Innovazione e Service Design

Chi mi conosce sa bene che il termine innovazione mi provoca intense reazioni allergiche. Se ne abusa costantemente e molto spesso i risultati che si ottengono cercando di implementare programmi di innovazione sono ben lungi dall’essere efficaci.

Quando si chiede ad una persona normale di immagine che cosa sia l’innovazione all’interno di una azienda il risultato che si ottiene è qualcosa di molto simile ad un gruppo di scienziati od ingegneri che si arrabattano intorno a costose apparecchiature in asettici laboratori. Tutto sommato credo che sia una cosa abbastanza naturale. L’equazione innovazione = investimenti + persone con grandi capacità è relativamente semplice da immaginare.

Non è sempre così. Un insieme di semplici attività pertinenti al mondo del Service Design possono generare innovazione con costi praticamente nulli e ricevendo contributi da chiunque sia parte di una organizzazione.

Vi faccio un esempio molto semplice.

Quando noi andiamo in ospedale, e soprattutto se a fronte di una emergenza grave, siamo alla ricerca di aiuto. Andando in ospedale ci aspettiamo di ricevere questo aiuto da persone che sono esponenzialmente più competenti di noi. E questo vale per tutto il personale. Infermieri, medici, personale di supporto e così via.

In quel momento critico siamo invasi dalla paura ed insieme alle competenze mediche desideriamo che ci sia qualcuno che ci dia sicurezza e conforto.

Diciamo che tutti questi aspetti sarebbero ben palesi a valle di una (neanche troppo) accurata fase di ricerca con gli utenti, in questo caso i pazienti. Parliamo proprio dell’ABC del Service Design. Nessuna magia, solo buona pratica.

Supponiamo quindi di essere una persona che accusa i primi sintomi del Coronavirus. Nel corso dei giorni i sintomi peggiorano e cominciamo a temere non per la nostra salute ma per la nostra vita. Arriva una ambulanza e da questa scendono delle persone che, giustamente, per proteggersi sono vestiti come degli astronauti. A malapena riusciamo ad intravedere i loro occhi dietro la maschera protettiva di plastica. Nessuna altra parte del loro corpo è visibile.

Arriviamo in ospedale e tutto quello che vediamo intorno sono altri astronauti che si prendono cura dei pazienti. Sono tutti uguali. Assolutamente impersonali.

Se sono tutti uguali sapranno prendersi cura di me e salvarmi la vita?

Credo che sia abbastanza evidente che a paura si aggiunge paura. Non siamo abituati a tutto questo e siamo in pericolo di vita.

Ecco, ora tornate all’inizio di questo post e guardate quella fotografia. Alcuni infermieri, medici e personale hanno apposto sul camice la fotografia del proprio volto, spesso il nome o una frase che personalizza la tenuta da astronauta.

Non sono più tutti uguali, ritornano ad essere persone e questo aiuta certamente i pazienti a sentirsi meglio.

Questa è innovazione. Quella vera.

E questo è il motivo per cui anni fa, in tempi non sospetti, intervenni ad un evento con una presentazione dal titolo: “Creativity Will Save the World “.

Io ci credo ancora.

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