Davvero, ma che problema avete?

Photo by Pien Muller on Unsplash

Avete cominciato ad immagine complotti sulla pandemia, state parlando su uno stato di siccità secondo voi apparente e vi confesso che la mia impressione è che lo sceneggiatore di Stranger Things sia un dilettante al vostro confronto.

E, purtroppo, mi duole molto constatare che il nuovo fronte di indignazione coinvolge Fedez.

Come immagino sappiate Fedex e J-Ax hanno organizzato un concerto benefico che va sotto il nome di Love Mi. Pochi giorni dopo il concerto Fedez annuncia che grazie alla iniziativa sono stati raccolti 130.00 Euro che verranno donati alla Onlus TOG.

Qui ci sarebbero solo da fare degli applausi e lodare l’iniziativa.

Ed invece no.

Sono piovute una serie infinita di critiche ed insulti. “Fate beneficenza con i soldi degli altri”, “Avete cercato solo visibilità” giusto per citarne due che sono ad un livello linguistico adatto ad una platea diffusa.

Mi sembra bene evidenti che non siete dotati di capacità di pensiero analitico abbastanza profondo ma mi piacerebbe cercare di farvi capire un paio di cose. Sì, le missioni impossibili mi sono sempre piaciute.

Secondo voi Fedez e J-Ax avevano bisogno di un concerto come Love Mi per guadagnare visibilità? Mi pare che la presenza mediatica sia sufficientemente ampia da non richiedere iniziative come questa per essere sostenuta ed amplificata.

Secondo voi Fedez non avrebbe guadagnato molti più quattrini nell’organizzare un concerto per riempire le proprie tasche? Il fatto che abbia lavorato gratis quando potrebbe fare esattamente il contrario credo che sia evidente.

Fedez, e sua moglie Chiara Ferragni, hanno sempre fatto beneficenza. Potremmo discutere sulle modalità ma non mi pare il caso. Erano costretti a fare beneficenza? Assolutamente no. Avrebbero tranquillamente potuto tenersi quei quattrini in tasca come fanno una enorme quantità di altre persone con possibilità simili.

In sostanza, il buon Fedez ed il suo team si sono sbattuti per organizzare un evento che ha portato 130.000 Euro nelle case di una Onlus. 130.000 Euro che aiuteranno dei bambini, bambini, capite?

Cosa c’è che non vi va bene in tutto questo?

Perché è sempre necessario in questo cavolo di paese fare sempre della dietrologia da quattro soldi, anzi, due soldi?

Davvero, ma che problema avete?

Se vivete una vita che non vi piace non è colpa di Fedez. Fatevene una ragione e cercate qualcuno che sia in grado di farvi capire dove state sbagliando.

Non me ne può fregar di meno…

Photo by Alexas_Fotos on Unsplash

Questa mattina mi sono imbattuto in un articolo su Medium che parlava del fatto che l’autrice ha preso la decisione di sospendere la sua attività sulla piattaforma per via di due commenti abusivi nei suoi confronti.

Lei dice che non prendere questa decisione potrebbe avere un impatto molto negativo sulla sua saluta fisica e mentale.

In un certo qual modo sono perfettamente in grado di comprendere le motivazioni della sua scelta e, ovviamente, non posso fare altro che sostenerla e condividerla. Ogni persona deve prendere le migliori decisioni possibili per stare bene.

Nel corso di questi anni di scrittura su Corrente Debole anche a me è capitato di ricevere dei commenti che potrebbero essere abusivi, più spesso in forma privata che non pubblica.

Si passa dai più scurrili a quelli che semplicemente mi rendono edotto del fatto che, secondo lo scrivente, quello che scrivo non interessa a nessuno e che la qualità dei contenuti è veramente scarsa, di poco rilievo o del tutto inutile.

Non mi sono mai preso la briga di rispondere a queste sollecitazioni tossiche. Democraticamente accetto qualsiasi commento, anche il più scorretto ed ingiusto, almeno secondo il mio personale ed insindacabile giudizio.

Quando mi capita di ricevere un commento di questo tipo il mio pensiero immediato è qualcosa del tipo: ma davvero hai speso dieci minuti del tuo prezioso tempo per scrivere a me questa fesseria? Non c’è niente altro di maggior valore nella tua esistenza che non venire a frantumare il frantumabile a me? Davvero, non me ne capacito.

No, non è vero me capacito, eccome. Tutti i Social Network, nessuno escluso, sono come il Far West. Terra di conquista con poche regole che pochissimi seguono. Me ne sono fatta una ragione molto, molto tempo fa.

Vedete, io ho compiuto da poco cinquantacinque anni. Ho barba e capelli bianchi in infinità e da tempo immemore ho realizzato che della opinione del resto del mondo mi interessa proprio poco. Se ci pensate realizzerete anche voi che il numero delle persone a cui interessa davvero di voi è veramente molto esiguo. Ecco, di quelli mi interessa l’opinione. Tutto il resto può tranquillamente andare a farsi benedire.

Allo stesso tempo posso dire, e scrivere, tutto quello che mi pare essendo perfettamente consapevole delle conseguenze delle mie parole.

Questi due enormi traguardi mi permettono di dire che “non me ne può fregar di meno”.

Questa è la ragione per cui qualsiasi commento negativo, offensivo o minaccioso mi scorre addosso come la goccia d’acqua sul vetro.

Davvéro.

Perché si può fare!

Photo by Lukas on Unsplash

Qualche anno fa ho partecipato attivamente alle attività del CoderDojo MiSo ed è stata una delle esperienze più belle che io abbia mai sperimentato. Lo sguardo stupefatto dei bambini quando lanciavano il loro primo programma sul loro personal computer era uno stimolo fuori dal comune.

Riuscire a fare percepire la tecnologia come qualcosa che chiunque fosse in grado di governare in prima persona e non subire passivamente era una cosa meravigliosa da insegnare.

Per le attività usavamo Scratch che nonostante sembri un “linguaggio” banale permetteva di fare delle cose incredibili anche per chi masticava poco di computer e programmazione. Ideale per dei bambini in età scolare.

Nel tempo Scratch è evoluto ed ora siamo alla versione 3.0 che è ancora più potente e flessibile delle precedenti.

Ora è addirittura possibile scrivere dei Kernel Modules in Scratch!. Beh, dai, quasi. Si tratta di sfruttare la possibilità di integrare le funzionalità di Scratch con dei moduli esterni scritti in qualsiasi linguaggio, in questo caso C.

Mi piace molto quando si cerca di spingere al limite la tecnologia e questo è proprio il caso.

Questo è l’articolo che spiega come è stato fatto: NEED A LINUX KERNEL MODULE? SCRATCH THAT

E’ interessante come un prodotto come Scratch, nato per educare alla programmazione bambini e ragazzi sia evoluto sino a questo livello. Se ci avete mai avuto a che fare troverete simulatori di volo, cloni di Minecraft, giochi in 3D. E’ tutto così meraviglioso ed intrigante.

GitHub CoPilot, per me è no

Photo by Roman Synkevych 🇺🇦 on Unsplash

Sto usando GitHub CoPilot da qualche mese per i miei progetti personali e per alcune cose in Sketchin. Principalmente i linguaggi che utilizzo sono Python e JavaScript.

Continuo a considerarlo uno strumento utile ma richiede troppa consapevolezza da parte mia per farne buon uso. Mi spiego meglio.

Quando ho cominciato ad usarlo mi rileggevo con cura i suoi suggerimenti e facevo le modifiche che, secondo la mia modesta opinione erano necessarie. Con il tempo mi sono accorto che ho cominciato a fidarmi troppo dei suoi suggerimenti e questo mi ha condotto ad essere estremamente pigro nei confronti del codice scritto da me, e da lui.

Mi sono reso conto che, almeno in un paio di casi, CoPilot ha introdotto dei bug piuttosto subdoli in sezioni del codice che non avevo riguardato. La conseguenza è che tutto il tempo risparmiato nello scrivere codice è stato speso in debugging.

Queste ultime due considerazioni mi hanno spinto a disinstallare l’estensione dai miei due IDE di riferimento: PyCharm e Visual Studio Code.

Forse sono un pochino più lento nello scrivere codice ma ho piena consapevolezza di quello che sta accadendo all’interno del mio programma.

CoPilot sta uscendo dalla preview e quindi diverrà presto un prodotto a pagamento. GitHub vorrebbe mettermi le mani nel portafoglio per un importo pari a dieci dollari al mese, cento se pago per un anno.

In tutta sincerità mi sembra una cifra troppo alta e che non sono disposto a spendere, sopratutto a valle delle considerazioni di cui sopra.

Non ultime le considerazioni etiche e morali di cui ho scritto qualche giorno fa.

CoPilot, è stato bello finché è durato.

GitHub CoPilot e software Open Source

Photo by Markus Spiske on Unsplash

E’ recente l’annuncio che GitHub Copilot uscirà dalla sua fase di test e diventerà un prodotto a pagamento che servirà a Microsoft per monetizzare GitHub. Il prezzo pare essere fissato nell’intorno di 10 dollari al mese. Un prezzo non proprio popolare.

Qualche giorno fa ho scritto di quanto CoPilot mi avesse impressionato con la sua funzionalità e dopo qualche settimana di utilizzo continuo ad essere colpito da quanto sia efficace.

In queste settimane avevo cominciato a fare delle considerazioni personali riguardo l’oggetto ed avevo intenzione di formalizzarle in uno scritto che doveva essere questo.

Alla fine c’è stato qualcuno che lo ha fatto molto meglio di me e quindi vi rimando alla lettura di questo articolo che secondo me solleva delle questioni estremamente interessanti.

Avrei potuto riprendere il contenuto di quell’articolo e scrivere il post ma non sarebbe stato molto onesto da parte mia.

Give Up GitHub: The Time Has Come!

Io credo che nel leggerlo ci si potrà fare una idea precisa delle implicazioni che l’intelligenza artificiale, ed il machine learning, trascinano con se.

Facendo un esercizio di astrazione quelle considerazioni sono valide non solo per CoPilot ma per qualsiasi altro prodotto basato sulle medesime tecnologie.

Personalmente classifico quell’articolo nell’insieme delle letture imprescindibili.

I nostri dati

Photo by Jackie Hope on Unsplash

Credo che sia notizia a tutti nota il fatto che la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato il giudizio della sentenza Roe v. Wade eliminando di fatto il diritto costituzionale all’aborto e delegando ai singoli stati dell’unione la relativa legislazione.

Sul tema non mi faccio grandi problemi a dichiarare la mia posizione: ognuno è libero di fare quello che desidera sino al momento in cui non intralcia la mia libertà.

A questo punto quegli stati che sono contrari alla pratica si trovano nella condizione di dovere controllare e monitorare l’osservanza della legge. Come si può intuire è una operazione niente affatto banale e, mi viene da commentare, per fortuna.

Uno degli effetti immediati della decisione della Corte Suprema è l’immediato diffondersi sui social media di messaggi che invitavano le donne a rimuovere dai propri smartphone qualsiasi applicazione che tenesse traccia del loro ciclo mestruale.

Se smetti di tracciare il tuo ciclo mestruale è abbastanza probabile che tu sia rimasta incinta e se ricominci a tracciarlo prima dei nove mesi è altrettanto probabile che tu abbia abortito.

Le applicazioni garantiscono l’anonimato e assicurano gli utenti che non cederanno mai i propri dati a terzi ed in particolar modo alle forze dell’ordine. Tutto, probabilmente, vero ma cosa accadrebbe se un giudice li forzasse a cedere queste informazioni?

Trovo che il rischio sia assolutamente reale e spaventoso.

Si dice che il Presidente Biden scriverà all’FCC richiedendo di proteggere in maniera assoluta questo genere di dati. Anche di questo sono perplesso.

Io sono convinto del fatto che il problema non stia solo in quel particolare tipo di applicazione ma più in generale su tutti i dati che ci riguardano. Messaggi di testo, chat, ricerche su internet, messaggi di posta elettronica, ricevute di carte di credito, tracciamenti di spedizioni e chi più ne ha più ne metta. Tutto può condurre ad informazioni sullo stato di gravidanza e sulla volontà di volere interrompere una gravidanza.

La realtà delle cose è che nessuno è davvero in grado di rendersi conto della quantità di informazioni che dissemina durante le sue esperienza digitali e non. Nemmeno io che ho estrema consapevolezza e cura della mia privacy so esattamente quali dati sto cedendo e a chi.

Il discorso “non ho nulla da nascondere e quindi mi spiino pure” non si tiene e quanto sta accadendo dopo la decisione della Corte Suprema ne è la prova più recente. Un comportamento perfettamente lecito può trasformarsi in un reato dall’oggi al domani e noi potremmo trovarci nelle condizioni di avere disseminato le prove del reato.

Dobbiamo rassegnarci all’idea che la privacy è oramai divenuta un miraggio. Come tale non esiste. E’ irraggiungibile.

E’ oramai difficile parlare “dei nostri dati”. I nostri dati sono già la fuori e da lunghissimo tempo.

Questo vale non solo per i nostri dati personali ma, spesso, anche per le organizzazioni per cui lavoriamo. Faccio un esempio banale. Noi in Sketchin usiamo una quantità inimmaginabile di servizi SAAS così come siamo clienti di Google per la posta elettronica, lo storage dei nostri dati ed altri servizi collegati. Scherzando dico spesso che se Google volesse fare una profonda due diligenze sulla nostra azienda avrebbe già tutti i dati a disposizione. Bilanci, budget, forecast, strategia, contenziosi (no, non ne abbiamo, mai avuti…), organigramma, retribuzioni. Sanno già ogni cosa se solo lo volessero. E quindi non ci sarebbe molto da scherzare, è la dura e cruda realtà.

Sono molto perplesso riguardo quello che in termini generali sta accadendo negli Stati Uniti e comincio a provare un pochino di paura verso quello che potrebbe diventare uno stato di polizia.

Dato che in genere siamo molto bravi ad importare nella nostra penisola le decisione che vengono da oltre oceano sono spaventato. La nostra attuale classe politica di tutto è capace tranne che di esprimere pensiero efficace e oggettivo.

Se è vero che non siamo in grado di proteggere in maniera assoluta i nostri dati trovo che sia comunque necessario educare le persone a cercare di proteggersi per quanto è possibile.

West Gate. Spiegatemi perché

Photo by Nikola Knezevic on Unsplash

Io ho imparato ad amare la lingua Italiana in tardissima età. Chiunque mi abbia conosciuto al tempo del liceo ricorderà benissimo i miei enormi problemi con la professoressa di Italiano.

Pur lavorando in un ambito densamente popolato di neologismi, inglesismi ed acronimi cerco sempre di usare la mia lingua ogniqualvolta sia possibile.

Io auguro “un buon fine settimana”, chiedo di “fissare una riunione” e domando di “fare una pausa”, ringrazio per “il messaggio di posta elettronica”. Quasi sempre.

Eppure la lingua Inglese la pratico, spesso e, tutto sommato, non sono neanche malaccio.

Non arrivo al livello dei nostri cugini francesi ma mi ci avvicino molto.

Spesso mi è stato fatto notare che uso termini oramai desueti nel mio eloquio e, giuro, non è per tirarsela. Si tratto solo di amore. Amore per i suoni, per i vocaboli. La ricerca della parola più adatta per esprimere un concetto. La fuga dalla banalità che regna sovrana, ovunque.

Leggo su Repubblica che è stata trovata una destinazione d’uso per l’area del trascorso Expo. Mi sembra una ottima notizia.

Poche righe sotto leggo che si intende chiamare quell’area West Gate.

Qualcuno è in grado di spiegarmi per quale motivo la dobbiamo chiamare West Gate? Fa più figo? Si vende ad un maggior prezzo per via della lingua della perfida Albione?

Tutto sommato ci si muove in continuità. Oggi quell’area si chiama Milano Innovation District. Stessa salsa, piatto diverso.

180

Photo by olga safronova on Unsplash

Da quando ho deciso di ricominciare a scrivere in maniera costante su Corrente Debole sono trascorsi 180 giorni. Più o meno dal 1 Gennaio 2022 ho ripreso a scrivere su questo mio piccolo spazio.

180 giorni sono più o meno sei mesi. Sei mesi in cui ogni giorno ho lasciato qualche riga su questo blog e, allo stesso tempo, ho ripubblicato i contenuti su LinkedIn, Medium e Twitter.

Come ho scritto spesso non ho mai osservato le statistiche delle diverse pubblicazioni. Alla fine questa cosa serve più a me che al resto del mondo. Eppure consiglierei a tutti di farlo. E’ una pratica che mi ha aiutato molto in termini di pensiero, sopratutto laterale. Questo è anche il motivo per cui potremmo definire il contenuto di Corrente Debole “generalista”.

Se avessi avuto il desiderio di monetizzare avrei scelto un tema specifico e verticale e di quello avrei scritto ogni giorno. Il design, per esempio. Al contrario monetizzare non mi interessa affatto, così come non mi interessano i temi di personal branding. In tutta sincerità, e riconosco di andare controcorrente sul tema, non mi interessa e farlo richiederebbe molto più tempo di quello che sono disposto a concedere a Corrente Debole.

Corrente Debole sono i miei dieci minuti giornalieri di evasione dalle contingenze, professionali e personali. Sono il momento in cui mi prendo un caffè con i miei undici lettori. In quel breve lasso di tempo posso concedermi il lusso di scrivere quello che mi pare senza dovere necessariamente misurare le parole ed i loro effetti.

E’ un momento libero e tale deve rimanere.

L’obiettivo di quest’anno è di scrivere 365 post consecutivi. 365 volte all’anno in cui mi sono sentito, e sono stato, libero.

Mica pizza e fichi.

We’re sorry…

Photo by Mitchell Luo on Unsplash

Mi sono imbattuto per caso in un interessante thread su Hacker News.

La sostanza è questa: un utente, che da quanto essere sembra essere un utente business pagante, ospita su Google Drive uno spreadsheet che contiene importanti informazioni di business. Da un giorno all’altro nel tentativo di aprire quel file ottiene questo messaggio di errore: “We’re sorry. You can’t access this item because it is in violation of our Terms of Service. If you feel this is in error, please request a review. Find out more about this topic at the Google Drive Help Center.”

Come ampiamente dimostrato da una vastità di altri casi non esiste un essere umano cui fare riferimento per ottenere spiegazioni. L’unica cosa che puoi fare è andare online e riempire un form nella speranza che qualcuno se ne occupi.

Ventiquattro ore dopo essergli stato precluso l’accesso alle sue informazioni riceve un messaggio da Google che recita: Your file “” contains content that violates Google Drive’s Phishing policy and hence, some features related to this file may have been restricted. If you think this is an error and would like the Trust & Safety team to review this file, request a review below.

Ho provato a cercare in rete la Google Drive Phishing Policy senza successo. L’unico documento affine che sono in stato di trovare è un documento intitolato “Abuse Program Policies and Enforcement” che non è decisamente esplicativo di eventuali limitazioni.

L’utente in questione dice che nel documento in questione conteneva un elenco di domini e relativi KPI.

Una spiegazione possibile potrebbe essere che uno dei domini contenuto all’interno del documento fosse considerato da Google un vettore di phishing.

Ad ogni modo, e ammesso che quanto riportato sia vero, penso che sia un tema interessante.

Benvenuta Iliad

Photo by Lucian Marian on Unsplash

Come ho scritto qualche giorno fa ho deciso di abbandonare Vodafone per passare ad altro operatore.

Dopo avere fatto qualche passaggio con delle persone che sono clienti da tempo mi sono deciso per Iliad. Tutto sommato loro mi piacevano e poi alcuni ex colleghi ci lavorano.

Raggiungo il loro sito e comincio ad informarmi.

Confesso che il sito non mi fa impazzire. Sebbene sia decisamente usabile trovo che dal punto di vista dell’Interaction Design e del Visual Design si potrebbe fare molto meglio. Ad esempio non mi piace affatto la tipografia.

Ad ogni modo comincio ad esplorare le offerte e trovo tutte le risposte alle mie domande. L’offerta è descritta in maniera chiara e, se lo si desidera, ci sono tutti i prospetti da consultare.

Bene, la decisione è presa.

Compilo un semplice form che mi chiede alcuni dati perché possa partire la spedizione della SIM. Dopo pochi secondi mi arrivano le credenziali per l’accesso all’area personale.

Mi collego alla mia area personale dove mi viene richiesto di confermare la mia identità tramite il caricamento del mio documento di identità e di un video con il mio bel faccino.

Operazione semplicissimo nonostante non sia riuscito a completare l’upload del video da Safari. Ho dovuto utilizzare un altro browser per completare il passaggio. Poco male.

Mi viene detto che la mia SIM mi verrà recapitata tra due e cinque giorni lavorati. In effetti la SIM è nella mia casella di posta due giorni dopo la compilazione del modulo.

A questo punto devo attivare la SIM. Operazione estremamente semplice che non richiede più di trenta secondi di lavoro.

Ricevo un SMS che mi avvisa dei termini di tempo previsti per completare l’operazione di number portability. Contestualmente a questo ricevo anche un messaggio di posta elettronica a conferma dellla partenza della operazione.

Meno di 48 ore dopo il processo di portabilità è concluso e sono un felice utente del nuovo operatore.

Tutte le promesse sono state mantenute. Esperienza utente decisamente positiva e nessuna necessità di visitare un luogo fisico per completare il passaggio.

Anche per quanto riguarda l’area personale del sito ho qualche riserva come per il sito principale. Cosa positiva da notare è il fatto che è possibile recedere dal contratto direttamente dalla area personale. Questa è una cosa assolutamente non comune ma che dal punto di vista dell’utente finale è una grande feature. Nessun altro degli operatori offre questa possibilità e, nel 2022, mi sembra una follia totale.

Qui sul lago la qualità del segnale è leggermente inferiore rispetto a Vodafone ma comunque totalmente usabile.

Per il momento il giudizio è assolutamente positivo e l’esperienza certamente memorabile dal punto di vista utente.

Il pitch perfetto

Photo by Patrick Robert Doyle on Unsplash

Sono seduto tranquillo alla mia scrivania quando arriva il momento di controllare la mia posta elettronica. Non lascio mai che siano le notifiche a dirmi quando devo leggere un messaggio ma definisco dei tempi precisi all’interno della mia giornata nei quali controllare la posta.

Guardo la lista dei nuovi messaggi per capire a chi dare la priorità e a chi rispondere. Tra i messaggi la richiesta di una proposta da parte di un grande cliente, meglio, potenziale cliente.

La apro e comincio a leggere. Ci viene richiesta una proposta commerciale per la progettazione di un nuovo servizio. Scorro il documento allegato che quelli fighi chiamerebbero brief e noto immediatamente che la qualità del documento è molto alta. Sul tema della qualità dei brief che si ricevono di potrebbe scrivere un libro, dell’orrore, credo.

La cosa sembra comunque interessante. Il progetto è decisamente figo, si tratta di un mercato al quale si potrebbero applicare infiniti elementi di innovazione ed il cliente sembra essere uno di quelli aperti ad accettare sfide impegnative.

Purtroppo i tempi richiesti sono stretti e dobbiamo metterci al lavoro immediatamente. Siamo in un momento di scarsità di risorse. Risorse che sono impegnate in altri progetti o proposte. Oltre a questo il cliente è molto grande, internazionale e richiede pensiero ed attenzione. Sono questi i casi in cui mi viene chiesto di mettere al servizio del team di lavoro i miei capelli bianchi.

Confesso che avere l’opportunità di mettere un pochino da parte le mie attività principali e dedicarmi a quello che facevo diversi anni fa mi piace. Non vedo proprio l’ora di mettermi al lavoro e di produrre qualcosa di eccitante insieme agli altri componenti del team.

Comincio ad analizzare nel dettaglio il documento che abbiamo ricevuto e comincio a strutturare il mio pensiero:

  • Quale è il problema di business che il cliente vuole risolvere? Comprendere la natura del problema che ci viene posto è sempre il primo passo per essere in grado di produrre una proposta di valore. Non ci sono mai proposte “copia e incolla” a meno che tu non voglia normalizzare verso il basso la tua proposta. Se questo è il caso vai a competere solo sul prezzo, e questo non ci interessa.
  • Chi sono gli stakeholder del progetto e che limite di autonomia hanno all’interno della organizzazione?
  • Chi sono gli attori dell’ecosistema sul quale ci viene chiesto di intervenire?
  • Cosa sta succedendo nell’industria di riferimento?

Quando le idee sono chiare comincio a ravanare nella mia infinita lista di paper, ricerche, documenti per farmi una ideai dei pensieri che qualcun altro ha già fatto. E’ sempre importante confrontarsi con il pensiero di altri.

Provo ad immaginare quali altri componenti del gruppo cui apparteniamo potrebbero dare un contributo alla soluzione del problema. Potrebbero essere i ragazzi che si occupano di Machine Learning ed Intelligenza Artificale, oppure il team di Strategy ed Innovation o, forse, la componente Technology.

A questo punto comincio a stendere, sulla carta, quello che io penso possa essere la struttura del pitch per questo cliente. In seguito la proporrò al team di lavoro per recepire le loro considerazioni ed i loro commenti.

Personalmente ritengo che il pitch perfetto debba essere articolato più o meno in questo modo:

  • Il problema: Il punto di partenza è rielaborare il problema che ti è stato esposto con parole tue per essere certo di avere compreso il brief del cliente. Sembra un passaggio banale ma, in realtà, è fondamentale.
  • La sfida: compreso il problema è necessario dare un contorno alla sfida cercando, per quanto possibile, di essere chiari. Delineare sin da subito i contorni della sfida, ed i potenziali rischi, aiuta a non fare divenire il progetto un incubo in fase di esecuzione.
  • Chi siamo: raccontare chi sei e da dove viene è fondamentale per gettare le fondamenta di una sana collaborazione. Dichiarare esplicitamente le basi culturali sulle quali sei nato e cresciuto evita di mettersi in relazione con clienti potenzialmente tossici.
  • Come lo facciamo: Illustrare il proprio metodo di design ed i principi che lo governano è estremamente sano perché racconta quale impegno viene richiesto al cliente per seguirci nel percorso di progettazione. E’ un elemento molto importante, almeno nel nostro caso.
  • I pilastri: a questo punto è necessario fare comprendere al cliente quali sono i pilastri di design, tecnologia ed innovazione che riteniamo essere chiave per il successo del progetto.
  • Gli attori: chi sono gli attori per cui dobbiamo progettare e quali pilastri si applicano ad ogni singolo attori. Quelli fighi, ancora, chiamerebbero questi attori personas.
  • La struttura del progetto: quali sono le attività che intendiamo condurre per arrivare alla soluzione del problema che ci è stato richiesto di risolvere. Un elenco di attività per quali viene detto che cosa faremo, per quale motivo, con chi la faremo, cosa ci aspettiamo come input e cosa genereremo come output, la durata e le persone e le professionalità che verranno coinvolte.
  • La timeline di progetto: Questa è semplicemente una sintesi visuale dei punti precedenti.
  • Le aperture: al di là della soluzione del problema di business che è oggetto del pitch è necessario rappresentare in maniera esplicita eventuali opportunità che si sono rese evidenti durante la preparazione del pitch.
  • Gli economics: sì, tutto bellissimo, ma quanto costa? In questo caso è necessario essere precisi. Già a questo punto è necessario essere assolutamente chiari su cosa è incluso nella proposta e cosa non lo è. Cosa ci aspettiamo dal cliente in termini di persone, documenti e supporto durante l’esecuzione del progetto.
  • Il team: Il cliente vuole parlare con delle persone, non con una azienda. Chi pensiamo potranno essere le persone che lavoreranno sul progetto?

Questo, secondo la mia personale opinione, è il minimo sindacale che un pitch dovrebbe contenere.

In genere tutto si risolve nella realizzazione di una presentazione ma, spesso, non mi dispiace avere a supporto anche un documento di testo. Questo serve sopratutto quando ti viene chiesto di mandare il pitch senza avere l’opportunità di presentarlo faccia a faccia.

Meraviglie

Photo by Huper by Joshua Earle on Unsplash

Quando decisi di unirmi a Sketchin fu una scelta di cuore. Uno studio piccolo, in Svizzera e con persone giovani. Razionalmente non avrei dovuto accettare la proposta di Luca perché i rischi sembravano tanti.

La verità è che su questo genere di decisioni tendo ad essere molto poco razionale. Se una posizione è sufficientemente figa, se le persone con cui lavorerò sono molto sopra la media e se la passione è il motore dell’azienda allora io ci sto.

Fu così in Symbol Technologies, in H3G, allora Andala, e con Sketchin.

Mi trovai con Luca nell’allora piccolissimo studio di Manno e la prima cosa che vidi fu il lavoro che stavano facendo per l’e-commerce di Mondadori. Quasi dieci anni fa. Ne fui così tanto impressionato che la decisione fu facile.

Una persona illuminata a guidare l’azienda, delle persone di estremo talento ed un potenziale che non aspettava altro di essere reso esplicito.

E questo è quello che è avvenuto in questi ultimi anni. Aiutare le persone a realizzare il loro potenziale. Oggi siamo dieci volte di più il numero delle persone che incontrai quel giorno.

La cosa impressionante è che questo potenziale cresce giorno dopo giorno.

Nelle settimane scorse ho potuto partecipare ai nostri eventi organizzati per la Milano Design Week. Ho toccato con mano la capacità di pensiero delle nostre persone e ne sono rimasto molto impressionato.

Pochi giorni fa ho avuto l’opportunità di vedere un video che abbiamo realizzato per un progetto. Mi dispiace che non sia ancora possibile renderlo pubblico perché è stata una cosa veramente straordinaria. In pochi minuti si è resa tutta la complessità di un progetto in una maniera semplicemente fantastica.

Confesso che mi sono veramente emozionato, e commosso, guardandolo.

Nonostante tutte le complessità che abbiamo introdotto, obtorto collo o meno, lo spirito di quegli anni è ancora tutto lì. La capacità di pensare e di innovare sono ancora presenti. Le persone di talento mi circondano ogni giorno.

No, non è un paradiso. Abbiamo un casino di cose che non funzionano o che sono perfettibili. Lo so benissimo e ci lavoro ogni singolo giorno. In alcune occasioni ci riesco, molto più spesso fallisco miseramente.

Eppure pochi minuti di un video, ed esser uscito dai nostri eventi della Milano Design Week, mi hanno dato una carica incredibile.

Sì, indubbiamente Sketchin è cambiata, ed anche io sono cambiato. Eppure non posso desiderare altro che rimanerci.

Alexa e le voci dal passato

Photo by Find Experts at Kilta.com on Unsplash

Tutta la mia casa è completamente automatizzata grazie a Home Assistant e ad un, oramai infinita, serie di oggetti connessi e controllabili da remoto.

Luci, televisione, computer, diffusori audio, monitor del sonno, caffettiera, PlayStation, Apple TV, termostato, telecamere di sorveglianza, beacon e non so oramai più quanta altra roba. Oltre agli oggetti sono collegati ad Home Assistant tutta una serie di servizi. Fitbit, Google Mail e Calendar, Slack, tempo atmosferico, connettività di rete, i dati della mia macchina e tantissimi altri.

Grazie agli altoparlanti Sono in ogni stanza di casa è possibile controllare ogni singolo oggetto tramite comandi vocali. Sebbene la cosa sia un pochino “creepy” io uso i controlli vocali moltissimo e con grande soddisfazione.

Alexa arriva con un set di voci che è possibile scegliere quando ritorna delle rispostte.

Leggevo ieri che Rohit Prasad, Senior Vice President and Head Scientist di Alex, ha annunciato il prossimo rilascio di una nuova funzionalità: dare ad Alex la possibilità di parlare con qualsiasi voce noi desideriamo.

Rohit sostiene che Alexa sarà in grado di parlare con una qualsiasi voce dopo avere ascoltato meno di un minuto di conversazione con la voce di quella persona. Tutto questo reso possibile grazie alla Intelligenza Artificiale.

Durante l’evento è stata mostrata la funzionalità. È stata posta ad Alexa la richiesta seguente: “Alexa, can Grandma finish reading me The Wizard of Oz?”

Il caso d’uso è quello di un nipote che desidera ascoltare la voce di una nonna scomparsa leggere una storia.

Personalmente la cosa mi fa un pochino accapponare la pelle. Se avessi la possibilità di avere Alexa che risponde alle mie domande con la voce di mio padre o di mia mamma ritornerei immediatamente indietro nel tempo.

Mi immagino mia mamma che alla richiesta “Alexa, quale è il mio prossimo appuntamento” mi risponde “Non hai altri appuntamenti ma mettiti a studiare”

In realtà questi mi sembrano casi d’uso un pochino limite.

Mi piace di più l’idea di avere a disposizione una voce che ci piace rispetto a qualcosa di più asettico come le voci preimpostate.

In effetti avere la possibilità di fare parlare il proprio attore preferito, o uno dei doppiatori che maggiormente ammiriamo è una cosa che davvero mi piacerebbe avere.

Abbastanza evidente che qui entriamo nel mondo dei deepfake ma mi sembra un passo interessante.

Se Amazon fosse in grado di instillare un pochino di personalità in Alexa quando risponde sarebbe un enorme passo avanti per fare percepire questa tecnologia come naturale.

22 Giugno

Photo by Glen Carrie on Unsplash

Corre oggi il 22 Giugno. Una data importante, almeno per me.

Esattamente dieci anni fa avvenne l’evento più catastrofico di tutta la mia carriera. A distanza di dieci anni ancora non riesco a darmi una spiegazione di quanto accaduto e, lo confesso, ancora mi rode, tanto.

Ho pensato spesso di provare a cercarla quella spiegazione. Non mi sono mai deciso a farlo perché è irrilevante, così come è irrilevante il dettaglio della catastrofe. È semplicemente accaduta.

Quella sera pensai che tutto fosse finito. Durò lo spazio di una notte e mi misi subito all’opera per rimediare a quanto accaduto. Allora non sapevo ancora che stavo per imbarcarmi nella più meravigliosa delle avventure professionali, Sketchin.

Con il senno di poi dovrei ringraziare quel momento. Eppure, nonostante tutto mi rode ancora, molto. (Ok, ripetizione…)

Corre oggi il 22 Giugno (altra ripetizione…), e mia figlia si trova per la prima volta nella sua vita degli esami orali. La terza media è finita e questo è l’ultimo ostacolo prima delle meritatissime vacanze. Non sono affatto preoccupato. La figlia è tosta e non avrà problemi.

L’anno prossimo comincia il Liceo e questa sì che è una notizia.

Strano come in una stessa data si siano accavallati due eventi di così grande rilevanza.

Ok, non ve ne può fregar di meno. Lasciatemi raccontare. Al limite, passate oltre.

Alessandro Galetto

Fuga da Whatsapp

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