te. Al termine della tua prestazione non esiterà un istante a minacciarti di pubblicare le tue gesta su tutti i Social Networks conosciuti all’uomo ed in particolare su quelli maggiormente frequentati dai tuoi familiari, amici e datori di lavoro. Ti potrai salvare solo inviando del denaro alla tua nuova amica. E poi ancora, e ancora.

Amico caro, come sempre e’ sempre meglio YouPorn.

Posti fighetti

E’ oramai un trend assodato il fatto che a Milano nascono posti fighetti.

Ci sono posti fighetti che durano lo spazio di una estate, posti fighetti che tirano fino al panettone, posti fighetti che durano qualche anno, posti che non nascono fighetti ma che alla fine lo diventano grazie alle frequentazioni.

Oggi mi sono fatto trascinare a pranzo in un posto diventato fighetto.

Non tanto fighetto da essere esclusivamente vegano e vegetariano ma sufficientemente fighetto da avere nel menu piatti tipici di quelle “religioni”.

Io non ho nulla contro i posti fighetti, ci mancherebbe.

Se ti piace condire un insalata con i fiori della valle immacolata per me va benissimo. Se insieme ad una battuta di Fassona mi proponi un gazpacho senza aglio lo accetto senza battere ciglio.

Lo stesso accade se mi offri da bere la tua acqua purificata… i più la chiamerebbero “l’acqua del sindaco”. Ci sto.

Detto questo non mi puoi guardare come un conclamato assassino se oso chiederti se nel menu ci sono delle patatine fritte. Dai. Sono patatine fritte, non filetti di balena protetta dell’artico.

Ho capito che vuoi fare il fighetto, ma c’è un limite e ti vorrei fare notare che qualche decina di anni fa nello stesso posto venivano serviti busecca e casoeula.

Diapositive

Nonostante tutti i selfies vacanzieri devo ammettere che da qualche anno a questa parte i Social Network hanno un effetto benefico.

Al ritorno dalle vacanze ci evitano lo strazio del rito pagano della visione delle fotografie dei viaggi, nei casi peggiori delle diapositive. Queste ultime per quelli che sono ancora più fissati con aspirazioni fotografiche e che implicano tutta una coreografica dedicata, chè il tavolo della cucina non basta più.

Dai dite la verità, dopo la decima diapositiva vorreste già tirarvi un colpo di rivoltella alla tempia. Io me lo ricordo bene, volevo farlo io stesso quando ero il protagonista del viaggio. 

Mai più.

Mai sottovalutare il valore della funzione “Non seguire più Pinco Pallino”. Grazie Mark, di cuore.