Parcheggio

Photo by Sandy Millar on Unsplash

Questa mattina mi sono fermato in un centro commerciale per bene un caffè prima di iniziare a lavorare. La scelta del centro commerciale è stata opportunistica dato che non conosco per nulla il luogo in cui lavorerò per i prossimi due giorni.

Parcheggio la macchina e mi avvio lentamente verso l’ingresso alla ricerca del mio caffè. Prima di entrare indosso la mia mascherina e mi soffermo ad osservare dei parcheggi con le linee dipinte di rosa.

Sono cinque parcheggio situati proprio di fronte all’ingresso del centro commerciale e sono proprio posizionati di fianco ai parcheggi per disabili. Lo scopo è, ovviamente, quello di rendere più facile l’accesso al centro commerciale a chi ne ha diritto. Se per i disabili il diritto mi è perfettamente chiaro, per i parcheggi rosa ho qualche dubbio.

Per fugare questo dubbio mi incammino verso l’altro lato del parcheggio dove un cartello potrebbe essere illuminante.

Leggo. “Parecheggio Rosa – un gesto di cortesia – Area destinata alla sosta delle auto utilizzate dalle donne in gravidanza e dalle neomamme.”

Ora, che possa esistere un uomo in gravidanza è scientificamente impossibile per cui la prima parte del cartello mi torna. Quello che non mi torna è la seconda parte: “dalle neomamme”.

Ora chiunque si sia trovato nella necessità di gestire un infante sa benissimo quale incubo logistico si sia costretti ad affrontare ogni volta che ci si muovo. Borse, borsine, pannolini, talco, pomate, pappa, asciugamani e via dicendo. Per non parlare dei passeggini che richiedono una laurea in ingegneria meccanica per essere smontati e montati. Detto questo non capisco perché solo le mamme.

Un papà non potrebbe trovarsi nella necessità di dovere andare al supermercato con il proprio figlio neonato e avere bisogno di un parcheggio che gli eviti di iniziare una carriera da sherpa?

Sinceramente io avrei lasciato il cartello in rosa per distinguerlo ma invece che “dalle neomamme” io avrei scritto “dai genitori.”. Dai, dal genitore se proprio vogliamo rispettare lo use case in cui sia un singolo genitore ad avere bisogno di aiuto nel trovare parcheggio.

Rimane il tema dei nonni e delle nonne, ma questa è un’altra storia.

Documentazione

Photo by Erik Mclean on Unsplash

Devo dire che la documentazione di Google sulla loro libreria Oauth2 per Google App Script non mi è affatto chiara. Con ogni probabilità è un problema mio e della mia scarsa dimestichezza con il tema da un lato e con Javascript dall’altro.

Alla fine sono dovuto andarmi a leggere il codice sorgente per capire nel dettaglio il comportamento di un paio di funzioni, service.isAuthorized() per dirne una. Non avevo realizzato che essa stessa provvede al refresh del token nel caso in cui questo sia necessario.

Per questa ragione alla fine ho duplicato del codice che non era necessario.

E’ altrettanto vero che implementare in maniera corretta un processo di autenticazione con oauth richiede una configurazione “pensata” da entrambi i lati della barricata. Scope, validità dei token, formato dei token, endpoint, eccetera eccetera.

Mi sa che devo scrivere qualche test in più per essere sicuro di avere fatto tutto nel modo corretto.

Elettronica

Photo by Umberto on Unsplash

Mi è sempre piaciuto scrivere codice e mi dispiace che negli ultimi quindici anni, o giù di lì, non abbia più avuto modo di praticare in maniera seria. In passato una delle cose che maggiormente mi eccitava era il fatto che tramite del codice potevi intervenire sull’hardware.

Ma vuoi mettere l’emozione di costruire una richiesta IO SCSI per dire ad un disco rigido di smettere di girare e poi inviarla con una istruzione ioctl. Qualche attimo e puoi sentire, fisicamente, il disco che si ferma. Io la ho sempre trovata una cosa incredibile.

Per questa ragione non mi sono mai addentrato più di tanto nell’universo dell’hardware. Ho sempre ritenuto che il software fosse per me sufficiente a farmi divertire.

Eppure, ciclicamente, penso al fatto che sapere qualcosa di elettronica, anche puramente analogica, potrebbe essere interessante. Diciamo la verità, anche il saldatore ha il suo grande fascino. Saldatore che nella elettronica di consumo ora si usa veramente molto poco.

Il miglior proxy rispetto ad una conoscenza vera e propria dell’elettronica è, forse, Arduino e tutti i vari micro controllori che oggi affollano il mercato. C’è una quantità enorme di progetti che si possono studiare pur non avendo nessuna conoscenza dell’elettronica.

Eppure mi rimane il pallino che quel tipo di conoscenza deve essere interessante.

Quindi, come ogni volta, mi metto alla ricerca di materiale che possa introdurmi alle segrete cose. Dura poco perché non è una cosa banale. Per certi versi trovo il tema molto più complesso del software.

Nemmeno i libri del buon Paolo Aliverti sono riusciti a farmi fare qualche passo in avanti. Libri che consiglio vivamente perché sono ben scritti, densi di contenuto e provengono da una persona che certamente è animata dal sacro fuoco. E poi lui non se la tira sebbene ne sappia molto più di altre persone.

Adesso ci sono un paio di libri in formato PDF nella mia cartella Download. Ho la certezza che rimarranno lì a prendere polvere digitale fino a quando verranno archiviati in un’altra cartella che non consulterò mai più.

Elettronica, mi piacerebbe, ma mi sa che anche oggi ci vediamo domani.

Non finisce mai

Photo by Jamie Haughton on Unsplash

Mi è capitato di fare una occhiata ai numeri della pandemia e non posso fare a meno di notare un trend positivo di diminuzione dei contagi. Erano settimane che non mi informavo più di tanto a riguardo.

I numeri scendono ma non mi sembrano poi così bassi da permetterci di tirare un respiro di sollievo. Mi auguro che il trend continui, complice l’aumento della temperatura, immagino.

Nonostante questo non mi sento ancora pronto a smettere di comportarmi come mi sono comportato negli ultimi due anni e rotti. Di fatto continuo a mantenere i contatti sociali al minimo necessario e ad indossare la mascherina quando mi trovo in un luogo pubblico con altre persone.

Mi consola il fatto che non credo di essere il solo ad avere fatto questa scelta. Vedo molte altre persone che indossano la mascherina nonostante sia venuto meno l’obbligo.

Speriamo davvero che questo sia l’ultimo anno in cui dobbiamo gestire questa cosa.

E comunque non finisce mai… adesso abbiamo anche il vaiolo per cui preoccuparci. Qualcuno sta cercando di dirci qualcosa.

Excel in Google Drive

Photo by Giorgio Tomassetti on Unsplash

Il fatto che Google abbia reso possibile visualizzare e modificare i files in formato Excel all’interno di Google Drive e per mezzo di un web browser è una cosa decisamente interessante.

Ora non è più necessario scaricarli per potere fare delle piccole modifiche o, semplicemente, consultarli con una certa facilità.

Esiste un problema.

Oggi una persona mi ha evidenziato il fatto di non essere in grado di lanciare la nostra applicazione scritta con Google App Script da un paio di nostri fogli elettronici.

La cosa mi è sembrata molto strana e mi sono fatto mandare i link a Google Drive. Aprendoli non ho fatto nessun caso alla tipologia del file avendo il link diretto. In effetti sono rimasto un pochino perplesso nel momento in cui il menu “Extensions” non compariva tra le opzioni come al solito.

Ci ho perso una ventina di minuto prima di capire che il motivo del malfunzionamento era molto semplice. Per qualche ragione per me del tutto sconosciuta i files sono stati convertiti in Excel e quindi, ovviamente, non supportano Google App Scripts e Google Add On.

Non avevo pensato alla ragione più scioca.

Teenage Engineering

Photo by Valentin Müller on Unsplash

Mi sono sempre piaciuti i prodotti di Teenage Engineering. Il loro design di prodotto è veramente spettacolare. Tanto spettacolare che il loro sintetizzatore OP-1 è ora esposto al MOMA di New York.

Sono tutti prodotti un pochino fighetti che tutti gli esperti del settore hanno sempre ritenuto del tutto fuori mercato.

Un sintetizzatore come l’OP-1 viene ora commercializzato con un prezzo nell’intorno dei 1.400 EUR. Se andate a leggere le specifiche e se siete un pochino impallinati con i sintetizzatori scoprirete che con quella cifra potreste comprare dei veri mostri con una potenza ed una versatilità molto, molto superiore a quella dell’OP-1.

Nonostante questo l’OP-1 era diventato un prodotto di tendenza e molto ricercato.

Qualche tempo addietro Teenage Engineering lo aveva tolto dal suo shop online e l’unica possibilità di portarsene a casa uno era quella di rivolgersi al mercato dell’usato. In questo mercato il prezzo dell’OP-1 arrivò a toccare i 2.000 EUR. Una vera e propria follia.

Vista la richiesta così alta Teenage Engineering ha deciso di ricominciare a produrlo e a venderlo insieme al suo fratello maggiore, l’OP-1 Field che viaggia ad un prezzo nell’intorno del 2.000 EUR.

Trovo questa dinamica estremamente interessante.

P.S. Lo stesso sta avvenendo con il loro ultimo mixer…

Obsidian e Kindle

Photo by Diana Polekhina on Unsplash

Di Obsidian ho scritto un paio di cose in passato e non posso che confermare che si tratta di uno strumento dalle potenzialità stupefacenti. Da quando lo utilizzo è diventato il centro di tutte le mie attività sul computer sia dal punto di vista professionale che personale.

Una sapiente selezione dei plugin, unita alla possibilità di scriverne di propri, mi ha permesso di costruire qualcosa che si adatta perfettamente al mio flusso di lavoro ed al mio modo di lavorare.

Una delle cose che maggiormente mi piace è la possibilità di sincronizzare in tempo reale in una serie di notte tutti i passaggi che ho evidenziato sul mio Kindle.

Era una cosa che facevo in modo non digitale praticamente da sempre. Quando leggevo un libro cartaceo avevo sempre a portata di mano una matita. Nel momento in cui volevo evidenziare un passaggio importante lo sottolineavo e riportavo nella ultima pagina del libro la pagina in cui avevo preso la nota insieme alla data.

Terminato il libro ricopiavo tutti i passaggi evidenziati in uno dei miei taccuini.

Ecco, oggi Obsidian mi permette di fare quesa operazione su Kindle in maniera del tutto automatica. Viene riportata la data e l’ora in cui la sottolineatura è stata create insieme ad autore e titolo del libro.

Ad oggi ci sono 470 note di questo genere nel mio “database” Obsidian. Certo è un pochino meno poetico della nota sul taccuino ma è estremamente efficace perché tutto è indicizzato, ricercabile e linkabile.

Una figata pazzesca.

Io vi invidio

Photo by Artem Beliaikin on Unsplash

Davvero! Io vi invidio davvero tantissimo!

Vi invidio perché avete delle certezze irremovibili ed una conoscenza che levati. E, notate, non su un solo argomento che vi aiuta e mettere insieme il pranzo con la cena. Sapete tutto di tutto.

Nessuna traccia di ubbìa nelle vostre conversazioni e nei vostri commenti.

Siete pronti a dispensare perle di saggezza, soluzioni, interpretazioni su qualsiasi tema vi venga sottoposto davanti.

Vi invidio.

Io ho smesso di commentare pubblicamente perché mi sono convinto di non saperne abbastanza e di non avere abbastanza tempo per studiare e saperne di più. Sono pieno di dubbi e di versioni differenti. Sono colmo di incertezza ed ogni argomento mi sembra troppo lontano per potere essere afferrato con decisione.

Forse c’è qualche argomento sul quale potrei permettermi di dire qualcosa ma mi astengo, per opportunità. Quando ne parlo o ne scrivo lo faccio con una certa umiltà. Non voglio dispensare consigli ma, al massimo, dire che cosa ne penso io. Tanto basta.

Non tutti voi siete così, ve lo concedo. La maggior parte, purtroppo, sì. Ci sarebbe da citare Nanni Moretti ma, anche in questo caso, mi trattengo.

Mi limito a ribadire il fatto che vi invidio, molto.

Condurre una vita piena di certezze è molto più facile che non vivere nel dubbio e nella ignoranza.

Ripeto, vi invidio.

Accessori (quasi) inutili

Photo by Graphic Node on Unsplash

Ho scritto del caffè in passato. A me piace molto il caffè americano e per questo mi sono regalato qualche anno fa una macchina che lo prepara in maniera egregia. Tra le altre cose è collegata ad internet e la posso attivare in maniera automatica dal mio sistema di home automation.

Nello stesso momento in cui suona la sveglia la macchina del caffè si attiva e quando scendo in cucina il mio primo caffè del mattino è li che mi aspetta.

Questo se non mi dimentico una delle varie cose che sono necessarie per fare funzionare la macchina. Pulire il filtro, caricare la macchina con una riserva di acqua, riposizionare la caraffa sotto la macchina e, ovviamente, mettere il caffè in grani nel suo scomparto.

Per potere mettere il caffè lo devi avere. Io rimango costantemente senza caffè perché mi dimentico sempre di ricomprarlo.

La prima soluzione sarebbe quella di utilizzare un abbonamento in modo che, diciamo ogni messe, io possa ricevere una nuova fornitura. Questo metodo potrebbe funzionare ma è molto poco efficiente. Ci sono momenti in cui non sono in casa per diversi giorni o giorni in cui consumo meno caffè del solito. Non è quindi facilmente prevedibile il giorno in cui potrei rimanere senza materia prima.

Oltretutto ho visto che i ragazzi di The Tiger Coffee hanno proprio recentemente introdotto il meccanismo dell’abbonamento. Figo.

E poi scopro che Amazon ha lanciato, purtroppo solo sul suolo americano, Amazon Dash Smart Shelf.

Credo che tutti ricordino i Dash Button. Non hanno avuto grandissimo successo. Ecco i Dash Smart Shelf sono la loro evoluzione. Per i curiosi ecco il link al negozio americano di Amazon: https://www.amazon.com/Dash-Smart-Shelf/dp/B07RV6X8LZ?ots=1&tag=bgwr1b-20&asc_source=web&asc_campaign=web&asc_refurl=https%3A%2F%2Fbgr.com%2Fdeals%2Famazon-dash-smart-shelf-price-and-details%2F&th=1

In poche parole si tratta di una bilancia connessa ad Internet sulla quale si può riporre un prodotto, nel mio caso il caffè. Nel momento in cui il peso del prodotto sulla bilancia scende sotto una soglia determinata da me viene generato un ordine verso Amazon per il riacquisto del prodotto.

Questo farebbe davvero al caso mio e per 20 dollari potrei anche fare un esperimento quando e se arriveranno in Italia.

Ok, siamo d’accordo. Oggetto sostanzialmente inutile ma con un certo fascino.

Inoltre leggendo le recensioni sulla pagina del prodotto pare che non sia possibile ordinare un qualsiasi prodotto ma solo una selezione scelta da Amazon che è certamente riduttivo.

Ad ogni modo niente che non si possa fare in casa, più o meno allo stesso prezzo, con Arduino, o simili, ed un pochino di codice intorno.

Il roaming in guerra

Photo by Karl Callwood on Unsplash

Le reti cellulari sono oramai diffuse in quasi ogni parte del mondo e chiunque ha una qualche conoscenza della loro architettura sa benissimo quante informazioni si possono raccogliere dal semplice fatto che un telefono cellulare è “accampato” su una certa rete ed una certa cella della rete stessa.

L’identità della persona che ha in tasca il telefono cellulare, la sua posizione, l’elenco delle conversazione ed in ultima analisi tutto il suo traffico dati e voce.

Questo è parte della nostra vita di ogni giorno anche se la maggior parte di non non se ne rende conto.

In uno scenario di guerra l’utilizzo di telefoni cellulari è una cosa che andrebbe evitata.

Gli Ucraini hanno permesso ai telefoni cellulari russi di andare in roaming sulle proprie reti cellulari ed i militari russi hanno fatto ricorso ai telefoni cellulari quando la loro rete di comunicazione militare ha avuto dei problemi.

In questo modo l’esercito ucraino è stato in grado di valutare, sebbene con un grande margine di incertezza, la densità delle truppe russe in una particolare area. Hanno potuto localizzare le figure preminenti dell’esercito russo ed intervenire. Allo stesso modo è stato possibile evidenziare gli spostamenti nel tempo delle truppe russe.

In un momento come quello che sta attraversando l’esercito Ucraino queste sono informazioni di estremo valore ed i russi poco possono fare per evitarlo se non vietare l’utilizzo dei tradizionali telefoni cellulari.

La tentazione per un soldato di chiamare casa e rassicurare i propri familiari è troppo grande e perfettamente comprensibile perché un divieto possa essere rispettato.

Allo stesso modo quando l’esercito russo si è dedicato alla razzia ed ha sottratto telefoni cellulari, tablet ed accessori è stato possibile localizzarli e tracciarli. L’applicazione Find My di Apple ha reso possibile tracciare device sottratti ai legittimi proprietari.

Trovo molto strano che i militari russi non pensino alle conseguenze. Se posso localizzarti ti posso rendere un bersaglio e se ti trasformo in un bersaglio ti posso colpire. Se ti posso colpire ti posso uccidere.

Il demotivatore

Photo by Jordan Whitfield on Unsplash

Tutte le mie timeline sono oramai piene di persone che vogliono rendermi ricco con il minimo sforzo, che possono rendermi edotto su un qualsiasi argomento in poche ore, che mi insegnano come un disastro si trasforma in una opportunità e tutte le altri varianti del caso.

La realtà delle cose è che Internet è piena di gattini e motivatori, più o meno seriali.

A questo punto è evidente che ci sono due possibilità.

La prima, quella più semplice, è quella di infilarsi nel mainstream e diventare io stesso un motivatore seriale. Devo solo procurarmi qualche sfondo che lasci intravedere una parvenza di ricchezza, delle belle frasi pronte, qualche testimonial raccattato a poco prezzo ed il gioco è fatto.

Da questo punto di vista la location già potrebbe aiutarmi. Tutto sommato Laglio potrebbe essere un discreto punto di partenza. Certo non è Dubai o le Maldive ma, tutto sommato, dal giardino di casa mia al lago passano poche decine di metri.

La seconda alternativa è per me decisamente più attraente.

Fare il demotivatore professionista.

Questa è certamente una nicchia del tutto inesplorata e che merita decisamente qualche attenzione.

Ecco alcuni titoli di post e video che potrei produrre:

  • Dieci motivi per i quali non potrai mai diventare ricco.
  • Se sei in difficoltà, andrà peggio.
  • Tre modi per perdere tutti i tuoi risparmi.
  • Nonostante i tuoi sforzi, non farai alcun progresso.
  • Non lasciare il tuo lavoro per inseguire i tuoi sogni. In realtà sarà un incubo senza fine.

Insomma, le possibilità sono pressoché infinite e del tutto inesplorate.

Oltretutto sono in possesso della giusta dose di cinismo e cattiveria per potere rendere questa iniziativa un grande successo.

Adesso vado da uno dei motivatori di cui sopra e mi faccio insegnare qualcosa.

Un approccio potrebbe anche essere quello di fare il verso agli stessi motivatori. Prendere lo script dei loro video o post e renderli in versione totalmente demotivante.

Ci penso su.

Ogni volta…

Photo by Dimitri Karastelev on Unsplash

Nonostante viva in questo rutilante mondo digitale da fin troppo tempo ancora non mi capacito del perché la maggior parte delle aziende devono complicare oltre misura la vita dei propri clienti. La tortura raggiunge livelli da Santa Inquisizione quando decidi di chiudere un contratto.

Qualche mese si decide di passare da Fastweb a Sky Wifi come fornitore di connettività di rete, non fosse altro perché in quella all’altra casa c’è una persona che in Sky ci lavora.

Il passaggio è fluido. Prendo il mio bel codice di migrazione dalla fattura di Fastweb e lo comunico a Sky. Dopo qualche giorno arriva un tecnico ed in un mezz’oretta la nuova connessione è attiva.

Non è ben chiaro se devo disdire il contratto con Fastweb o meno. Decido di attendere qualche giorno e poi mi collego al sito di Fastweb per verificare lo stato del mio contratto. Vengo accolto con un “Ci dispiace vederti andare via.”

A questo punto non indago oltre e mi convinco del fatto che se mi dicono che gli dispiace vedermi andare via il contratto è chiudo.

Purtroppo non è così.

A distanza di qualche mese, mea culpa, vedo che il contratto continua con il suo normale ciclo di fatturazione.

Che strazio. Mi ricollego al sito di Fastweb e cerco informazioni sulle modalità di disdetta. Va detto che le trovo con una certa facilità. Altri operatori le nascondono come se fossero la perla di Labuan.

Interessante, ci sono una varietà di opzioni. Comincio ad esplorarle tutte mettendole in ordine di semplicità:

  • “tramite il web form”. Ecco, questa dovrebbe essere la più veloce. Mi sono già autenticato sul tuo sito e quindi dovresti sapere benissimo chi sono. Clicco sul link e vengo trasportato su una pagina che ancora una volta mi dice che gli dispiace vedermi andare via. Sulla pagina, naturalmente, della form di disdetta nemmeno l’ombra. Non mi scoraggio e vado a guardare il codice sorgente della pagina e vedo che ci sono degli elementi nascosti. Li rendo visibili e trovo quello che cerco. Clicco sul link che è stato magicamente nascosto e vengo trasportato su un’altra pagina che mi dice che “I tuoi dati non saranno disponibili sino al momento della attivazione della linea fissa”. Andiamo bene. Primo tentativo fallito.
  • “Contattando il servizio clienti Fastweb 192.193”. Beh, dai, tutto sommato anche questa non è male. Dato che hai il mio numero di cellulare hai tutti gli elementi per riconoscermi. Chiamo ed in dieci secondi mi viene detto di usare l’applicazione mobile. Riattaccano e mi lasciano con un palmo di naso. Secondo tentativo fallito.
  • “tramite un operatore, utilizzando il Supporto Fastweb e chiedendo un ricontatto telefonico o utilizzando la chat WhatsApp disponibile da device.”. Seguendo il link che viene suggerito dell’operatore non c’è nessuna traccia e mi ritrovo in una sorta di Self Care in cui, inutile dirlo, l’opzione per la disdetta del contratto non esiste. Terzo tentativo fallito.
  • Faccio come mi è stato suggerito e scarico l’applicazione FastWeb sul mio telefono. Cerco in lungo e in largo l’opzione per disdire il contratto ma l’unica cosa che trovo è un link alla fantomatica web form di cui al punto uno. Quarto tentativo fallito.
  • A questo punto rimangono tre opzioni: Raccomandata A/R, PEC e visita fisica ad un negozio FastWeb. Opto per la prima con un servizio online sperando che non facciano obiezioni sulla modalità e sulla firma non olografa.

Boh, a me sembra una inutile odissea. E’ ben evidente che la prossima volta che mi troverò nella necessità di attivare un contratto della medesima natura mi ricorderò di questa pessima esperienza e tra le opzioni disponibili FastWeb finirà inevitabilmente in fondo alla lista.

Ricordiamo che se un cliente ha deciso di andare via, la decisione la ha presa. Comportatevi da gentiluomini e lasciatelo andare con un gioioso arrivederci. Secondo me, prima o poi, torna, non fosse altro perché siete stati gentili.

E comunque, che palle…

Guru

Photo by Mohit Gupta on Unsplash

Da quando mi sono messo a giocherellare con l’Oculus Quest mi sono trovato nella necessità di reinstallare l’applicazione Facebook sul mio telefono. Il motivo è semplice. L’applicazione attraverso la quale puoi gestire il tuo Oculus richiede di autenticarsi con il proprio account Facebook per poter funzionare.

Dopo averla installata, e avendo comunque avuto cura di disabilitare tutte le notifiche, ieri mi è venuta la curiosità di vedere quante notifiche ci fossero. Ho quindi aperto l’applicazione e ci sono stato dentro per cinque minuti scarsi.

Ho notato che nel mio feed di notizie c’era una post sponsorizzato di questo personaggio che preferisco non nominare per non dare una visibilità che non ritengo meriti.

Il personaggio in questione si proclama “guru” e “consulente più pagato al mondo” con una parcella di “5000 Euro all’ora”. Già questo dovrebbe essere sufficiente per farmi desistere da qualsiasi ulteriore investigazione.

In questo post sponsorizzato egli annuncia di avere cacciato il proprio CEO perché colpevole “di una bastardata” (sic.). Si sente quindi in dovere di illustrare ai suoi clienti, o potenziali clienti, le ragioni di questa scelta e decide di farlo attraverso un evento live nel prossimo futuro.

Ora, caro mio, l’eventualità che un CEO debba essere allontanato da una azienda non è poi così remota ma, in genere, si cerca di fare meno rumore possibile sull’accaduto.

Sarai anche un guru ed il consulente più pagato al mondo ma, questo caso, ho il sospetto che tu stia solo tentando di vendere quello che hai da vendere, qualsiasi cosa questa sia.

Se tu fossi davvero il grande consulente che dici di essere probabilmente avresti riposto maggiore attenzione nella selezione del tuo CEO e, in secondo ordine, avresti gestito la cosa con maggiore delicatezza.

L’allontanamento di un CEO raramente non si porta dietro conseguenze legali e farne pubblicità online ed addirittura dire che spiegherai nel dettaglio le nefandezze di cui il CEO si è reso responsabile non farebbe altro che indebolire la tua posizione legale nei suoi confronti. Se ti va bene parte in parallelo una querela per diffamazione.

Non mi sembra un comportamento da “da consulente più pagato al mondo”

Mi sembri più una macchietta che un guru.

Spendo i miei cinque minuti a leggere i commenti sotto al post e potete immaginare quale sia il tenore. Schiaffi a destra e a manca. Una nota positiva c’è. Il nostro non risponde, non si altera, non si arrabbia e tira dritto per la sua strada. Immagino che nonostante i detrattori qualche pesce che finisce nella rete c’è sempre. La rappresentazione della autorità, reale o fittizia, ha sempre un grande fascino.

Chiudo tutto e torno ai miei, più produttivi, affari.

In serata prendo in mano il mio iPad e mi faccio un giro su YouTube. Magicamente nella lista dei video selezionati per me cominciano a comparire video del soggetto di cui sopra. E non uno ma, direi, tre o quattro nelle primissime posizioni.

Va detto che del personaggio non avevo alcuna contezza prima di oggi. Era un illustre signor nessuno, un Carneade di cui, fortunatamente, ignoravo l’esistenza.

Eppure, in qualche modo, Facebook e Google si sono parlati e adesso la mia home page di YouTube è invasa dal video dell’invasato.

Nel caso io avessi avuto dei dubbi riguardo la mia decisione di disinstallare l’applicazione Facebook ecco la dimostrazione del fatto che la mia scelta era del tutto corretta.

Codice vecchio

Photo by Marie P on Unsplash

Come ho scritto qualche giorno fa in questa settimana sto portando del codice da una applicazione Google App Script contenuta in singoli Google Sheet a un Google Workspace Add On.

La sostanza del codice che fa il lavoro sporco non cambia molto. Quello che cambia, anche sensibilmente, è il contesto in cui il codice viene eseguito e la relazione tra client functions e server functions.

Ad ogni modo ho colto l’occasione per rivedere parte del codice che avevo scritto in passato per cercare di renderlo un pochino più efficiente di quanto non fosse.

Sono circa cinquemila righe di Javascript ed una trentina di differenti chiamate a REST API di Salesforce.

Ci sto mettendo un botto di tempo. Molto più di quanto avessi previsto.

Rileggo il codice che ho scritto ed in alcune occasioni faccio fatica a comprendere, o a ricordarmi, per quale motivo lo avessi scritto in quel modo.

Mi sono convinto che il codice è come la scrittura. Così come la nostra scrittura cambia nel tempo anche il modo in cui affrontiamo un problema e lo risolviamo con del codice cambia in funzione del momento. Non ci avevo mai fatto caso primo.

Potrebbe anche trattarsi di un problema di invecchiamento del mio cervello che probabilmente è meno elastico di un tempo. O, in alternativa, avevo scritto del codice inguardabile semplicemente per risolvere un problema in fretta.

Interazioni

Photo by Octavian Dan on Unsplash

Nella giornata di ieri mi è capitato di leggere un tweet bellissimo di cui, purtroppo, non ho tenuto traccia e che non riesco più a recuperare.

In sostanza si parlava di richieste di aiuto su Stackoverflow. Chi scriveva diceva che ogni volta che si trovava nella situazione di dovere chiedere aiuto su Stackoverflow scriveva la sua domanda e la postava. Pochi minuti dopo si loggava su Stackoverflow con un’altra utenza e dava una risposta palesemente sbagliata alla domanda. Questo scatenava la volontà delle persone di correggere la risposta sbagliata.

In sostanza la volontà di correggere una risposta sbagliata motiva le persone a fornire la risposta corretta molto di più che non la volontà di aiutare chi ha postato la domanda.

A parte il fatto che io trovo la cosa assolutamente geniale, penso che questo sia un comportamento classico all’interno dei social media.

Prendete un qualsiasi social network. Facebook, Twitter, LinkedIn, Instagram… praticamente tutti. La maggior parte degli utenti non commenta il contenuto ma commenta i commenti.

E tutto questo con un astio che è oramai diventato del tutto intollerabile. Non sono più spazi di discussione in merito al contenuto ma, piuttosto, spazi in cui menare fendenti a destra e a manca contro gli altri utenti.

Questo è il motivo per cui raramente commento qualsiasi cosa.

Forse è il caso di cominciare a pensarci su.

Parole Sparse - Il podcast di Corrente Debole

Getting file data...

Parole Sparse - Il podcast di Corrente Debole         Parole Sparse - Il podcast di Corrente Debole        
Getting file data...           Getting file data...          
More
Speed: 50% Speed: 75% Speed: Normal Speed: 125% Speed: 150% Speed: 175% Speed: Double Speed: Triple
Back 15 seconds
Forward 60 seconds
More
more
    Speed: 50% Speed: 75% Speed: Normal Speed: 125% Speed: 150% Speed: 175% Speed: Double Speed: Triple
    Back 15 seconds
    Forward 60 seconds
    Currently Playing