Tempismo perfetto

person drawing Frankenstein on brown board
Photo by freestocks on Unsplash

Io spendo tutto il sabato mattina a preparare la moto ed inizia una settimana di passione di pioggia, vento e freddo.

Mi sembra di essere il Dott. Frankenstein sul carro in compagnia di Igor mentre sotto una pioggia torrenziale si dirigono verso il castello di famiglia.

Interessante come non appena io provi a fare qualche programma, questi viene sconvolto da eventi di forza maggiore.

Sembra essere la cifra di questo periodo.

Mi sono distratto

Mi sono distratto e solo oggi mi sono accordo che è un sacco di tempo che non faccio un nuovo episodio del mio podcast.

Davvero, non ci ho proprio pensato. In realtà tutti sanno che non aveva alcuna periodicità e quindi non dovrebbe essere un problema ma mi ha stupito il fatto che sia completamente uscito dai miei radar.

E’ un periodo piuttosto intenso ed anche dal punto di vista personale mi sto dedicando allo studio di un paio di cose che mi stanno portando via molto tempo. Eppure era una cosa a cui tenevo.

Prometto di essere un pochino più costante in futuro.

Non che alle tre persone che lo ascoltavano possa interessare, comunque.

In studio

E così, dopo mesi di assenza, oggi sono andato in studio.

Sensazione stranissima ritornare in un luogo in cui ho vissuto gran parte degli ultimi otto anni e che ho frequentato per sole due volte negli ultimi 14 mesi.

Mi sembra tutto molto strano. Indossare la mascherina, disinfettarsi le mani in continuazione, i bicchieri di carta per il caffè e via dicendo. C’è un po’ di movimento in studio. Certo non quella vitalità che si respirava in condizioni normali ma c’è qualcuno con cui, a distanza, scambiare due chiacchiere.

Tutti sono presi in conference call e distanziati come da regolamento.

Sarà difficile recuperare una presunta normalità.

Ci devo pensare su. Ho bisogno di tempo per capire quello che sta accadendo.


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Quello di seguito è l’ultimo episodio.

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Vento sul viso

Harley Davidson

Ieri pomeriggio mi sono dedicato alla mia motocicletta. Tra una cosa e l’altra non sono riuscito a metterci mano prima.

Le classiche cose che si fanno prima dell’inizio di una nuova stagione e dopo un periodo piuttosto lungo di inattività. Complice la pandemia ed il fatto che soffro il freddo come mai prima la piccola è rimasta ferma in garage per mesi interi.

Ricarica della batteria, controllo dei livelli dei liquidi, verifica della pressione degli pneumatici e altre cosette di questo genere. Alla fine di tutto un giretto fuori dal garage per poterle dare una bella pulita in modo che brillasse come se fosse nuova.

Mentre stavo lavorando con cacciaviti, chiavi inglesi e brugole riflettevo sul fatto che nella mia vita c’è troppo poco spazio per attività manuali come quelle che stavo facendo. Nel frattempo mi godevo il momento e ho provato un grande piacere nell’occuparmi di un oggetto fisico complesso come una motocicletta. Per una volta non dovevo pigiare dei tasti per ottenere il risultato che desideravo ma usare le mani e degli attrezzi di metallo.

Mi è tornato in mente il libro “Lo Zen e l’arte della manutenezione della motocicletta” di Robert M. Pirsig.Lo lessi tantissimi anni e ricordo che mi ritrovai molto nel protagonista, sopratutto quando afferma:

Io ho la tendenza a fissarmi su un problema filosofico e a girarci intorno in cerchi sempre più stretti che, alla fine, o fanno saltar fuori una risposta oppure diventano così involuti, così ripetitivi, da essere pericolosi per la mia salute mentale

Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta – Robert M. Pirsig

Alla fine ho trascorso un paio d’ore di assoluto relax e divertimento.

Questa mattina mi sono svegliato e mi sono infilato sotto la doccia. Mi sono vestito di tutto punto e sono sceso a prendere la moto. Ho premuto il tasto di accensione e si è immediatamente messa in moto con il suo suono caratteristico.

Mentre mi infilavo casco e guanti mi sono fatto cullare dal rumore del motore.

Purtroppo oggi siamo ancora sottoposti ai vincoli del lockdown per cui non potevo fare un gran giro. Come ogni domenica mi sono diretto verso il supermercato per comprare un po’ di generi di prima necessità ed i giornali della domenica.

Ho fatto la prima curva piegando un pochino più del necessario e subito un sorriso è comparso sul mio volta. La moto si è piegata come sempre ed ha seguito la traiettoria. Esco dalla cruva e accelero un po’.

Ritrovo le sensazioni di sempre ed è felicità allo stato puro. L’aria sul volto, il rumore del motore, i saluti agli altri motociclisti, le pieghe, le accelerazioni.

Sono solo dodici chilometri ma sono sempre i dodici chilometri più belli di sempre.


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Banale…

monitor showing C++
Photo by Dlanor S on Unsplash

Questo pomeriggio mi sono deciso a scrivere un pochino di codice per una cosa che sto realizzando.

Ci sono tre processi che parlano tra di loro per mezzo di alcune REST API che sto sviluppando usando Flask-API in Python.

Fino ad ora stava andando tutto per il meglio. I sistemi stavano chiacchierando tra di loro senza grossi problemi. Ho scritto altre quattro chiamate per avanzare con il lavoro e ho cominciato a fare dei test per verificare che fosse tutto a posto.

Tre di queste non mi hanno dato alcun problema mentre una di queste non voleva saperne di funzionare. Credo di avere perso almeno due ore nel debugging della funzione che avevo scritto. Niente da fare. Non riuscivo a venirne a capo. Alla fine era solo una copia identica delle altre tre con un diverso endpoint e con diversi parametri.

Non c’era niente da fare.

Ed alla fine mi cade l’occhio sull’url dell’endpoint. Mi sono subito coperto di insulti perché l’errore era tutto lì. Un dash scambiato per un underscore.

Decisamente banale.

Ora credo che uno schermo a 12″ per queste cose sia troppo piccino data la condizione della mia vista.


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Sono le policy

Change neon light signage
Photo by Ross Findon on Unsplash

Poche cose sono in grado di farmi incazzare di più della risposta “Sono le policy” ad una mia domanda.

E’ una risposta passivo-aggressiva che dovrebbe essere bandita da qualsiasi tipo di comunicazione aziendale.

Sostanzialmente mi stai dicendo che di me non ti interessa nulla, che non hai intenzione di risolvere il mio problema e, in ultima analisi, che non hai nessuna voglia di dire a quanto più in alto nella gerarchia aziendale che le policy sono una porcheria.

Invece di cogliere l’opportunità per un cambiamento che, il più delle volte, è sensato, mi rispondi in quel modo proteggendo ad ogni uno status quo che ti torna comodo.


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Apple Airtag… quasi bene

Nella giornata di ieri Apple ha annunciato la disponibilità degli Apple AirTag. Sostanzialmente un piccolo oggetto con della intelligenza che è in grado di comunicare la sua posizione al proprietario.

Possono quindi mettere un AirTag nel mio zaino o nel mio portafoglio e avere la possibilità di ritrovare questi oggetti utilizzando la funzionalità Find My.

Ad una prima occhiata sembra una figata anche perché la ricerca degli AirTag non funziona solo a corto raggio. Nel caso in cui il mio Airtag sia lontanissimo da me ma vicino ad una qualsiasi altro sistema Apple come ad esempio un iPhone od un personal computer Apple questi sarà comunque in grado di comunicare la sua posizione al legittimo proprietario.

Tutto molto bello, e tendenzialmente molto utile.

Ad una analisi più attenta il sistema non mi convince, e non mi convince per due ordini di motivi.

Il primo riguarda il fatto che Apple userà la mia connettività, che generalmente pago, per fare ritrovare ad altri che non conosco e di cui non potrebbe importarmi di meno i loro AirTag. Cara Apple, ma dopo tutte le migliaia di euro che ti ho dato negli anni mi vuoi dare qualcosa in cambio perché io ti permetta di arricchirti ulteriormente?

E tutto questo, ovviamente, avviene senza che mi venga chiesto nulla. Hanno deciso loro che nel loro ecosistema proprietario funzionerà così.

La seconda cosa che non mi convince affatto è il potenziale uso malevolo che si può fare degli AirTag. Date le loro dimensioni e la loro autonomia sono dei device da spia fatta e finita. Se volete seguire qualcuno è sufficiente che gli mettiate un AirTag nella borsa, nello zaino o nell’auto e potrete seguire questa persona in ogni suo movimento sino a che rimarrà in prossimità dell’AirTag.

Naturalmente Apple ha pensato a questo e ha dettagliato il comportamento degli AirTag in questo documento: What to do if you find an AirTag or get an alert that an AirTag is with you

Come si può leggere nel documento se per più di tre giorni l’AirTag rimarrà lontano dalla persona che lo possiede e lo ha configurato questo comincerà a suonare. L’idea è buona perché permette a chi ha perso un oggetto di poterlo ritrovare.

Pensiamo però all’utilizzo illecito.

Tre giorni sono un botto di tempo. Immaginiamo uno scenario di questo genere: sono una persona sposata che vive con il partner e nutro dei sospetti riguardo il fatto che il mio partner possa coltivare una relazione clandestina. Potrei mettere un AirTag nella borsa o nello zaino della persona e seguirlo in ogni suo movimento per tutta la giornata. La persona che sto controllando tornerà a casa ogni sera e quindi si troverà in prossimità del device del proprietario dell’AirTag annullando quindi ogni sera il timer di 72 ore impostata da Apple.

Alla data di oggi non si sa se questo timer potrà essere modificato dall’utente ma per il momento pare che questo non sia il caso.

A me questa cosa fa un pochino paura.


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Cose a cui non resisto

closeup photo of gold fountain pen
Photo by MJ S on Unsplash

Oltre alle chitarre per le quali nutro una profonda passione, pur non essendo proprio un drago con quello strumento, ho una fatale attrazione per la cancelleria.

Così come non riesco ad uscire da un negozio di strumenti musicali senza avere acquistato qualcosa, fosse anche solo un plettro, non riesco a resistere alla attrazione di un negozio di cancelleria.

In particolare la mia attrazione si focalizza su taccuini e notebook, oltre che ovviamente alle penne e matite, in particolare le penne stilografiche.

Per me queste due cose sono veramente magiche e ne possiedo in quantità enorme. Taccuini di ogni forma e dimensione. Carta pregiata e semplice. Rilegature di pelle o semplice copertina flessibile. Nonostante viva in un mondo completamente digitale il taccuino di carta mi piace un sacco. Non passa giorno in cui in non mi appunti qualcosa o scriva qualche pagina. Chissà che ne faranno i miei eredi di tutte queste pagine. Lì dentro ci sono un sacco di cose interessanti, almeno per me. E’ molto verosimile che diventeranno carta straccia e va bene così. Se non ci sono più io è giusto che scompaiano con me.

Lo stesso vale per le penne e matite. Posseggo decine di matite diverse e la mia preferenza in questo momento va verso le Palomino che adoro come poche altre cose. Per le penne stilografiche mi piacciono da impazzire le penne vecchie od antiche. Quello cose che hanno già scritto decine di pagine e che sono state il tramite per sentimenti ed emozioni. Mi piace l’idea che abbiano già avuto una loro vita e che siano passate di mano continuando a riversare inchiostro sulle pagine. Una eccezione è la mia Pilot Falcon che è un gioiello giapponese dalla punta extra fine che si adatta perfettamente al mio tipo di calligrafia. Costa un rene ma ne vale la pena.

Anche sul tema inchiostri si potrebbe aprire un capitolo senza fine. Ci sono delle cose fighissime là fuori ed anche a questo non posso resistere.

L’unica concessione che faccio a questa attitudine è l’uso del Remarkable 2 che è veramente un oggetto straordinario e assolutamente simile alla scrittura su carta. Diciamo che questo oggetto lo uso maggiormente per lavoro e per via del fatto che non pesa nulla e posso portarmelo dove voglio.

Di questi negozi mi piace la loro versione fisica. Voglio sempre sentire il peso della carta, vedere i colori, provare a fare scorrere un pennino sulla carta. Nessun negozio online può sostituire questa esperienza.


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Strade sbagliate

white and blue analog clock at 10 00
Photo by Unggan on Unsplash

Questa mattina, tra una call e l’altra, stavo mettendo mano a del codice che ho scritto nel tentativo di sistemare un paio di cose che non mi piacevano molto. Un pò di refactoring, mi sono detto, non farà male.

Fatto sta che dopo avere messo mano ad una ventina di file e dopo avere fatto girare tutti i test che avevo già scritto mi sono reso conto di avere fatto un gran casino ottenendo il risultato di complicare le cose più di quanto stessi tentando di semplificarle.

Riflettevo su questa cosa e sul fatto che il disastro che stavo lentamente costruendo si è lentamente stratificato. Poche innocue modifiche in un modulo hanno richiesto modifiche a cascata su altre parti del codice. E’ ben evidente che c’è qualcosa che non è ben strutturata all’interno della codebase.

Stessa cosa, credo, avviene nella vita reale. Fai qualche piccolo cambiamento e dopo poco ti ritrovi in casino che non riesci più a gestire.

Ma quanto sarebbe bello avere un rollback anche nella vita reale?


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Si fa così

assorted postage stamps on blue and white textile
Photo by Ali Bakhtiari on Unsplash

Ieri leggevo un interessante articolo che parlava del collezionismo di francobolli.

Sostanzialmente l’autore parlava di come aveva cominciato a collezionare francobolli da ragazzo per poi abbandonare l’idea qualche anno dopo. Aveva iniziato questo hobby senza una particolare guida ma semplicemente seguendo il suo istinto ed il suo gusto nella organizzazione della sua collezione.

Anni dopo decide di riprendere questo hobby e si reca in un negozio per avere dei consigli su cosa acquistare. I proprietari del negozio tentano di dare una forma alla sua idea. Gli suggeriscono di scegliere un paese, di organizzare i francobolli per annate e per data di uscita e via dicendo.

Questo approccio lo scoraggia ed abbandona il negozio a mani vuote.

Io credo che questo sia un elemento importante in qualsiasi attività che conduciamo ogni giorno. Siamo pieni di persone che vogliono dirci quale è il modo giusto, secondo loro, di fare le cose. Lo stesso uso di strumenti impone un certo approccio al problema che stiamo affrontando.

Se, per esempio, stiamo lavorando ad una presentazione e approcciamo questo problema aprendo Powerpoint o Keynote stiamo già subendo un approccio ed un modo di pensare. Questo è il motivo per cui quando devo lavorare ad una presentazione comincio sempre con carta e penna e metto mano al personal computer quando la presentazione è ben strutturata sulla carta e, sopratutto, nel mio cervello.

Abbiamo bisogno di libertà di pensiero e di approccio se vogliamo essere veramente liberi.

Questo mi ricorda anche un passaggio della canzone “Everybody’s free (to wear sunscreen)”:

Advice is a form of nostalgia. Dispensing it is a way of fishing the past from the disposal, wiping it off, painting over the ugly parts and recycling it for more than it’s worth

Everybody’s free (to wear sunscreen) – Baz Luhrmann

Niente di più vero.

Nel caso vi interessi questo è il link all’articolo di cui parlavo poco sopra: Stamping The Joy Out Of Collectors


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Fai attenzione

Harley Davidson

Oggi stavo facendo dei lavori di manutenzione alla mia moto.

Le consuete cose che si fanno all’inizio della bella stagione. Controllo dei livelli dei liquidi, controllo della pressione degli pneumatici, ricarica della batteria. Cosette di questa natura.

Da bravo ometto diligenti mi sono portato appresso il libretto di uso e manutenzione in modo da non fare errori durante l’esecuzione di questi lavoretti. Ne ho anche approfittato per montare un nuovo tachimetro.

Ho dovuto consultare il manuale un paio di volte per una paio di dettagli necessari ai lavori che stavo facendo.

Io rimango sempre molto stupito dallo stile dei manuali di origine statunitense. Il contenuto vero è proprio è circondato da una infinità di dettagli di carattere puramente legale che mi fanno sorridere.

Abbiamo il classico “Gli oggetti nello specchietto retrovisore sono più vicini di quanto sembra”.

Abbiamo poi “Evitare di toccare il motore” o “Evitare di toccare il tubo di scappamento”.

Si arriva all’inverosimile “Abbandonare la moto non avendo posizionato il cavalletto può provocare gravi danni alla moto ed alla persona”.

Vero è che negli Stati Uniti si può fare causa per uno starnuto o per uno sguardo di traverso ma è altrettanto vero che spesso si esagera.


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Vecchietto?

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Photo by Bernard Tuck on Unsplash

Leggevo recentemente un articolo di una signora della tenera età di 58 anni che sta diventando una star su Twitch giocando a Call of Duty. A quanto pare la nostra signora ci piglia pure e da del filo da torcere a più teneri virgulti.

La signora in questione ha due nipoti e usa come nickname Tactical Gramma.

La signora ed io siamo molto vicini in termini di età anagrafica ma devo ammettere che io avrei dei grandi problemi a definirmi “nonno”.


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Ed ancora banca…

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Photo by Markus Spiske on Unsplash

Questa mattina dopo un’altra attesa estenuante sono riuscito a mettermi in contatto con l’assistenza clienti di Intesa San Paolo.

La prima cosa da sottolineare è la gentilezza degli operatori. Nonostante la pressione cui sono sottoposti si sono rivelati molto gentili, professionali e competenti. Se non altro questo pezzo del customer journey ha funzionato a dovere.

Spendo quindi un po’ di tempo a spiegare il mio problema e l’operatore mi dice che sono comunque in buona compagnia. Beh, se non altro non sono stupido e non sono l’unico a non avere capito come questo doveva essere fatto.

Mi vengono prospettate due opzioni per lo sblocco del mio conto:

  1. Recarmi presso una filiale Intesa San Paolo e fare richiesta di sblocco ad uno sportello. Opzione subito scartata perché durante una pandemia non credo che sia il caso di spostarsi senza grandi necessità.
  2. Attendere la ricezione di un modulo via posta elettronica, stamparlo, compilarlo in tutte le sue parti, firmarlo e scansionarlo per poi restituirlo insieme ad una copia dei miei documenti di identità. Molto digital transformation in effetti.

Attendo quindi con ansia la ricezione del documento da compilare che in effetti arriva dopo pochi secondi.

Il documento è uno scarna pagina in formato PDF senza nessuna intestazione e nessun brand. Niente di niente.

Il documento non è nemmeno stato creato come un documento PDF pronto ad essere riempito con i dati. Mi viene la tentazione di andare a vedere i metadati del documento che mi hanno inviato e di fatto è un documento che è stato creato il 15.10.2020 e modificato l’ultima volta il 15.4.2021. Questo è un segno evidente che ci hanno messo mano a valle delle centinaia di clienti (come ha confessato l’operatore), che hanno avuto problemi durante la migrazione.

Il documento è stato creato da PDF Creator che non è molto comune e da un utente dalla identità inintellegibile.

A questo punto, però, è anche ora di lavorare un pochino per cui sospendo le mie indagini e mano quanto richiesto.

Mi è stato detto che ci vorranno tra le 24 e 48 ore perché il mio conto venga sbloccato.

Oh, se vi aspettate dei soldi da me in questi giorni e non li ricevete sappiate che non è colpa mia.

Evviva la trasformazione digitale!


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Banca, reprise

Niente da fare!

La mia avventura con Intesa San Paolo continua con una raccolta di clamorosi insuccessi.

Alla data di oggi il mio conto corrente risulta ancora essere bloccato. I miei tentativi di mettermi in contatto con il servizio clienti sono falliti uno dietro l’altro. All’ultimo giro ho lasciato il telefono collegato per due ore filate, ovvero sino a che i meccanismi antifrode dell’operatore non sono intervenuti ed hanno abbattuto la chiamata.

Per fortuna quello è un conto di servizio che si movimenta in genere ai primi del mese per via di un paio di RID che non posso appoggiare altrove.

Ho il sospetto che la migrazione della clientela da UBI Banca ad Intesa San Paolo sia stata un gran casino e che troppi clienti si trovino nelle mie medesime condizioni.

Una cara amica mi ha detto che sarà necessario recarsi in un filiale o riuscire a parlare con il servizio clienti per farsi inviare un modulo da compilare e restituire per sbloccare il conto.

E tutto questo nel 2021.

Non dovrebbe ma a me questo genere di cose stupisce sempre in maniera estremamente negativa. Tanto che alla fine sto pensando di cambiare banca. Ottimo risultato Intesa San Paolo.

Fate un po’ voi…


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