Geek saturday

E’ sabato e sto cercando di non pensare ad una bruttissima notizia che ho ricevuto ieri sera.

Cerco quindi qualcosa su cui concentrarmi e spendere qualche tempo leggendo e approfondendo.

Mi capita quindi di leggere questo articolo: Procedurally Generated Retrocomputer Emulators

Gli emulatori mi hanno sempre intrippato moltissimo. Il motivo è relativamente semplice. Non ho mai capito un tubo di hardware e per questo motivo la capacità del software di emulare una architettura hardware e software mi manda in brodo di giuggiole.

Per questo l’idea che sta dietro a The emulator framework è affascinante.

Costruire un emulatore senza scrivere codice. Ma scrivere anche assembler e disassembler usando solo un formalismo. La ciliegina sulla torta è il fatto che l’emulatore finale viene scritto in JavaScript. Figo!

Peccato che per il momento non ne sia stato ancora rilasciato il codice sorgente. Sarebbe stata una lettura molto interessante per questo lungo fine settimana.

correntedebole ed il suo server

In qualche occasione mi capita di discutere sul perché il blog di Corrente Debole vive su un server dedicato che ogni mese pago perché rimanga in piedi.

Alla data di oggi il blog funziona per mezzo di una istanza di WordPress che continuo a manutenere regolarmente. Su quella istanza di WordPress ci sono installati una manciata di plugin che in maniera automatica si occupano di diffondere i post sui vari social media. Ad oggi i post vengono diffusi su Medium, LinkedIn e Facebook.

Se pensiamo ai tre siti su cui vengono diffusi i contenuti è ben evidente il fatto che Corrente Debole potrebbe vivere tranquillamente, e gratuitamente, su uno di quelli. Una pagina su Facebook, una Publication su Medium o dei semplici post su LinkedIn.

Se facessi così risparmiere qualche decina di dollari all’anno per l’hosting che sto utilizzando.

E qui si fermano i vantaggi.

Ospitare il blog su un sistema che governo io mi permette di:

  • Scrivere quello che mi pare senza dovermi preoccupare troppo dei termini e condizioni degli altri siti. Nella peggiore delle ipotesi verrò escluso da uno dei siti satellite ma il contenuto rimarrebbe sempre online e disponibile. Ovviamente ammesso che io non infranga alcuna legge.
  • Rimango il proprietario assoluto dei miei contenuti. Quesi vero dato il fatto che il contenuto viene diffuso su altre piattaforme ma è altrettanto vero che la prima pubblicazione avviene sul mio sito.
  • Nel caso in cui un giorno mi venga l’idea di monetizzare in qualche modo avrei maggiori strumenti a disposizione per farlo.

Ovviamente ci sono anche degli svantaggi:

  • Un semplice repost sulle altre piattaforme non sfrutta al meglio le potenzialità che le altre piattaforme offrono. Ad esempio non posso pubblicare un post su Medium che rientri nel walled garden.
  • C’è comunque un costo associato alla disponibilità del server.
  • Il server non sarebbe in grado di potere gestire un traffico equivalente a quello che possono gestire le altre piattaforme. Problema secondario dato che questa cosa viene letta da quattro gatti.
  • Il server va comunque aggiornato e gestito ma, diciamo, questa è una parte che mi diverte parecchio.

Come una volta

Image from Wikipedia

Io mi ricordo benissimo il mio primo computer. Era un Sinclair ZX80.

Credo che di avere stressato i miei genitori per mesi prima di riuscire ad ottenere di averlo. Ho probabilmente fatto solenni promesse di impegno nello studio e buon comportamento generale per poterlo avere sulla mia scrivania di ragazzo.

Annunciato nel 1980, se pensiamo alle sue caratteristiche con le metriche di oggi mi viene da sorridere. Architettura basata sul processore Z80, 8 bit a 3.25 Mhz con 1 Mb di RAM e 4 Mb di ROM.

Eppure, nonostante tutte le limitazioni, ho cominciato con quello e da allora il sacro fuoco non mi ha mai più abbandonato.

Per questa ragione quando ho letto l’annuncio del rilascio del Raspberry PI 400 sono tornato indietro nel tempo.

Il form factor del PI 400 non è molto simile a quello dello ZX80 ma l’idea di un computer che vive sotto la tastiera mi affascina ancora. Inutile dire che la potenza del PI 400 è enorme e sicuramente il rapporto tra il prezzo e le prestazioni è di tutto rispetto.

Con 70 dollari ti porti a casa una macchina che non è certo un fulmine di guerra ma che ti permette di fare delle belle cose.

Digital Devolution

Devolution:

Devolutionde-evolution, or backward evolution is the notion that species can revert to supposedly more primitive forms over time.

Wikipedia

Retrograde evolution.

Merrian-Webster

Digital Devolution: evoluzione retrograda in ambito digitale.

Qualche esempio di ieri.

A Milano puoi sapere se una persona è risultata positiva ad un tampone per il Covid-19 semplicemente essendo a conoscenza del suo codice fiscale: Vuoi scoprire se qualcuno ha il Covid-19? A Milano basta sapere il codice fiscale

Se vuoi ottenere il bonus mobilità c’è un sito per ottenerlo, ma devi comunque fare la fila, altrimenti che burocrazia è?: Con un numerino in fila come all’ufficio: il fallimento della cultura digitale

E mi raccomando, mentre siete in fila, non spingete!

E questi dovrebbero aiutarci a sopravvivere ad una pandemia?

Ho il sospetto che siamo spacciati.

Un viaggio

flatlay photography of wireless headphones
Photo by C D-X on Unsplash

Mi capita di perdermi tra le raccomandazioni di YouTube e intraprendere dei viaggi virtuali che sono comunque pieni di luohi ed emozioni.

Ieri sera è avvenuto proprio questo.

Tutto è cominciato ascoltando una versione dal vivo de L’avvelenata di Francesco Guccini.

Credete che per questi quattro soldi

Questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni

L’avvelenata – Francesco Guccini

A questo punto seguo le raccomandazioni che compaiono sulla destra del brano che sto ascoltando.

Ed ecco spuntare Rimmel di Francesco de Gregori.

Ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo
E la mia faccia sovrapporla a quella di chissà chi altro, oh
Ancora i tuoi quattro assi, bada bene, di un colore solo
Li puoi nascondere o giocare con chi vuoi
O farli rimanere buoni amici come noi

Rimmel – Francesco De Gregori

Da un angolo spunta Luci a San Siro di Roberto Vecchioni.

Io quando ho amato
Ho amato dentro gli occhi suoi,
Magari anche fra le sue gambe
Ma ho sempre pianto per la sua felicità

Luci a San Siro – Roberto Vecchioni

Scorro ancora la lista sulla desta e scelgo La sera dei miracoli di Lucio Dalla.

Questa sera così dolce che si potrebbe bere
Da passare in centomila in uno stadio
Una sera così strana e profonda che lo dice anche la radio

La sera dei miracoli – Lucio Dalla

Continuo così per una oretta. Mi lascio trasportare dal caso.

Tutto termina con Franco Califano.

Tutto il resto è noia.

Tutto il resto è noia – Franco Califano

E’ stata una bella serata.

Otto anni

Oggi è l’ottavo anniversario del mio ingresso in Sketchin.

Otto anni sono di gran lunga la maggiore quantità di tempo che io abbia mai speso nella stessa azienda. Sono irrequieto di natura e mi annoio in fretta. Per questo è sempre stato difficile continuare a lavorare nella stessa azienda per lungo tempo.

Otto anni. Mi guardo indietro e non riesco a crederci.

Ricordo il pranzo con Luca, Francesca e Tiziano in cui abbiamo parlato di design, di visione, di progetti e di un entusiasmo infinito. Una pizza nel ristorante vicino allo studio. Ricordo perfettamente quella mia visita in quello che allora era il loro piccolo studio. Poco più di una decina di persone.

Luca mi fece vedere quello su cui stavano lavorando. In particolare mi colpì il lavoro che stavano facendo sull’e-commerce di inMondadori. Tra me e me dissi: “Cavolo, questi sono davvero bravi!”.

C’era, e c’è ancora, una potenzialità enorme tutta da esprimere ed una realtà possibile che era a portata di mano. Nei giorni successivi sperai che arrivasse una proposta di ingresso da parte di Luca.

Arrivò ed accettai immediatamente.

E’ stato l’inizio del viaggio professionale, e personale, più eccitante di tutta la mia vita.

Da allora ne abbiamo fatta di strada. Ci sono stati momenti entusiasmanti e ci sono stati momenti drammatici, molto drammatici. Momenti complessi dai quali siamo sempre usciti mettendo insieme tutte le capacità che avevamo a disposizione.

Io credo che siamo riusciti a costruire una cosa di valore assoluto. Nonostante tutto. E’ perfetta? No, non lo è. Non lo è mai stata e forse questo è il suo maggiore pregio ed il suo maggiore difetto.

E’ difficile starci dento? Cavolo se è difficile. Non è una passeggiata di salute. Spesso sembra una impossibile montagna da scalare ma quando arrivi in cima la pace ti invade. Subito dopo si stagli all’orizzonte la montagna successiva, rimetti lo zaino in spalla e ricominci a camminare per raggiungerla.

La scalata non è semplice e qualcuno ci lascia le penne. Fa parte del gioco e dobbiamo riuscire ad accettarlo.

Abbiamo visto crescere questa creatura negli anni raggiungendo obiettivi sempre più ambiziosi ma mantenendo, credo, quello che era lo spirito originario.

In certi momenti sono stato tentato di mollare tutto ed accettare qualche proposta succulenta proveniente dal mercato. Luoghi in cui avrei potuto stare più tranquillo e guadagnare di più. Ho sempre declinato molto in fretta ognuna di queste proposte. Era sufficiente arrivare a sera e sdraiarsi a letto per mettere in fila tutto il necessario per prendere una decisione. C’era ancora troppo che poteva essere fatto e una visione che poteva essere estesa e coltivata. Ho sempre detestato le opportunità sprecate e in Sketchin l’opportunità è ancora enorme e grandemente inespressa.

Mi guardo intorno e non riesco ad intravedere un luogo migliore dove esercitare le mia sinapsi.

Beh, finchè mi vorranno, io quella visione voglio farla diventare una realtà.

Il cerchio si stringe

LED rings
Photo by James Thomas on Unsplash

In questi ultimi giorni mi ritrovo con un pensiero che non riesco a definire del tutto irrazionale.

Sino a questo momento avevo certo contezza della presenza del virus. Giornali, televisione, web e statistiche mi hanno accompagnato quasi ogni giorni con i loro aggiornamenti. Nonostante questo le notizie sui contagi erano comunque lontane dai miei confini personali.

Ora la situazione è diversa. Ho conoscenti vicini che sono stati contagiati ed anche qualche amico. Alcuni di essi sono in trattamento in ospedale, altri a domicilio. Con mio figlio abbiamo fatto quattordici giorni di quarantena perchè un suo compagno di classe è risultato positivo.

La sensazione è che il cerchio si stia stringendo. Irrazionalmente lo vivo quasi come un assedio alla porta di casa.

Ovviamente è una sensazione, ed un pensiero, del tutto irrazionale. Continuerò a comportarmi nella stessa maniera in cui mi sono comportato in questi mesi. Responsabilmente. Osserverò tutte le regole suggerite e continuerò a spellarmi l’epidermide a forza di lavarmi le mani.

Nonostante questo riconosco che qualcosa è cambiato. Non sono ancora riuscito a farmi una idea ma sicuramente nella mia percezione qualcosa è cambiato.

La bolletta del gas

Sono un cliente di Enel per la mia fornitura di luce e gas. Per la fornitura della corrente elettrica sono riuscito a fare in modo che i pagamenti vengano appoggiati sulla mia carta di credito.

Nonostante i miei tentativi continui per due anni non sono riuscito a fare la stessa cosa per la mia fornitura del gas. Ci provo e ci riprovo ma non funziona mai.

Mistero. Tecnologico, direi.

Questo sostanzialmente significa che ogni paio di mesi mi dimentico di pagare la bolletta del gas e puntualmente, e giustamente, comincio ad essere bombardato da SMS, e-mail e raccomandate che mi invitano a saldare i miei debiti. In principio sono avvertimenti soft: “La bolletta 1234 non risulta pagata”. Mi dimentico ancora e gli avvertimenti diventano via via più minacciosi. A quel punto, impaurito, mi fiondo sul sito di Enel e faccio il mio pagagamento, tipicamente con carta di credito.

Lo stesso è avvenuto un paio di settimane fa.

Peccato che collegandosi al sito di Enel, e lo stesso usando la loro applicazione mobile, ci fosse un avvertimento che vaste sezioni del sito non sarebbero state accessibili per una settimana. Tra queste sezioni quella relativa all’elenco delle bollette ed al relativo pagamento online.

Diciamo che sono rimasto sorpreso. Una settimana di tempo è veramente un periodo molto lungo. Qualsiasi sito ha bisogno di manutenzione ma mai mi era capitato di vedere un servizio offline per una quantità di tempo così lunga.

Ho pensato che non si trattasse di manutenzione ma di qualcosa di più serio.

Qualche giorno fa leggo questo: Enel Group hit by ransomware again, Netwalker demands $14 million

Non ho idea se questa sia stata la causa della sospensione della maggior parte delle funzioni del sito ma la probabilità è decisamente molto alta.

Fortunatamente dopo due settimane riesco a pagare la mia bolletta, non con carta di credito ma con Paypal e posso continuare a scaldare la mia minestra senza dovere ricorrere al fornelletto da campo.

Allo stesso tempo mi sto chiedendo se i ragazzi di Netwalker hanno i dati della mia carta di credito.

Un pochino troppo?

Io ancora oggi nutro un sano terrore per quella che fu la mia professoressa di italiano e latino, la professoressa Renso. Davvero! Certe mattine mi sveglio domandandomi se oggi mi interrogherà in latino o se ci restituirà il tema di italiano.

Il massimo terrore era il giovedì mattina durante la quarta liceo. Tre ore filate di italiano e latino. Non si poteva sfuggire. La probabilità di finire vittima di una interrogazione era altissima e non c’era via di scampo. Ogni volta che il bidello arrivava dicendoci che la professoressa non ci sarebbe stata esultavo come davanti al miracolo di San Gennaro.

Quella quarta liceo fu terribile. Tra il terrore, lo scarso desiderio di passare del tempo sui libri e lo scompenso ormonale ne sono uscito per il rotto della cuffia.

In certi momenti penso di andare su EBay e comprarmi tutti i testi de “Il materiale e l’immaginario”, il vocabolario di latino Devoto-Oli e la grammatica latina per poi bruciarli nel giardino di casa in un rito liberatorio.

Per tutte le ragioni di cui sopra, una professoressa di greco e latino in un liceo è quanto di più prossimo al terrore uno studente possa immaginare.

E se il malcapitato studente pensava di salvarsi per via della didattica a distanza, si sbagliava di grosso.

In un liceo una professoressa di greco e latino chiede ai suoi alunni di bendarsi quando vengono interrogati durante il regime della didattica a distanza. Devono quindi stare davanti ad una webcam con una sciarpa sugli occhi mentre vengono seviziati .

Secondo me stiamo un pochino esagerando.

P.S. Io, così come allora, avrei provato ad identificare un metodo per copiare. Professoressa Renso, non me ne voglia. Posso dirle che, nel lungo periodo, mi è andata molto meglio di quanto lei si aspettasse. Ho solo seguito una strada meno convenzionale e più tortuosa.

COBOL è vivo!

white microwave oven
Photo by Alex Motoc on Unsplash

Ricordo con terrore la prima volta in cui mi sono trovato ad avere a che fare con il linguaggio di programmazione COBOL. A quel tempo lavoravo in Fujitsu ICL ed un nostro cliente stava migrando da un sistema mainframe S35 ad una architettura AT&T Unix System V DRS 6000.

Tutto il suo software era proprietario e scritto nel dialetto COBOL utilizzato dal suo mainframe. Ovviamente lo stesso dialetto non era disponibile sul DRS 6000 che invece utilizzava Microfocus COBOL.

Mi fu quindi chiesto di scrivere un aggeggio che traducesse il codice sorgente da un dialetto all’altro.

Credo che fosse il 1995 e quindi gli strumenti a disposizioni erano veramente pochi. Ricordo che mi misi al lavoro e dopo qualche settiman di lavoro con lex e yacc (per la cronaca, grandissimi strumenti) arrivai a produrre qualcosa che aeva un senso e che funzionava bene nel 99% dei casi. Credo che da qualche parte devo ancora avere la grammatica di yacc.

Nel 2020 la situazione non è molto cambiata. Leggendo questo articolo di IDG si scopre che sono ancora moltissime le istituzioni che fanno uso intensivo del COBOLO, sopratutto in ambito governativo.

Non mi sorprende affatto. Purtroppo le persone che sono in grado di maneggiare quel linguaggio sono oramai molto poche e, diciamoci la verità, non è nemmeno un linguaggio grandemente eccitante. Credo che dopo il Pascal sia il linguaggio di programmazione più prolisso del mondo.

Rimane estremamente buffo il fatto che un linguaggio nato alla fine degli anni 50 continui a tenere in ostaggio decine di istituzioni con budget milionari. La vendetta dei programmatori in pensione.

P.S. Io quei padelloni nella fotografia li ho maneggiati davvero! Erano l’equivalente dei dischi rigidi con una capacità di 10 Mb. Preistoria, quasi come me.

Lievito egizio

Se rivolgiamo il nostro sguardo a quello che sta accadendo mi sembra abbastanza chiaro che dobbiamo cominciare a fare le nostre scorte di lievito e farina per affrontare il prossimo lockdown.

Sdrammatizzo un pochino perché sono piuttosto stanco di questa sequenza ininterrotta di pessime notizie e scarsa lungimiranza.

Sono rimasto affascinato dalla lettura di questo articolo: How the Man Who Invented Xbox Baked a 4,500-Year-Old Egyptian Sourdough.

Chiunque bazzica con qualche interesse il complesso mondo dei videogiochi dovrebbe conoscere Seamus Blackley. In genere viene identificato con il padre della console Xbox.

Blackley è anche grande appassionato di panificazione ed egittologia e ha deciso di cercare di riprodurre il pane cucinato dagli antichi egizi. Mica come noi che facciamo la focaccia ligure. Qui si parla del pane che mangiava Thuthankamun, mica pizza e fichi.

Ovviamente il personaggio ha a disposizione tempo, denaro ed una rete di relazioni che gli permettono di realizzare questa iniziativa. La sua ricerca sul progetto dura un anno ed alla fine riesce nell’impresa.

Già questo mi sembra una cosa interessante.

C’è un altro punto molto interessante nell’articolo. Il primo tentativo di Blackley è basato su del lievito del quale non si può garantire l’origine antica. Quando lui posta su Internet il risultato si genera una levata di scudi contro l’originalià del risultato.

Le critiche maggiori sostengono che la provenienza del lievito non può certo essere garantita.

In particolare mi piace da morire la sua reazione alle critiche:

They weren’t trolling me—I’m from the games business, I’m immune to trolling at this point. They were just after the proof. I was really embarrassed I hadn’t done this right.

“Io sono immune ai troll” mi fa impazzire.

Questa frase rivela una attitudine che tutti dovremo coltivare per qualsiasi progetto stiamo affrontando. Semplicemente: vai avanti se sei convinto sia una cosa di valore.

Interessante anche il fatto che Blackley valuta le critiche e raccogli spunti. Per questo recluta i suoi due maggiori critici per completare il progetto e dopo un anno di lavoro sforna una pagnotta con farina lievitata per mezzo di lievito vecchio di 4500 anni.

Fantastico.

Ad ogni modo, certe volte mi stupisco delle fonti che sono finite nella mia lista di feed. Questà è una di quelle.

Sempre la stessa medaglia con due facce

E’ notizia recente che github ha rimosso dai suoi repository pubblici tutti i tools che permettono di scaricare video e audio da YouTube. Questa azione è stata presa a seguito di una richiesta avanzata dalla Recording Industry Association of America (che si può leggere qui).

In sostanza la RIAA sostiene che il tool youtube-dl, e tutti i suoi derivati, sono strumenti che aggirano i meccanismi di protezione dei servizi di streaming, come ad esempio YouTube, per scaricare video e musica illegalmente.

Diciamo che tecnicamente non vi è nulla da eccepire. E’ ben evidente che lo strumento permette di scaricare materiale che è protetto da copyright.

Come sempre vi è un rovescio della medaglia ed io trovo questa cosa affascinante oltre che pericolosa.

Da questo articolo presente sul sito della Freedom of the Press Foundation si evince che lo strumento è spesso utilizzato dai giornalisti quando si occupano di materiale sensibile.

Quando un video controverso viene postato su uno dei vari siti di social media è molto probabile che questo scompaia nel giro di poco tempo. E’ ben evidente che avere una copia del video in questo caso è fondamentale. Le ragioni sono bene esposte nell’articolo originale ma non è necessaria grande immaginazione per capirne le motivazioni.

Quindi se da un lato le ragione della RIAA sono sacrosante e la loro richiesta è perfettamente legittima (anche se mi viene il dubbio che lo strumento è una cosa ed il suo utilizzo fraudolento un’altra) dall’altro si tratta di uno strumento che aveva un valore assoluto al di là dell’utilizzo illegale.

La cosa bella è che comunque la rete protegge da sé questo genere di contenuti ed lo strumento è comunque scaricabile altrove.

La rimozione da github potrebbe rallentarne lo sviluppo e l’evoluzione ma va detto che oggi mettere in piedi un server github like è a portata di pochi click per chiunque.

Dormire sugli allori

green-leafed plant
Photo by okeykat on Unsplash

Con un tempismo assolutamente preciso mi capita di leggere un pezzo dell’Harvard Business Review, non il Corriere dei Piccoli, che lodava l’approccio Italiano alla lotta della pandemia. Il pezzo è datato 20 Marzo 2020 e lo potete legger qui: Lessons from Italy’s Response to Coronavirus

Rileggerlo oggi fa venire le lacrime agli occhi.

Tutti i punti che caratterizzavano l’approccio Italiano sono oggi completamente sconfessati.

Abbiamo dormito sugli allori delle buone notizie frutto di quel primo approccio che, sebbene perfettebile, aveva dato i suoi frutti.

A volte penso che sia stato frutto del fattore C piuttosto che di vera e propria competenza.

Quello che si legge in questi giorni, provvedimenti compresi, è imbarazzante e pericoloso negli scenari che si prospettano.

Niente di quello che è stato scritto in quell’articolo è vero. Non esiste un piano e sono stati spreacti mesi non facendo nulla e non preparandosi a nulla. I numeri di Aprile e Maggio ci hanno fatto dormire sugli allori.

Credo che tutti abbiamo pensato: passata la festa, gabbato lo santo.

Purtroppo la festa era molto più lunga di quello che avevamo immaginato.

Ho il grandissimo timore che Novembra sarà un mese terribile.

reMarkable 2

Sono un grandissimo fan di reMarkable. Ho comprato la prima versione del prodotto non appena uscita. Erano anni che cercavo di sostituire la carta con qualcosa del genere. Avevo provato con un iPad ma senza grandi soddisfazioni. Con il mio iPad non riuscivo a fare una giornata intera con la sua batteria ed ogni sera dovevo ricordarmi di ricaricarlo. Niente da fare non andava bene.

ReMarkable è stato un successo dal primo giorno. Durata della batteria incredibile e caratteristiche ideali per le mie necessità. Lo avevo acquistato con un grande dubbio: la latenza tra il gesto della scrittura ed il rendering sullo schermo sarà sufficientemente bassa da non essere distinguibile da carta e penna? La risposta è stata un grande sì e da allora ha sostituito in maniera definitiva i miei taccuini Moleskine. Quei taccuini continuo ad usarli per le mie faccende personali, ma questa è un’altra storia.

Per queste ragioni non ho resistito ad acquistare la seconda generazione di questo oggetto: reMarkable 2.

Per quanto soddisfatto della prima versione del prodotto ho sempre pensato che ci fossero alcune cose che potevano essere migliorate. La prima, certamente non fondamentale, ma certamente importante è il design del prodotto. La prima versione mi ricordava molto il primo Kindle con questa plastica bianca ingentilità con degli inserti di alluminio. Si poteva certamente fare di meglio. Anche la disposizione e la dimensione dei tasti fisici non mi soddisfaceva granchè e qualche volta mi è capitato che il prodotto si accendesse quando non volevo.

La seconda versione del prodotto ha subito dei grandissimi cambiamenti dal punto di vista dell’Industrial Design. Ora, almeno secondo i miei gusti, è veramente molto bello. Elegantissimo sopratutto con la sua custodia simile a quella del Kindle Oasis 2. Anche il fatto che sia diventato più sottile è certamente apprezzabile sebbene l’originale avesse già dimensioni del tutto ottimali.

Interessante il datto che il connettore per la ricarica è ora USB-C. Questo mi evita di portarmi in giro un altro cavo micro USB.

Grande miglioramento anche sullo stilo. Il peso è aumentato e questo lo rende molto più simile ad una penna che ad una matita in termini di feeling sulle dita. E’ stata aggiunta la funzionalità gomma allo stilo che ho sempre ritenuto una grave mancanza della prima generazione. Ora è possibile agganciare lo stilo al prodotto tramite dei magneti che sono piuttosto potenti e che lo tengono in posizione in maniera molto salda.

Ho notato un grandissimo miglioramento nella velocità del sistema e questo è certamente a causa del cambio del processore usato. Quello attuale è due volte più veloce di quello della prima generazione. Anche il refresh del display si è dimezzato e questo cambiamento si nota molto nell’utilizzo.

Dai test che si leggono in giro pare che la durata della batteria sia triplicata. Devo dire che non ho ancora avuto modo di verificare se questo sia vero oppure no ma posso certamente dire che non ho mai avuto alcun problema con la durata della batteria nella versione precedente.

Dopo qualche giorno di utilizzo posso dire che la latenza è ancora diminuita ed ora la differenza tra carta e penna è assolutamente impercettibile. Se nella prima versione era ottima in questo seconda generazione è assolutamente perfetta. La superficie dello schermo è più morbida in termini di texture rispetto al precendente. Non mi dispiace affatto anche se la prima versione dava maggiormente la sensazione della mano sulla carta.

Di questo prodotto mi piace il fatto che si sincronizza solo con i sistemi di reMarkable e che non ha integrazioni con altri sistemi, come potrebbe ad esempio essere Evernote.

Mi piace l’idea che questo prodotto da una cosa sola e la fa molto bene.

Il prodotto è quasi totalmente FOSS (Free and Open Source Software) ed è possibile metterci le mani sopra se lo si desidera, ad esempio collegandosi al prodotto via ssh. All’interno della pagina dei setting si trova la password di root per il collegamento via ssh. Figo.

C’è una comunità abbastanza estesa di persone che hanno scritto funzionalità aggiuntive per la prima versione del prodotto.

L’unica grande pecca risiede nel fatto che i driver della scheda di rete WiFi sono proprietari e questo rende il prodotto non collegabile in rete quando ci si installa sopra una versione di sistema operativo non originale.

Questo è un vero peccato.

In conclusione sono veramente molto soddisfatto del prodotto anche se ritengo non sia un upgrade assolutamente necessario se si possiede già la prima generazione del prodotto.

Le due facce della medaglia

Nel corso di questi ultimi anni sono moltissimi i casi in cui le forze dell’ordine hanno fatto uso di algoritmi di Machine Learning per identificare e tracciare i volti delle persone. In molti casi questi algoritmi sono utilizzati durante quelle manifestazioni che vengono considerate a rischio. I volti dei partecipanti vengono quindi collezionati e passati agli algoritmi di riconoscimento facciale.

Questa attività permette sostanzialmente due cose:

  • Tracciare il movimento delle persone durante il corso dell’evento.
  • Identificare i presenti in caso di necessità.

Niente di nuovo.

Quando si utilizza una qualsiasi tecnologia dobbiamo tenere sempre presente due fattori importanti. Il primo è che rendere pubblico l’utilizzo di una particolare tecnologia permette a chi la subisce di analizzarla e studiarla a proprio vantaggio. Il secondo è il fatto che molta della tecnologia si è democratizzata ed è vastamente disponibili a costi che non sono più proibitivi.

Nel caso specifico è possibile costruire un sistema di riconoscimento facciale con poche decine di dollari di hardware e software di pubblico dominio. Ci sono decine di tutorial online che spiegano come farlo anche per coloro che non sono geek di natura. Questo è il primo tutorial che Google mi propone dopo una ricerca: RaspberryPi Face Recognition.

A questo punto degli attivisti hanno pensato di utilizzare la stessa tecnologia per tracciare l’attività delle forze dell’ordine. C’è un bell’articolo su Futurism che parla proprio di questo. Leggetelo perché è interessante.

Tramite questa tecnologia è possibile tracciare l’attività di quei componenti delle forze dell’ordine che nascondo il proprio badge durante le manifestazioni. A questo punto viene da chiedersi come sia possibile poterli identificare come persone. L’ego delle persone e la loro volontà di volere condividere ogni dettaglio della propria vita rende questo molto semplice. Sui social media ci sono miliardi di foto di persone strettamente collegata alla loro identità reale, al luogo in cui vivono ed al lavoro che fanno.

Il cerchio si chiude e la tecnologia diventa completamente simmetrica nel suo scopo ed utilizzo.

Chi di spada ferisce, di spada perisce.