Barba

La routine quotidiana in questi giorni di isolamento è cambiata come per tutti.

Mi sono reso conto un paio di giorni fa che ho smesso di farmi la barba e che sto trascurando tutta la mia armata di rasoi a mano libera e tutte le truppe logistiche a supporto.

Mi ha stupito il fatto che non sia stata una scelta consapevole. Ho solo smesso di farlo senza pensarci. Forse inconsciamente ho realizzato che non avrei avuto alcuna interazione sociale fisica e che quindi la barba potesse non rappresentare un problema mentre sei a casa.

Mi sto quindi lentamente trasformando in qualcosa di molto simile al Grande Lebowski nonostante mi manchi l’accappatoio di spugna ed il cardigan che sono la sua cifra caratteristica.

E’ quindi evidente che i comportamenti stanno cambiando in maniera anche piuttosto radicale senza che noi ce ne si renda conto. Mi domando se al ritorno a quella che sarà la nuova normalità questi nuovi comportamenti ci rimarranno cuciti addosso o se passeranno come sono venuti.

Estremismi

Gli estremismi mi fanno sempre molta paura. Sono reazioni troppo di pancia perché possano fare bene.

Come sempre mi faccio il mio solito giro sul web e, con piacere, continuo a leggere inviti a rimanere a casa ed a rispettare quando prescritto dal DCPM. Sacrosanto.

Al contrario fatico a comprendere tutti quelli che postano video o foto di persone che sono a passeggio o a correre, spesso coprendoli di insulti.

Questo mi piace di meno. Mi sembra che si avvicini molto alla caccia all’untore. Per chi è di Milano posso dire che mi ricorda la storia di Gian Giacomo Mora e della colonna infame.

Ora, è indubbio che ci sono persone che se sbattono altamente delle prescrizioni che vengono emanate dalle autorità.

Dall’altro credo che non si debba banalizzare il fatto che restare a casa sia una cosa semplice per tutti. Una persona equilibrata e risolta, come direbbero quelli fighi, ci riesce benissimo. Peccato che non siamo tutti uguali e non tutti siamo equilibrati e risolti.

Chi stava già passando dei momenti non facili o soffre di disagio psichico o psicologico potrebbe non trovare così semplice passare un mese tra quattro mura in completa solitudine. Non parliamo nemmeno di chi soffre di depressione.

Ecco, io trovo che se queste persone escono di casa per farsi una passeggiata da soli, od addirittura una corsa, rispettando quello che viene prescritto dal DPCM non cagionano danno a nessuno e ne evitano a sé stessi.

Forse dovremmo capire che non siamo, grazie a Dio, tutti uguali.

Non dormo

In questi giorni dormo malissimo. Mi rigiro continuamente nel letto, aggiusto i cuscini, provo tutte le posizioni conosciute ma niente da fare. Non dormo.

Non dormo non perché ho paura del coronavirus. Oramai sono quasi dieci giorni che sono chiuso in casa. Esco una volta a settimana per comprare generi alimentari come da raccomandazioni. Il mio contatto con il mondo esterno si limita al tragitto casa- deposito della spazzatura. A questo punto dovrei essere quasi certo di non avere contratto il coronavirus.

E quindi che cosa non mi fa dormire?

Non dormo per la stessa ragione che da sempre, almeno negli ultimi 7 anni, disturba il mio sonno. Non dormo perché sento la responsabilità del fatto che dalle decisioni che prendo, non da solo ovviamente, dipende il futuro di più di cento persone che hanno dato l’anima per l’azienda per cui lavoro. Dormo ancora meno se mi metto a pensare alle economie domestiche che quelle persone sostengono con il loro lavoro.

Ecco perché non dormo.

Non dormo perché le restrizioni che ci sono state imposte, sebbene animate da buone intenzioni, sono decisamente in conflitto con quanto recita la nostra Costituzione. Non ho una soluzione alternativa al problema e quindi mi adeguo a quello che rutengo essere un comportamento corretto nell’interesse di tutti. Questo non toglie che a bocce ferme qualche domanda ce la dovremo fare.

Ecco perché non dormo.

Non dormo perché detesto coloro che si sentono superiori a tutto ed a tutti. Un ex ministro dell’Interno, con la m minuscola perché quella maiuscola non se la merita, passeggia per le strade di Roma mano nella mano con la propria fidanzata declamando di andare a fare la spesa e contravvenendo a tutte le raccomandazioni che vengono ripetute incessamente. Anche a questi personaggi andrebbe presentato un conto, se non altro politico, che consideri le loro azioni.

Ecco perché non dormo.

Non dormo perché un coglione totale, figlio della perfida Albione, dice che il coronavirus è una scusa che gli Italiani usano per non lavorare e contemporaneamente il suo primo ministro dichiara che la soluzione è l’immunità di gregge.

Ed a notte fonda mi alzo per farmi una tisana. La sorseggio lentamente mentre salgo le scale fino a raggiungere la mansarda dove ora dormono i miei figli. Mi fermo sullo stipite ad osservarli. Sono sotto le coperte e stanno riposando. Loro come sempre. Sorrido.

Ritorno nella mia camera e, forse, qualche ora di sonno riuscirò a metterla insieme.

Una Italia che mi piace

Insieme alle manifestazioni di poca responsabilità in questi giorni si sta scoprendo una Italia piena di valori ed umanità.

  • Ci sono musicisti che si mettono sul balcone e suonano per le persone. Chi l’inno di Mameli, chi canzoni popolari, chi semplicemente musica. (Ad esempio qui)
  • Ci sono persone che si affacciano sul balcone ed intonano canti coinvolgendo i vicini facendo sentire tutti meno soli. (Ad esempio qui)
  • Ci sono persone che organizzano serate tra amici in un salotto virtuale. Cito Stefano, un mio collega, che ha organizzato questo nella serata di ieri. Ci ho partecipato per qualche tempo ed è stata una figata pazzesca.
  • Ci sono persone che grazie alla tecnologia della stampa in 3D producono una valvola per uno strumento di rianimazione che si è rotta e la cui sostituzione era un problema. E con questo salvano delle vite. (Qui)

Giusto quattro esempi ma ce ne sono centinaia, se non migliaia.

Questo è il paese che è in grado di risollevarsi. Mi fanno specie coloro che nei loro commenti hanno dileggiato queste iniziative. Una sola domanda: perché?

In tutta sincerità mi auguro che tutto questo ci spinga verso un cambiamento vero ed autentico e che non si cada nel classico meccanismo “Passata la festa, gabbato lo santo”.

Mi auguro che ci si renda conto della iniquità della maggior parte della classe politica e della loro inadeguatezza. Che gli vengano fatte riconoscere le responsabilità di avere quasi completamente distrutto un sistema sanitario per interessi che niente avevano a che fare con il dettato della costituzione. Confesso che questo Giuseppe Conte comincia pure a piacermi. Dopo essere stato al servizio di quei due pinguini ha comunque rivelato un discreto carattere.

Non mi va nemmeno di ringraziare i medici, gli infermieri e tutti quelli che sostengono sul campo questo momento. Sarebbe davvero troppo facile farlo ora. Lo dovremo fare dopo, magari reagendo a quello che ho descritto nel paragrafo precedente.

Io credo che superato questo momento ci sarà un grande opportunità per tutti di rendere queste paese migliore e più coeso. Liberiamoci di chi si metterà di traverso per i consueti interessi. Ora stiamo vivendo un problema grosso ma altri, forse ancora più grossi e con effetti più di lungo periodo, ci aspettano. Eppure io credo che potremmo farcela.

Photo by Mauricio Artieda on Unsplash

Perché un blog?

In questi mesi in cui ho ricominciato a scrivere su questo blog mi è capitato di sentirmi chiedere per quale motivo il contenuto principale sta ancora su un blog.

Di fatto pubblico i contenuti su Corrente Debole e poi in maniera automatica li distribuisco altrove. La pagina Facebook, Twitter, la pubblicazione su Medium e LinkedIn.

In effetti ci sarebbe da domandarsi perché non limitarsi ad una pagina su Facebook, una pubblicazione su Medium o i semplici post su LinkedIn.

La risposta è semplice.

Desidero mantenere il controllo totale su quello che pubblico. Per una qualsiasi ragione al di fuori del mio controllo potrei venire bannato da Facebook, LinkedIn, Medium e Twitter e poco potrei fare a riguardo. In questo caso la storia di Davide contro Golia non funziona. Perderei in un istante tutto quello che ho scritto e che, in fondo, mi appartiene.

Se, al contrario, i miei contenuti vivono su uno spazio che controllo, quasi, totalmente non corro questo rischio. Mi faccio delle copie digitali dei miei contenuti su Google Drive e Dropbox ed anche se il data center di Mediatemple salta per aria quei contenuti saranno salvi.

Non perché siano perle di cui l’umanità non possa fare a meno ma, piuttosto, perché sono cose mie e mi piace conservarle. Di fatto sono perfettamente conscio che di quello che scrivo non importa nulla a nessuno ma, comunque, voglio avere la libertà di scrivere quello che mi pare al di là di restrizioni più o meno giuste imposte da altre piattaforme.

Rimane il tema che sto regalando contenuti a LinkedIn, Facebook e Medium e che questi, sebbene marginalmente, contribuiscono al loro modello di business. E’ vero. Diciamo che in questo momento mi importa poco.

ISO 9001

Ed alla fine Sketchin è riuscita ad ottenere la certificazione ISO 9001.

Sono stati momenti decisamente complessi e frenetici data la scadenza di una gara che ci imponeva di avere questa certificazione per potere partecipare.

Confesso in tutta serenità che in prima battuta avevo classificato questa richiesta come un livello 9 della scala Schiavone, ovvero una enorme rottura di coglioni. Mi sono letto la norma e ho continuato a ritenere che fosse del tutto inutile per una azienda come la nostra.

Ho speso sette giorni a scrivere per 10 ore al giorno 150 pagine di documenti diversi e tutti tra loro strettamente collegati.

Mentre scrivevo i documenti mi sono dovuto ricredere sul beneficio che se ne può ottenere.

Mi spiego meglio.

Se l’obiettivo è culturale e non quello di ottenere il bollino Chiquita il beneficio esiste ed è enorme. Ho avuto modo di focalizzare il funzionamento intrinseco della nostra azienda a livello di processi, di metodi e di pratiche e mi sono reso conto che esiste un enorme margine di miglioramento in quello che facciamo.

Spiegare agli auditor il funzionamento di Sketchin mi ha aiutato a capire ancora più profondamente quello che può essere migliorato e snellito. Quello che in effetti è superfluo o ridondante e quello che deve essere ripensato in maniera radicale.

La rottura di coglioni alla fine è scomparsa lasciando lo spazio ad una consapevolezza maggiore di quello che siamo e di come possiamo migliorare in futuro.

Mi sento di dire che sarebbe un esercizio utile a tutte le aziende, di design e non.

E comunque ora abbiamo anche il bollino Chiquita.

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Ciao Maria!

Nella giornata di ieri ho ricevuto almeno quattro telefonate da numeri sconosciuti. In genere non rispondo mai a numeri sconosciuti ma il fatto che questi non fossero stati filtrati da TrueCaller mi ha spinto a non declinare la conversazione.

In tutti e quattro i casi si trattava di persone anziane che avevano sbagliato numero.

Un signore con un forte accento meridionale che esordisce con “Ciao Maria!”. Gli dico che non sono Maria e che, in verità, non credo di conoscere nessuna Maria. Mi dispiace farlo perché dal tono della conversazione percepisco che c’è apprensione nella sua voce. Gli spiego di nuovo che ha sbagliato numero e di controllare meglio il numero che deve chiamare. Prima di chiudere la telefonata gli chiedo se ha bisogno di aiuto e se posso fare qualcosa. Si chiama Luigi.

Non so esattamente perché lo ho fatto. In quel momento mi sembrava la cosa giusta da fare. Ho immaginato che potesse volere chiamare Maria per chiedere aiuto. Niente di tutto questo. Lui sta bene e Maria, che è sua figlia lavora a Milano e voleva solo assicurarsi che lei stesse bene.

Ci salutiamo.

C’è la chiamata della signora Marta che cerca sua sorella Cecilia che ha 80 anni e vive da sola a Milano mentre lei si trova a Mantova. Mi trovo a pensare che tutto sommato questo isolamento sta creando delle connessioni spontanee che in tempi normali non accadrebbero mai.

La conversazione usuale sarebbe “Pronto, Cecilia?”, “No, ha sbagliato numero, buongiorno”, “buongiorno”. Click.

E invece so il suo nome e so chi sta cercando e perché. Anche a lei chiedo se sta bene e le dico che tutto andrà per il meglio.

Le altre due hanno seguito il cliché più tradizionale di cui sopra.

Nonostante questo Luigi e Marta mi hanno fatto sentire bene.

Grazie.

Lavoro da casa e social network

Molti di noi si trovano nella situazione di dovere lavorare da casa ed in tanti sentiamo la necessità di fare sapere che funziona benissimo.

Direi che si tratta certamente di un impulso positivo. Comunicare che sia possibile portare a termine il proprio lavoro senza la necessità di una presenza fisica sul posto di lavoro.

Mi sono fatto un giro veloce sui social media per vedere il tenore dei post a riguardo. Tutti positivi e questo mi sembra una ottima notizia.

Ora, forse io ho una sensibilità particolare sull’argomento ma mi ha colpito il fatto che molti postano immagini del proprio laptop, desktop o altri strumenti di lavoro come blocchi di appunti, post-it e via dicendo.

In ordine sparso ho notato:

  • Credenziali di accesso a VPN, sistemi e servizi.
  • Immagini di schermate con informazioni più o meno confidenziali. Anche solo il nome di un cliente basata a rompere un Non Disclosure Agreement.
  • URL che contengono informazioni sensibili e che sono pubblici.
  • Appunti che contengono informazioni riservate.

Credo che sia il caso di fare un pochino di attenzione. Va bene l’entusiasmo ma cerchiamo di non fare più casini di quanti già non ce ne siano.

Martedì

E’ martedì. Le direttive del decreto della Presidenza del Consiglio del 9 Marzo sono entrate in vigore ed ora l’Italia è un’unica, enorme, isolata zona rossa.

Mi attengo a quanto viene prescritto. La dispensa di casa è, come sempre, ben nutrita e quindi non ho nessuna necessità di muovermi da casa. Mi preparo il caffè come ogni mattina e vado a berlo in giardino. Si sentono le onde del lago e la tranquillità è la solita. Qui non sembrano esserci differenze.

Anche oggi lavorerò da casa come ho fatto ieri.

Finisco di bere il caffè e mi collego al mio stand-up meeting. Prendiamo un paio di decisioni e ci lasciamo. Alle 10.00 avremo un board meeting che anche in questo caso faremo da remoto con Google Meet. Alle 11.30 un punto della situazione con il Leadeship Team seguito da una review della pipeline su Salesforce, sempre da remoto. Nel primo pomeriggio devo fare un colloquio ad una persona.

Negli intermezzi il lavoro come al solito. Slack per essere sempre collegati con tutti i componenti di Sketchin e la posta elettronica per i contatti esterni.

La cosa che mi colpisce è che noi abbiamo sempre lavorato così negli ultimi anni. Questa è una nostra giornata tipica e le limitazioni del governo la hanno forse resa più rigida ma non sostanzialmente diversa dalla norma.

Ieri Luca, il nostro luminoso leader come io lo chiamo prendendolo in giro, scriveva su Facebook che i nostri team stanno attivamente lavorando su tutti i progetti in tutti i paesi nei quali siamo ingaggiati. Ed è la realtà delle cose. Certo, per il tipo di lavoro che noi facciamo è possibile. Per altre attività è più difficile, se non impossibile.

Sì, oggi rimarrò in casa. Farò qualche chiamata ad amici per scambiare due parole. Una videocall con i miei figli e per il resto mi godrò questo momento nonostante le preoccupazioni e l’insicurezza che, inevitabilmente, monta.

Medium

Sono un grandissimo fan di Medium. Credo che sia uno dei siti che visito con maggiore frequenza quando ho del tempo libero che voglio dedicare a leggere qualcosa online.

Oltretutto dopo qualche tempo di utilizzo sembra avere anche un discreto algoritmo di raccomandazioni. Questa è una cosa positiva anche se rende la serendipità un pochino più difficile da raggiungere.

Da sempre, ma particolarmente da quando Medium ha introdotto la possibilità per gli autori di monetizzare il loro lavoro, sono presenti una enorme quantità di post del tipo:

  • Tre modi per …
  • Dieci cose da fare per …
  • Dieci cose da non fare se …

e così via. Immagino abbiate capito il genere.

Ecco, a me piacerebbe che l’algoritmo di profanazione e, in seguito, quello di raccomandazione evitasse di mostrarmi questi post dato che non li leggo mai, ma proprio mai.

Vivo in una nazione ad altissima densità di Coglioni Totali

Mesi fa pubblicai uno scritto in cui parlavo del Coglione Totale.

Ecco, io vivo in una nazione ad altissima densità di coglioni totali.

Dopo la serata di ieri ne ho la piena ed assoluta certezza.

Ora vi spiego perché:

  • La persona, o le persone, che hanno fatto filtrare all’esterno la bozza del decreto che poi sarà emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è un coglione totale. Si dovrebbe fare tutto il possibile per identificare chi ne sia il responsabile e applicare le leggi del caso. Personalmente lo manderei a brucare l’erba nel piazzale di una casa di correzione ma sarei già soddisfatto della applicazione della legge.
  • Il giornalista che lo ha ricevuto e ha pensato di pubblicarlo è un coglione totale ed anche per questa categoria suggerirei di andare a prenderli uno per uno e farci un discorsetto. In tutta sincerità derogherei anche dal tema della libertà di stampa. Al giornalista suggerirei un soggiorno in una amena località lombarda con dieta a base di erba e acqua piovana.
  • I direttori delle testate che lo hanno pubblicato sono dei coglioni totali. Per qualche click in più, dato che non si può parlare di copia fisica, hanno scatenato il panico. Anche per loro punizioni esemplare. Ai direttori in questione suggerire l’esodo forzato in Lombardia, ammesso che già non vi risiedano. Una sorta di legge del contrappasso.
  • Tutti coloro che si sono fiondati in Stazione Centrale per abbandonare la Lombardia sono dei coglioni totali. Se hai tre neuroni che si parlano tra loro come fai a non capire che quel gesto è esattamente ciò che si sta cercando di evitare? Io avrei mandato immediatamente l’esercito a bloccare ogni asse ferroviario in uscita dalla Lombardia nel punto di confine con altre regioni. Per questi non c’è punizione possibile che possa renderli più svegli di quanto già abbiano dimostrato di essere. La natura ha già infierito abbastanza

Mala tempora currunt.

Ed il sabato pomeriggio…

… seguo le indicazioni che vengono fornite dalle autorità. Mi lavo spesso le mani, rimango in casa, se devo uscire evito i posti affollati ed allargo il mio spazio vitale al metro che viene suggerito.

In casa con me ci sono i ragazzi che, ovviamente, sono annoiativssimi. Ci mettiamo a cucinare il ragù per fare una bella teglia di lasagne. Chiacchieriamo, ridiamo e scherziamo mentre stiamo riducendo la cucina come un campo di battaglia della prima guerra mondiale. Abbiamo passata di pomodoro ovunque mentre un delizioso profumo si diffonde in cucina. Li lascio a cavarsela da soli in modo che sentano e provino la loro autonomia.

Mi metto a scrivere queste righe cercando di evitare la preoccupazione per quello che accadrà dopo questo momento e immaginando quale possa essere un elemento positivo della situazione.

Forse uno ne esiste, più importante degli altri. La necessità di evitare comportamenti di massa come, ad esempio, la transumanza del fine settimana verso i centri commerciali potrebbe condurre alla scoperta delle piccole cose da fare da soli, od in compagnia della famiglia.

La scoperta del fatto che guardarsi un film tutti insieme magari facendo qualche commento su ciò che si guarda. Scoprire che ventisette natali fa ci hanno regalato un libro che potremmo leggere. Andarsi a fare una passeggiata con il sole che illumina il volto. Prendersi cura di sé e, perché no, annoiarsi un pochino e provare a pensare. Fare una telefonata in più a qualcuno che non senti da tempo, chiedere “Come stai?” questa volta con vero interesse e non come semplice incipit di una conversazione.

Riscoprire il piacere delle piccole cose quotidiane che troppo spesso si danno troppo per scontate. Io sono convinto del fatto che esiste un universo di cose da fare che non sono mainstream. Ne sono convinto da tanto, tanto tempo e, forse, questa situazione paradossale aiuterà qualcun altro a scoprire la stessa magia.

Anche cucinare insieme ai propri figli.

Photo by Pablo Merchán Montes on Unsplash

Motocicletta

Harley Davidson

Marzo è iniziato, le giornate cominciano ad allungarsi e le temperature aumentano giorno dopo giorno.

Sono in macchina diretto verso il centro di Milano quando una moto mi sorpassa piegando, forse un pochino troppo, sulla curva che abbiamo davanti.

Ed ecco arrivare il pensiero. “Cavolo, la moto”.

Non sono stato un motociclista da sempre. Ho comprato la mia prima moto quasi a trent’anni ed era una Yamaha Super Ténéré. Una vera bomba. Con quella motocicletta mi sono divertito da impazzire. Anni dopo sono arrivato a possedere una Harley Davidson che era il mio mito assoluto.

Quando mi sono sposato la ho venduta e quando ho visto il nuovo proprietario avviarsi mi sono quasi venute le lacrime agli occhi. L’ultima era una Sportster 1200C, edizione del centenario. Un gioiello anche quello.

E come ogni anno diventa un pensiero quasi ossessivo. Cominci a fare tutte le valutazioni del caso. In alcuni momenti sono quasi tentato di fare una SWOT Analysis del possesso di una motocicletta. Generalmente ogni anno il momento passa ed io continuo a salire in macchina.

Quali sono i vantaggi di muoversi in moto?

  • Dai, avere una moto è figo, sopratutto quando la moto che scegli è un riflesso della personalità. Quando quell’insieme di ferro e altri materiali ti rappresenta.
  • Vedi le cose con una prospettiva e con una lente diversa. Non è la finestra dell’automobile. Sei dentro le cose; sei parte delle cose.
  • Quando vai in moto sei concentrato sulla strada e sulla guida del veicolo. Tutti gli altri pensieri scompaiono all’istante.
  • Muoversi in moto è comunque più veloce che non muoversi in macchina.
  • E’ un abilitatore sociale istantaneo. Sei ti fermi in un parcheggio in ci sono altre moto in tre minuti netti starai parlando con gli altri proprietari.
  • Quando guidi una motocicletta non ci sono distrazione. Quando sei fermo al semaforo non puoi nemmeno prendere il tuo telefono in mano.

Bene, quali sono gli svantaggi di muoversi in moto?

Ma chi se ne frega. Io quest’anno una motocicletta me la compro!

Photo by Harley-Davidson on Unsplash

Il cigno nero

Credo che la teoria del cigno nero sia perfettamente usabile nel contesto di questi giorni.

Partiamo dalla definizione di cigno nero:

Definiamo cigno nero un evento che possiede tre caratteristiche:

  • Non è prevedibile.
  • Ha un impatto massivo nel suo contesto di riferimento.
  • Alla sua conclusione ci si rende conto che, in fondo, non era poi così tanto non prevedibile.

In questo caso non mi riferisco tanto al Coronavirus in sé ma a tutto quell’insieme di comportamenti, più o meno sensati, che stiamo osservando in queste settimane.

Credo che l’impatto di questa situazione a contorno sarà ancora più dannoso del virus.