Questo è uno di quei momenti in cui la realtà supera la fantascienza.
Leggo questo articolo su Wired: Biohackers Encoded Malware in a Strand of DNA
In sintesi pare che sia possibile codificare una sequenza fisica di DNA in modo che quando questa viene sequenziata da una macchina in laboratorio i dati che vengono generati si trasformano in una applicazione che prende il controllo del computer che governa la macchina.
Sarò anche un nerd ma a me questa cosa fa impazzire.
Punto primo. Come diavolo ti è venuto in mente di provare a fare una cosa del genere? Evidentemente alla università di Washington hanno tanto di quel tempo e denaro da spendere da potersi spingere ai limiti della fantascienza.
Punto secondo. E’ oramai abbastanza evidente che i vettori di codice dannoso posso assumere qualsiasi forma. Praticamente qualsiasi cosa esistente al mondo può contenere del codice.
Ci si potrebbe domandare per quale motivo un malintenzionato potrebbe volere usare una tecnica così complessa. In fondo questa tecnica richiede che un laboratorio venga in possesso di uno specifico seguente di DNA e che decida di analizzarlo su una determinata macchina che espone quella vulnerabilità. L’articolo offre uno spunto interessante in risposta a questa domanda. Questo genere di macchine potrebbe trovarsi in luoghi molto sensibili come laboratori di ricerca, enti governativi e istituzioni sanitarie. Questi luoghi ospitano certamente dati sensibili e quindi molto appetibili per un commerciante di informazioni riservato.
Questo universo della sicurezza diventa sempre più divertente, e pericoloso.
Il paper originale della University of Washington è una lettura interessante: Computer Security, Privacy, and DNA Sequencing: Compromising Computers with Synthesized DNA, Privacy Leaks, and More
Figo, non è vero?
Che spettacolo. Il DNA modificato, qualora fosse possibile portarselo dietro, servirebbe (in futuro eh!) come sistema di difesa dal tracciamento delle persone (delinquenti eh!) durante i viaggi di teletrasporto.